ALBICOCCO
(Prunus
armeniaca)
appartiene
alla famiglia delle Rosaceae, alla sottofamiglia delle
Pruniodeae, o Drupaceae, ed al genere Armeniaca, data
più di 4000 anni di storia, è una pianta originaria
della Cina nord-orientale al confine con la Russia; da
lì si estese lentamente verso ovest attraverso l'Asia
centrale sino ad arrivare in Armenia (da cui prese il
nome Armeniaca). I Romani la introdussero in Italia e
in Grecia nel 70-60 a.C., ma la sua diffusione nel
bacino del Mediterraneo fu consolidata successivamente
dagli arabi, infatti albicocco deriva dalla parola araba Al-barquq.
Si tratta di frutti estivi
ricchi di vitamine, in particolar modo la A e la C, di
sali minerali, specialmente potassio, acqua e fibre. Il
basso contenuto calorico le posiziona inoltre tra gli
alimenti indicati in una dieta ipocalorica.
La maggioranza delle
varietà sono autofertili, cioè il fiore non necessita di
essere di impollinato da una differente varietà,
l’impollinazione è entomofila, operata dalle api e da
altri insetti pronubi (quegli
insetti che trasportano il polline da un fiore all'altro
permettendo l'impollinazione e la conseguente formazione
del frutto), quindi
anche una pianta isolata è nelle condizioni di
fruttificare abbondantemente.
Il fusto presenta una scorza rosso-scura. Le
gemme, inserite sul nodo, possono essere a legno e a
fiore: le prime hanno una forma conica mentre le seconde
sono tondeggianti e, generalmente, localizzate su rami
di un anno che sono
rossicci e lenticellati di bianco; a seconda della
vigoria e della distribuzione delle gemme a fiore lungo
il loro asse, si distinguono in tre categorie:
1) il ramo misto è
mediamente vigoroso e provvisto di gemme a fiore ed a
legno (in base alla cultivar le gemme a fiore possono
essere distribuite lungo tutto il ramo, nella parte
basale o in quella terminale), su di esso possono
esserci anche gemme pronte che danno origine a germogli
durante la ripresa vegetativa stessa (sono detti rami
anticipati), mentre le gemme a legno si sono formate
nell’annata precedente la ripresa vegetativa;
2) il brindillo è un ramo
esile dal diametro approssimativo di una matita, dalla
lunghezza di una decina di centimetri ed è provvisto
prevalentemente di gemme a fiore, mentre quella
terminale lungo l’asse è a legno;
3) l dardo fiorifero, o
mazzetto di maggio, è un rametto lungo pochi cm con una
corona di gemme a fiore e quella centrale a legno.
Le foglie sono alterne,
lisce, picciolate, cuoriformi, con delle ghiandole più o
meno rotonde; hanno il margine seghettato. All’inizio
della loro formazione si presentano rossicce, in seguito
diventano di colore verde intenso e lucide.
L’albicocco
è uno dei primi alberi che fiorisce nella stagione, i
fiori sono sessili (inseriti sul ramo senza peduncolo),
ermafroditi, campanulacei, solitari o accoppiati e di
colore bianco o rosaceo, composti da cinque petali bianchi
bordati di rosa, compaiono assieme a quelli
del mandorlo. Durante il riposo vegetativo, l’albicocco
supera senza danni temperature di 10-15°C sotto zero,
invece i fiori e soprattutto i frutti appena
formati sono molto sensibili agli abbassamenti termici e
bastano poche ore sotto lo zero per provocare
perdite di produzione anche totali.
Il frutto è di forma
rotonda, separata da un solco avente una profondità
variabile chiamato linea di sutura, può presentare una
cavità peduncolare. La buccia può essere liscia o
pelosa, di colore giallo che si tinge di rosa nelle
parti esposte al sole; la polpa, o mesocarpo è
gradevole, fragrante e fondente; il nocciolo, o
endocarpo, è legnoso, può aderire o meno al mesocarpo.
L’albicocco
ha un ciclo vegetativo molto breve: dalla fine di
febbraio alla fine di maggio si susseguono fioritura, allegagione
(passaggio da fiore a frutto), accrescimento dei germogli e inizia la
formazione delle gemme a fiore per l’anno seguente. E'
importante mantenere una fruttificazione costante negli
anni, evitando che la pianta si squilibri, se
il carico di frutti è eccessivo la pianta non riesce a
formare un adeguato numero di gemme a fiore e, nella
stagione seguente, fioritura e fruttificazione saranno
scarse per essere nuovamente molto abbondanti in quella
successiva…. e così via.
Gli strumenti per mantenere l’equilibrio tra
fruttificazione e rinnovo delle gemme a fiore sono la
potatura e il diradamento dei frutti che,
sull’albicocco, è un intervento indispensabile.
La potatura nell’albicocco comincia quando le piante
sono ancora giovani (potatura di allevamento); una volta
formata la parte aerea, la pianta è adulta ed ha
raggiunto un equilibrio tra vegetazione (produzione di
legno) e riproduzione (produzione di fiori e frutti) che
deve essere mantenuto con la potatura di produzione.
la
potatura di allevamento (primi 3-4 anni) ha lo scopo di
assicurare il più rapido sviluppo della struttura
scheletrica dell’albicocco in rapporto al sistema
prescelto, di favorire una miglior illuminazione delle
foglie e di ottenere la più rapida messa a frutto delle
giovani piante. Durante i primi anni di vita le piantine
necessitano di una massima superficie fogliare per
ricostituire le riserve di carboidrati, di
raccorciamenti per favorire la formazione della parte
aerea e gli eventuali frutti devono essere diradati in
quanto sottraggono sostanze nutritive all’attività
vegetativa.
Va potato maggiormente da giovane
anche durante l’estate, e
molto meno da adulto.
Riepilogo potatura:
Con il taglio di diradamento si
applica il principio “tutto o niente”, ossia
il ramo o si lascia intero o si asporta
completamente alla base.
Col taglio di ritorno quando si vuole
ridurre o ringiovanire una branca troppo
vecchia o cresciuta troppo. Consiste
nell’eseguire il taglio appena sopra un ramo
laterale, che prenderà la funzione di cima. E’ importante che il ramo
o la branca di sostituzione abbia un dimetro
non inferiore a un terzo del diametro del
tratto asportato per non squilibrare la
branca;
La potatura di produzione
dell’albicocco si effettua iniziando
dall’apice di ogni branca con la scelta di
un ramo di prolungamento che dovrà essere
inserito nella parte inferiore della branca
e avere un portamento poco vigoroso.
Proseguendo verso il basso, si alleggerisce
la cima, asportando i rami concorrenti con
la stessa. Si eliminano alla base i rami
verticali nati sulle branche inclinate
facenti parte della struttura portante
(quelli che crescono dritti sulla parte
superiore).
Altra operazione da eseguire subito dopo la
raccolta è la pulizia della parte inferiore
del tronco (colletto) per eliminare tutti i
polloni eventualmente nati dalle radici
(polloni radicali) o sul tronco della pianta
(polloni caulinari). |
Con le successive
vegetazioni per ogni ramo ci si comporterà come abbiamo
appena visto, se ne lasceranno due/quattro di lunghezza
dai venti a i trenta centimetri, mentre gli altri si
elimineranno alla base, il tutto lo si eseguirà per
tre/quattro anni.
La potatura di produzione
nell’albicocco è poco energica; vengono eseguiti tagli
rivolti a mantenere un buon equilibrio fra produzione e
vegetazione, riducendo così l’alternanza, mantenendo
costante la qualità dei frutti e lo spazio assegnato al
momento dell’impianto. Tanto più forte è la spinta
vegetativa tanto più leggera deve essere la potatura;
non bisogna lasciare invecchiare troppo le branche
produttive altrimenti si creano i presupposti per una
forte alternanza di produzione. È importante
salvaguardare e rinnovare con la potatura le formazioni
fruttifere (dardi, brindilli, rami misti e rami
anticipati), dando la prevalenza agli uni o agli altri a
seconda del modo di fruttificare della varietà. Una
volta che la pianta comincia invecchiare vanno asportate
le parti vegetative vecchie, esaurite ed ombreggiate; si
accorceranno anche le formazioni fruttifere troppo piene
di gemme a frutto e si alleggeriranno sempre le cime di
tutte le branche lasciando pochi e deboli germogli per
favorire il rivestimento della parte bassa e la
penetrazione della luce.
La
potatura di produzione si effettua durante l’estate, si
parla di
potatura verde e segue esattamente il ritmo di crescita
della pianta e va da marzo a fine maggio, quando si
formano i rami più corti (massimo 20 centimetri di
lunghezza), giugno e fine luglio, quando si formano i
rami misti, cioè rami che possono essere lunghi da
trenta a settanta centimetri, e fine agosto, quando si
completa lo sviluppo delle gemme a fiore dei rami. Altri
interventi di potatura dell’albicocco si possono
effettuare anche in inverno. In tal caso si parla di
potatura secca. In inverno, si possono effettuare i
tagli di ritorno. Il periodo ideale nelle zone a clima
mite, per la potatura secca è a fine autunno:
è
sconsigliabile effettuare operazioni consistenti in modo
da evitare l’ingresso di eventuali parassiti, tamponare
i tagli con miscuglio ci acqua, vinavil e poltiglia
bordolese o prodotto specifico. Nella potatura dell’albicocco, i
tagli non vanno eseguiti in maniera troppo
drastica perché questa pianta cicatrizza molto
faticosamente.
Eliminare i rami secchi,
spezzati o malati, quindi togliere i rami in eccesso o
che disturbano quelli produttivi o che impediscono la
penetrazione della luce. La potatura di produzione
permette di dare all’albero una chioma ordinata e
regolare e facilita la raccolta.
Succhioni,
originano da una gemma
latente su rami legnosi ben fuori dal terreno;
sono molto vigorosi,
salgono verticalmente,
si chiamano succhioni proprio perchè a
causa della loro verticalità assorbono avidamente i
nutrienti che arrivano dalle radici e crescono a una
velocità sproporzionata rispetto agli altri rami, sono
privi di gemme a fiore,
presenti sulle piante giovani
e/o molto vigorose, possono essere asportati
tagliandoli rasenti al tronco
o piegati per favorirne la
messa a frutto.
L'asportazione conviene farla in autunno,
perchè eliminandoli nel periodo estivo primaverile si
rischia di indurre la pianta a sviluppare vegetazione e
non frutti.
In attesa di potarli, torcere il succhione per evitare
che sottragga sostanze ai frutti. Se si tagliasse il
succhione nel periodo in cui le gemme di differenziano,
questa si vede ridurre la chioma e la induci a
differenziare le gemme a legno anzichè a fiore; con la
conseguenza di avere una scarsa produzione. Se i
succhioni sono diventati grossi e non si possono
torcerli, bisogna indirizzarli verso il basso,
aspettando l'entrata in dormienza della pianta e potare. Se si volessero mettere a frutto, bisogna
costringerli a crescere non più in verticale ma in
orizzontale con un buon angolo di inclinazione rispetto
alla verticale. Si potano in cima per stimolare la
produzione di gemme a legno sui lati, si piegano verso
la direzione desiderata cercando di non romperli e si
legano ad altri rami robusti. In questo modo cessano di
"succhiare" e vengono stimolati a emettere altri rami
produttivi soprattutto nella parte più orizzontale.
Polloni,
sono succhioni
che nascono dalla base dell'albero o a
qualche centimetro di profondità,
si sviluppano dal colletto o dalle radici delle piante;
sono inutili per l’economia della pianta, per cui
debbono essere asportati durante la stagione vegetativa,
tagliandoli rasenti al tronco.
Malattie
La
malattia chiamata gommosi
non è altro che una conseguenza
dell'attacco
di funghi principalmente
Corineo
(Coryneum beijerinckii) e
Monilia
(Monilinia
laxa)
che colpiscono:
albicocco, ciliegio, susino e pesco, nell’ordine.
Il Corineo
(Coryneum beijerinckii) è
un fungo che si riconosce perché crea nelle foglie
piccole tacche di colore rosso-violaceo con bordi
giallastri che poi scuriscono
e
seccano e si distaccano dalla foglia lasciando fori
simili a un’impallinatura (le foglie colpite appaiono
bucherellate), alla fine l’intera lamina annerisce e
cade. I frutti, se colpiti precocemente, presentano
piccoli forellini; se colpiti in fase avanzata portano
tacche di 1-2 mm, rossastre, circondate da un alone più
scuro, da cui fuoriesce un essudato gommoso, che poi si
indurisce. Sui rami la malattia genera fessurazioni o
lesioni cancerose di varia dimensione da cui esce un
essudato gommoso, una sorta di gelatina color zucchero
bruciato. In autunno può anche attaccare le gemme,
distruggendole. colpisce: in primavera, alla completa
formazione delle foglie e fino alle soglie dell’estate.
La Monilia (Monilinia
laxa)
è
invece un fungo che crea marciumi nei frutti, facendoli
ammuffire, e può colpire anche i fiori, azzerando, o
quasi, la produzione.
Possono
manifestarsi anche a causa di avversità climatiche come
l’umidità eccessiva o la siccità.
Bisogna spennellare il tronco con la calce aggiungendo
anche il rame, serve per proteggerli dagli attacchi di
insetti e funghi. Va fatto già a fine agosto, ripetuto
in autunno per distruggere le spore e in primavera,
prima della schiusa dei fiori, naturalmente piano
piano si dilaverà con le piogge, quindi bisogna
ripeterlo per più cicli.
Si usano all’incirca sette cazzuole di calce
Idrata (circa 2,3 kg) per dieci litri
di acqua.
Dopodiché bisogna aggiungere 70 grammi di solfato di
rame
(io facciola classica poltiglia
bordolese, metto in ½ l acqua 5g Solfato di
rame, 3g calce idrata o il doppio); questo preparato
va
spruzzato (io lo spennello)
assolutamente solo sul tronco e sulle prime
ramificazioni prive di foglie, i fiori o a germogli, non
devono entrare a contatto con questa sostanza,
altrimenti periscono. Un’altra grande raccomandazione è
quella di indossare
maschera, occhiali protettivi e guanti, in modo da non
avere irritazioni.
Pseudomonas syringae
e Pseudomonas viridiflava sono batteri
gram-negativi, aerobi, capaci di moltiplicarsi a
temperature relativamente basse,
colpiscono albicocco, pesco, melo e
pero, I sintomi si evidenziano in primavera con
avvizzimenti più o meno marcati di rami e branche, la
gemma a fiore avvizzisce prima della
sua apertura.
E’ una malattia favorita dalle gelate primaverili.
Bisogna eliminare tutte le
foglie cadute che possono essere veicolo di propagazione
di funghi e muffe. A fine inverno puoi eseguire una
zappatura leggera del terreno e spandere del letame
(anche maturo) alla base della pianta (l'area è quella
della chioma). Prima dell'apertura delle gemme fare un
primo trattamento con la poltiglia bordolese. Dopo la
fioritura usare il macerato d'ortica ogni 15 giorni e
spargere un po' di cenere di legna alla base del tronco
per creare una barriera contro le formiche.
Queste malattie fungine e batteriche portano al
deperimento dell’albicocco che si manifesta con
disseccamenti di intere branche, determinano
il cancro che si manifesta con l’avvizzimento della chioma
distale,
le foglie disseccate rimangono attaccate e spiccano per
il loro colore marroncino sul verde dell’albero. le
parti distali avvizzite sono spesso colonizzate da
microrganismi secondari, tra cui i funghi
ben visibili ad occhio nudo. Lo Schizophyllum commune
è assai frequente,
appartenente alla famiglia delle Schizophyllaceae Si
tratta di genere monospecifico (quando nel genere è
compresa una sola specie). E' un fungo lignicolo di
piccole dimensioni
a forma di conchiglia o piccolo ventaglio,
è un parassita che porta a morte la pianta, già
debilitata.
La cura consiste, come già scritto, in interventi con poltiglia bordolese
con pennellatura del tronco fino alla base delle
branchie principali, deve essere fatta con tempo
asciutto, dopo aver effettuato la spollonatura e la
soppressione di tutti i germogli situati sul tronco e
sulla base delle branche.
Bisogna anche evitare la potatura ed i tagli da ottobre
a gennaio e disinfettare frequentemente gli attrezzi da
potatura e proteggere le ferite più grandi con pasta
disinfettante.
DIRADAMENTO DEI FRUTTI è
una pratica necessaria per ottenere frutti di buona
pezzatura, per ridurre sia i rischi di esaurimento della
carica produttiva e impedire l’instaurarsi di fenomeni
di alternanza produttiva ottenendo una produzione
costante
tutti gli anni. Si
effettua manualmente circa 30-40 giorni dopo la piena
fioritura, quando i frutticini raggiungono un diametro
di 15 mm, consiste nel diradare i frutti mantenendo un
giusto rapporto tra foglie e frutti, in genere 30-50
foglie per frutto.
ALBICOCCO DI VALLEGGIA
È la cultivar
tradizionalmente coltivata in Liguria e in
provincia di Savona; è un marchio di origine
istituito dal comune di Quiliano e gestito
commercialmente in esclusiva dalla cooperativa
Le Riunite e dalla cooperativa Ortofrutticola di
Valleggia. E’ piccola, il suo aroma e il suo
sapore sono molto più intensi delle altre
varietà, si riconosce grazie alla buccia
sottile, di un delicato colore arancio,
picchiettato da puntini color mattone.
Era presente nel savonese già
dalla fine dell’800, e negli anni ‘50-’60 i
frutteti si estendevano per centinaia di ettari,
da Loano a Varazze. L’albicocca di Valleggia
veniva esportata anche su mercati esteri -come
quello svizzero e tedesco- con treni speciali
che partivano dalla Riviera.
Dagli anni ‘70 fino agli anni ‘90
iniziano gli espianti per lasciare spazio alle
serre della nascente attività di florovivaismo e
soprattutto all’edilizia privata legata al
turismo balneare che ha comportato
l’urbanizzazione selvaggia di molte superfici
agricole di pregio, non certo a causa della
concorrenza delle produzioni, romagnole e
campane.
Purtroppo la mia Albicocca di
Valleggia l'ho piantata in Piemonte, la
descrizione dei frutti combacia, il gusto è
eccezionale, ma la resa è scarsa e soggetta alle
scorribande di insetti vari, ma non ha senso
avvelenarsi con trattamenti chimici.
È preferibile la tecnica di potatura al verde,
in quanto è stato riscontrato che riduce i
problemi fitosanitari a carico delle piante, in
quanto vengono accelerati i processi di
cicatrizzazione dei tessuti. Infatti i miei
amici
di Valleggia
Paolin e Valerio
mi hanno consigliato di
tagliare senza troppi problemi
soprattutto i rami che vanno verso l'alto per
tenere la pianta bassa e arieggiata senza
guardare le stagioni, loro
i rami tagliati li
danno da mangiare ai conigli,
quindi in piena estate.
Così ho fatto nel 2015 tagliando due o tre rami
alla settimana possibilmente di luna vecchia e
mi sembra che la pianta non abbia sofferto, nel
2016 non l'ho fatto e l'anno successivo ho avuto
tante foglie e pochi frutti. L'ideale
probabilmente è non esagerare nella potatura al
verde, ma effettuarla regolarmente e rifinire
gli interventi con quella
invernale. |
I periodi indicati per la
somministrazione dei fertilizzanti in forma
solida sono in autunno prima della caduta delle
foglie e in inverno prima della ripresa
vegetativa. Bisogna
apportare quantità equilibrate di fertilizzanti
ed evitare le carenze, soprattutto di calcio.
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