PESCO
(Prunus
persica)
famiglia
delle Rosaceae; nel 1927, Bailey
riuscì a definirne la classificazione raggruppando tutte le
Rosacee che producono drupe
sotto il genere Prunus, ed il pesco è stato incluso in
questo gruppo.
All’interno delle pesche
comuni, quelle con epidermide vellutata e tormentosa,
possiamo distinguere varietà a polpa gialla o bianca. Le
pesche a polpa gialla si possono considerare le varietà
classiche. Adatte per il consumo fresco e confetture,
presentano di solito il nocciolo staccato dalla polpa.
-
Persica vulgaris (Prunus persica) produce frutti con
buccia tomentosa (pelosa); da consumo fresco o da
utilizzare nell'industria;
- Persica
laevis DC (Prunus persica var. necturina Maxim., Prunus
persica var. laevis Gray): pesco noce o nettarina, che
produce frutti glabri da consumo fresco.
Anche se per molti secoli è stato ritenuto
originario della Persia, oggi è certo che il pesco sia un
albero originario dell’ovest della Cina,
dove è coltivato da oltre 5.000 anni ed è considerato
simbolo d’immortalità,
si diffuse poi in Persia (da cui prese il nome) e in Siria,
ha poi trovato nel Mediterraneo condizioni ideali di
adattabilità. In Egitto, le pesche
erano considerate sacre ad Arpocrate, dio del silenzio e
dell’infanzia, tanto che, ancora oggi, le guance dei bambini
vengono paragonate alle pesche, per la loro morbidezza e
carnosità.
Nell’antica Grecia era già conosciuto nel IV secolo avanti
Cristo;
in Italia arrivarono nel
I secolo avanti Cristo e da Roma si diffuse in Europa
grazie ad
Alessandro Magno e raggiunse, in modo indipendente e quasi
contemporaneo, la Francia e tutto il bacino del Mar
Mediterraneo, tanto che, nel Medio Evo, la Francia divenne
il secondo centro di origine di questa specie, dopo la Cina.
Nella simbologia Cristiana le pesche
rappresentano la salvezza, venendo raffigurate nei dipinti
con la Vergine Maria e il Bambino Gesù.
In America fu introdotta dai colonizzatori spagnoli.
Preferisce i climi caldi, i fiori sono rosa
più o meno scuro e sbocciano a febbraio-marzo. Temono le
gelate tardive: muoiono verso -3/-4°C. I frutti si
raccolgono a seconda delle varietà da fine giugno a
settembre.
Le pesche a polpa bianca
hanno un caratteristico sapore aromatico, polpa succosa
e profumata. Anche l’aspetto esterno dei frutti tende ad
essere meno colorato. Tra queste vi sono forse le pesche
migliori come qualità gustative.
Il secondo grande gruppo è
quello delle pesche nettarine, conosciute anche come
“pesche noci”. I frutti presentano l’epidermide liscia
come una susina, priva della peluria vellutata che non
tutti gradiscono. Anche di pesche nettarine esistono
varietà a polpa gialla o bianca.
Infine le precoce sono le
varietà di pesche coltivate prevalentemente per
l’industria conserviera. I frutti presentano una polpa
molto consistente, quasi “gommosa”, che si mantiene per
lungo tempo integra nelle preparazioni allo sciroppo.
Sono varietà estremamente produttive.
Tutte le varietà di pesco
sono autofertili, Di conseguenza basta la presenza di
una sola pianta per assicurare un copioso raccolto.
Purché sia in piena luce e assenza di ristagni idrici,
il pesco non ha particolari esigenze e la coltivazione
non presenta difficoltà.
Il pesco comune è un
albero di modeste dimensioni, alto fino a cairca 8 m,
con apparato radicale molto superficiale, corteccia
bruno-cenerina e rami radi, divaricati, rosso-bruni; le
foglie sono lanceolate, strette, seghettate; i fiori
sbocciano prima della comparsa delle foglie, i petali
sono cinque, il calice è gamosepalo ovvero il calice
in cui i
cinque
sepali (foglia costituente la parte
più esterna del calice del fiore) sono saldati
interamente o parzialmente tra di loro;
gli stami (struttura riproduttiva
maschile del fiore portante l'antera con il polline)
sono numerosi, fino a 20-30.
Le foglie, i fiori e la mandorla del nocciolo
della pesca contengono una sostanza chimica
velenosa, che libera acido cianidrico: pertanto questi non
vanno assolutamente mangiati.
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Il pesco è uno dei
fruttiferi più esigenti d’azoto, quest’elemento andrà
quindi somministrato in maggiori quantità rispetto ad
altre specie.
Per preservare la fertilità del terreno e provocare una
buona fruttificazione, un'aggiunta di concime organico
in autunno, e poi in primavera,
interrando alla base dello stallatico maturo, o del
compost. Potrebbe inoltre essere una buona pratica
seminare sotto la chioma dell’albero alcune piante di
ortica e alcuni agli.
Il pesco
è la pianta che più in assoluto ha bisogno di essere
potata; occorre eseguire la potatura secca e anche
quella estiva, oltre al diradamento dei frutti. La potatura
consiste soprattutto nello sfoltire i rami dell'albero e
ad assicurargli un portamento armonioso e aerato
eliminando i rami che si incrociano all'interno della
cima o quelli che fuoriescono dalla sagoma dell'albero.
Inoltre si deve cercare di mantenere ben illuminata la
parte bassa ed interna della chioma, per evitare che i
rami produttivi rimangano solo sulla cima e nella parte
esterna della pianta. Per far questo si eseguiranno dei
“tagli di ritorno”, accorciando i rami di due-tre anni e
la cima per contenere lo sviluppo della pianta.
Con la potatura si elimina dal 50 al 70%
dei rami misti presenti, asportando quelli deboli,
quelli troppo vigorosi e conservando i rami misti di
media vigoria lunghi dai 40 agli 80 cm. Si eliminano i
polloni, i succhioni, i rami malati o rotti. Molto
importante è la potatura verde, che consiste nel
togliere i polloni e i succhioni durante tutta l’estate;
inoltre è consigliabile intervenire anche in fase
post-raccolta, per migliorare la qualità dei rami misti
per l’anno successivo.
L'anno
successivo alla messa a dimora lasciare che cresca
naturalmente in modo da far ramificare i rami principali.
Fiore e frutto si sviluppano sul legno dell'anno
precedente,
sulle piante giovani la potatura è molto semplice: basta
eliminare qualche ramo nelle parti più dense della
chioma e quelli troppo vigorosi a crescita verticale. In
seguito, si pota regolarmente per rinnovare i rami
fruttiferi.
Poiché l’allegagione è spesso
abbondante diventa indispensabile un accurato diradamento
dei frutti. Il diradamento deve essere eseguito in epoca
precoce, appena i frutticini hanno raggiunto le dimensioni
di una noce. In questo modo si può avvantaggiare la crescita
di quelli lasciati, riequilibrando il carico produttivo alle
risorse della pianta.
La
malattia più importante è
la bolla del pesco,
inglese si chiama peach leaf curl, è causata dal fungo Taphrina deformans che appartiene alla
classe degli Ascomiceti, ordine Taphrinales, famiglia
Taphrinaceae.
E'
una malattia subdola infatti, quando compare, in primavera,
è quasi sempre troppo tardi per intervenire. I trattamenti
devono essere eseguiti nel periodo autunno-invernale perchè,
solo agendo in modo preventivo, si può cercare di evitare il
sorgere dell’infestazione.
In inverno il fungo è presente sulla
superficie della pianta, sulla corteccia e fra le perule (il
rivestimento) delle gemme, sotto forma di blastospore, ossia
spore agamiche.
Le sue spore si moltiplicano per gemmazione
anche se le temperature sono molto basse. Sono in grado di
ridistribuirsi tramite le piogge battenti, che le fanno
schizzare da una parte all’altra della pianta. Questa fase
di proliferazione è detta fase saprofitaria.
Un inverno mite, umido e piovoso, è
la condizione ideale per il moltiplicarsi delle spore
presenti sulla pianta. La bolla
del pesco fa la sua comparsa sui giovani germogli tra fine
inverno e inizio della primavera.
Si sviluppa soprattutto quando le condizioni climatiche
sono favorevoli, ovvero alta umidità e ampie escursioni
termiche dal giorno alla notte.
Il fungo colpisce tutti i tessuti della pianta e arreca
danni irreversibili alle foglie che, dopo lo sviluppo del
fungo su di esse, presentano delle modificazioni dei
tessuti, che ricordano appunto delle bolle, dove la pagina
fogliare si ispessisce, si deforma e diviene di colore
giallo o rosso vivo; le foglie seccano e cadono a terra
impoverendo o azzerando la produzione dell'anno e, spesso,
riducendo anche quella dell'anno successivo.
Questo parassita è assai dannoso per la pianta, anche perché
le foglie colpite non sono in grado di svolgere attività
fotosintetica, con conseguente deperimento dell’intera
pianta per i danni che subisce indirettamente il legno se
non vengono effettuati tempestivi trattamenti. Con l’arrivo
del caldo, in genere il fungo tende a fermare il suo
sviluppo, quindi spesso, in caso di comparsa tardiva della
bolla, si preferisce fare un singolo trattamento con un
prodotto a base di rame e asportare le foglie malate,
che andranno distrutte.
La lotta contro la Bolla del pesco è prevalentemente di tipo
preventivo, da effettuare prima dell'apertura delle gemme,
sempre irrorando con prodotti a base di rame e zolfo. Questa
linea di difesa si basa su due interventi molto importanti:
1º trattamento: viene attuato a fine autunno (novembre) alla
caduta delle foglie e a defogliazione completata;
2º trattamento: viene effettuato a fine inverno
(gennaio-febbraio, inizio di marzo) appena prima della
schiusura delle gemme. si può ripetere il trattamento nella
fase di “bottone rosa”, cioè quando le gemme si stanno
aprendo e s’intravedono i petali rosati, non ancora aperti.
Il rame è un metallo pesante, se si accumula
nel terreno inibisce e deprime le attività microbiche utili
per i processi di sintesi dell’humus,
quindi mettere delle protezioni quando si irrora.
Nella
fase di riposo è utile anche spennellare i tronchi con la
calce, meglio ancora con poltiglia bordolese.
Dopo la fioritura
irrorare con macerato di equiseto e/o macerato d’ortica.
La bolla del pesco può infettare anche gli alberi di
prugne perché è una malattia che colpisce il genere
Prunus. Raccogliete
sempre ed eliminare il fogliame caduto in autunno,
possibilmente bruciandolo.
A
prescindere dai prodotti specifici che si trovano in
commercio, Il rame (poltiglia bordolese) è un
anticrittogamico a largo spettro d'azione attivo per
contatto fogliare contro le micosi perché interferisce con
la respirazione cellulare dei funghi interferendo con la
formazione dell'acetil coenzima A e quindi con il Ciclo di
Krebs. Inoltre interferisce con la dinamica di alcuni
cationi nella parete cellulare e con lo stato strutturale
della membrana cellulare. (Wikipedia)
Altra
malattia è la gommosi che è originata da un fungo
chiamato Coryneum beijerinckii attacca: albicocco, ciliegio,
susino e pesco, nell’ordine. sulle foglie compaiono piccole
tacche di colore rosso-violaceo con bordi giallastri che poi
scuriscono, seccano e si distaccano dalla foglia lasciando
fori simili a un’impallinatura (le foglie colpite appaiono
bucherellate), alla fine l’intera lamina annerisce e cade. I
frutti, se colpiti precocemente, presentano piccoli
forellini; se colpiti in fase avanzata portano tacche di 1-2
mm, rossastre, circondate da un alone più scuro, da cui
fuoriesce un essudato gommoso, che poi si indurisce. Sui
rami la malattia genera fessurazioni o lesioni cancerose di
varia dimensione da cui esce un essudato gommoso, una sorta
di gelatina color zucchero bruciato. In autunno può anche
attaccare le gemme, distruggendole. colpisce: in primavera,
alla completa formazione delle foglie e fino alle soglie
dell’estate, a seguito di una potatura troppo drastica o di
avversità climatiche come l’umidità eccessiva o la siccità.
Questa malattia non è così banalmente curabile, fare due o
tre trattamenti autunnali a distanza di 8-10 giorni, poi
ripeterne un altro in primavera, prima dell’ingrossamento
delle gemme, con Poltiglia bordolese o pasta caffaro.
Pseudomonas syringae.
E’ un batterio che colpisce albicocco, pesco, melo e pero, I
sintomi si evidenziano in primavera con avvizzimenti più o
meno marcati di rami e branche,
la gemma a fiore avvizzisce prima della sua apertura.
E’ una malattia favorita dalle gelate primaverili.
I pidocchi si agglutinano a volte sui nuovi
germogli in primavera, ciò che provoca un rallentamento
della crescita e una deformazione del fogliame. Bisogna
allora fare alcuni trattamenti antiparassitari in caso di
forti attacchi.
Insetti dannosi: lepidotteri carpofagi: Cydia molesta,
Anarsia lineatella; afidi (Myzus persicae)
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Il 6/12/2014 ho piantato 2 peschi:
Maria Bianca, è una varietà (cultivar) di
origine italiana ottenuta a Firenze nel 1980 dal Prof.
Bellini dall'incrocio "honey Dew hale" con "Michelini",
ed è una delle pesche a polpa bianca più coltivate,
sopporta minime invernali anche rigide (-15°C), è invece
sensibile alle gelate primaverili per la precoce
fioritura; di produttività buona, apprezzata per le
ottime caratteristiche organolettiche.
Epoca di
fioritura: II° decade di Marzo,
epoca di
raccolta: II° - III° decade di Luglio; presenta
frutti di forma rotondo - oblata e buona pezzatura (il
frutto pesa sui 180-210 grammi di forma tondeggiante)
previo accurato diradamento nelle annate di carica.
Fayette
varietà di pesco a polpa gialla ampiamente diffusa e
apprezzata per la costante produttività e l’elevata
pezzatura (292 g.) ottenuta da J.Weinberger
(california, USA) dall’incrocio di fay elberta con fv
89-14; diffusa nel 1966. Buccia di color giallo con
macchie rosse. La polpa è gialla e gradevolmente
profumata, molto soda e adatta alle manipolazioni.
Matura alla fine di agosto.
il 23/8/2015 ho piantato 1 pesco rustico che mi
ha dato un amico, originato da noccioli piantati in un
vaso, provenienti da frutti dei suoi alberi, si tratta
di PESCHE DELLA VIGNA che è una antica varietà da
frutto diffusa soprattutto in Italia centro
settentrionale, mentre è sporadica nelle regioni
meridionali. E’ stata coltivata in consociazione assieme
ai filari delle viti (come dice il nome) non a caso
matura nello stesso periodo dell’uva. I contadini
durante il periodo della vendemmia, tra la fine di
settembre e gli inizi d’ottobre erano soliti consumare
queste pesche, per alleviare la sete dovuta alla fatica
del lavoro.
La Pesca della Vigna, appartiene al gruppo
delle pesche tomentose o comuni o pelose, caratterizzate da
un colore di fondo giallo aranciato con sovraccolore rosso e
una polpa bianco giallastra con leggere venature di colore
rosso. Presenta un gusto abbastanza intenso e un sapore
amarognolo, molto utile ad alleviare la sete. Di questa
varietà tuttavia esistono alcuni varianti: la PESCA DELLA
VIGNA ROSSA, caratterizzata da una buccia rossa e
sovraccolore aranciato e una polpa completamente rossa e la
PESCA DELLA VIGNA BIANCA, caratterizzata da una buccia di
colore arancio e una polpa giallo chiara.
Le pesche di vigna possono essere duracine (in dialetto
«düras») quando la polpa rimane attaccata al nocciolo oppure
spiccagnole (in dialetto «lass») quando invece la polpa si
stacca bene dal nocciolo, che è grande
rispetto al frutto
come in questo caso.
La Pesca della Vigna, è una delle poche varietà che si può
riprodurre anche da seme. In questo modo le piante che
vengono fuori dal seme sono chiamate “Varietà di
Popolazione”, ossia piante diverse provenienti dallo stesso
genitore per questo più adattabile a terreni difficili dove
normalmente il pesco non vive bene, in questi terreni, fa
frutti più piccoli ma molto saporiti. Inoltre è una varietà
molto resistente alle malattie, dovrebbe risultare immune
dalla Bolla del Pesco, ma non è proprio così, è resistente
agli Afidi e alla Tignola del Pesco e alla Mosca della
Frutta, ma è comunque conveniente fare il trattamento con
verde rame in inverno e, un po’ più leggero, dopo la
fioritura.
Non si conservano a lungo, quindi, oltre ad
essere consumata fresca, si può utilizzare per la
preparazione di distillati, marmellate.
Secondo una ricetta rinascimentale se ne può
fare una torta: dopo aver precotto una base di pasta frolla,
si sbucciano le pesche, si tagliano a metà, si scottano in
acqua calda, limone e zucchero e si mettono sulla base.
Sopra queste si mette uno strato di marmellata di pesche
scaldata. Si ripassa in forno e si serve ben fredda.
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