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 IL PRUGNO o SUSINO  I termini “susina” e “prugna” vengono spesso usati come sinonimi, ho cercato di capire se ci fosse una differenza tra loro: una fonte sostiene che quando il frutto è fresco si chiama susina, quando è secco prugna; invece mi sembra più corretto chi sostiene che si tratta di due diversi gruppi di specie comunemente indicate come prugne europee e susini cino-giapponesi anche se il termine susina, può derivare da Susa, città persiana da cui si sono diffuse, utilizzato già nel Medioevo, ben prima che si diffondano in Europa le specie cinesi o giapponesi e si affianca all’antico  prunum dei latini. Le specie europee e cino-giapponesi comunque presentano caratteri differenti, il prugno europeo ha i frutti che si staccano dal nocciolo, nel susino giapponesi restano attaccati, hanno la fioritura più precoce e un portamento assurgente mentre le cultivar europee, l’hanno in genere più aperto, ma appartengono entrambi alla famiglia delle Rosacee, sottofamiglia delle Drupacee e al genere Prunus.

Prugno: Specie asiatico-europee originaria dell'Asia, in particolare della zona del Caucaso, alla quale appartengono diversi gruppi che non presentano differenze per quanto concerne la composizione nutritiva; il diverso colore della buccia (giallo, blu, rosso, verde) non indica differenze di maturazione, ma solo di varietà:

Prugni europei (Prunus domestica) sono varietà molto pregiate e diffuse sulle tavole, ad esempio la Regina Claudia deve il suo nome alla moglie di Francesco I, alla quale fu dedicata. Appartengono a questo gruppo anche: Prugne Vere, Goccie d’Oro, Diamantine Blu e Lombarde e altre specie, anche selvatiche, utilizzate sia per la coltura che come materiale per il miglioramento genetico (Prunus spinosa);

Prugne damaschine (Prunus insititia) fanno parte del gruppo cosiddetto "Siriache", cioè originarie della Siria, sono colture molto rustiche e per questo motivo sono utilizzate da sempre come piante colonizzatrici nei terreni più impervi e difficili.   torna su

Le prugne dette Ramassin o Ramasin nel saluzzese, rientrano in questo gruppo; sono diffuse in Piemonte principalmente nel Saluzzese, nella Valle Bronda e soprattutto nel Roero, e in alcune zone della Liguria, ma quasi sconosciute nel resto d’Italia. Il frutto di piccole dimensioni, 1,5 x 3 centimetri, di 10-12 g di peso; La buccia presenta colore di fondo verde che, all’approssimarsi della maturazione, si ricopre di rosso violaceo-bluastro e una volta maturo tende a cadere. Questa caratteristica fa sì che il Ramassin tradizionalmente venga raccolto a terra ovvero si doveva "ramazzare" per raccoglierlo, da qui il nome (ora si usano le reti), una delle sue caratteristiche peculiari è la facilità con cui è possibile staccare il nocciolo dalla polpa che è gialla con sfumature ambrate, ideale per conserve e usi culinari/dolciari perchè non troppo acquosa, ma ottima da assaporare appena colta. Grazie alle piccole dimensioni i frutti sono tra i pochi che un tempo potevano essere fatti essiccare naturalmente al sole in un clima come quello piemontese. cotte in forno o in tegame a fuoco lento, accompagnavano il “fritto misto alla piemontese”.

Il valore nutrizionale di questa varietà di prugne è molto interessante. 100 g di frutti maturi forniscono:

proteine . . . . .  0,7 g

glucidi solubili . . 9,6 g

fibra . . . . . . . . 7,03 g

calcio . . . . . . . 7,4 mg

magnesio . . . .  7,5 mg

potassio . . . . . 181 mg

vitamina C . . . . 9,4 mg

kcal . . . . . . . . 41       

Rispetto alla prugna scura comune, il Ramassin contiene un quantitativo significativamente maggiore di fibra e di vitamina C, ha un elevato contenuto di fibra, è presente il sorbitolo (uno zucchero ad azione osmotica) e piccole quantità di ossifenisatina (una sostanza che è stata impiegata farmacologicamente come lassativo). Il bel colore viola tradisce poi la presenza di buone quantità di antocianine, preziose sostanze antiossidanti. (fonte http://www.lascuoladiancel.it/2013/09/25/le-prugne-ramassin/)

L'8 novembre 2015 ho piantato un nuovo albero di Ramassine viola in quanto ne ho già uno, ma è vecchissimo e non vorrei restare senza queste prugne dolcissime.

Sono le prugne più antiche che si conoscono. Coltivate dai popoli Mesopotamici su larga scala, si suppone siano state importate da noi nel periodo delle crociate, e durante le scorribande dei Mori nel basso Piemonte. Si sono diffuse in tutti i paesi del mediterraneo e si sono spinte anche al nord Europa, per poi diventare piante autoctone grazie alla grande rusticità e adattabilità al caldo e ben naturalizzandosi anche nei luoghi molto freddi. Il frutto è di piccole dimensioni, ha una colorazione variabile dal giallo ambrato al viola intenso, la profumazione e' intensa e caratteristica, la buccia e' sottilissima e la conservazione non puo' andare oltre i pochi giorni, si prestano eccellentemente alla trasformazione in marmellata.

Il susino europeo fruttifica prevalentemente sui dardi fioriferi o mazzetti di maggio di due o più anni che si formano sui rami di due anni; fruttifica anche sui rami misti e talvolta su brindilli. I mazzetti di maggio continuano a fruttificare per 4/5 anni.

Durante la fase di allevamento è molto utile eseguire la potatura verde allo scopo di mantenere l’equilibrio fra le diverse branche. La potatura verde inizia già quando i germogli hanno raggiunto i 10/15 cm e continuerà per tutta l’estate. Le operazioni che possono essere eseguite sono: la desucchionatura, la sfemminellatura, la cimatura, la curvatura dei rami vigorosi e la torsione.

L’esecuzione della potatura verde evita, durante la successiva potatura invernale, tagli eccessivi che si risolverebbero in un ritardo dell’inizio della produzione.

Le forme classiche di allevamento più utilizzate del susino sono il vaso, la palmetta e la piramide.

Il vaso è una forma in volume che sviluppa la chioma nelle tre dimensioni: altezza, larghezza e profondità. Questa forma permette una buona illuminazione della parte interna della chioma favorendo una buona fruttificazione.

si sceglieranno tre germogli che dovranno costituire le tre branche principali. dovranno avere una distanza verticale di circa 10 cm affinché non entrino in competizione tra di loro. I tre germogli dovranno essere posti uno in direzione del filare e gli altri due devono formare un angolo di 120° l’uno dall’altro. Per ottenere uno scheletro solido, con branche resistenti alle rotture.

Nel secondo anno, alla fine dell’inverno, si esegue la cimatura delle branche principali, appena sopra la gemma, a circa 50 cm dall’inserzione col tronco al fine di stimolare la nascita di due germogli da utilizzare uno come branca secondaria.

le altre due sono utilizzate nelle coltivazioni industriali.

Susino: specie cino-giapponesi hanno foglie di colore verde chiaro e piuttosto sottili; la fioritura è anticipata sia rispetto al pesco sia rispetto ai susini europei (che precede di 12-16 giorni), quindi sono più a rischio, alle nostre latitudini, per le gelate tardive, sbocciamo in genere in marzo, e i fiori sono autosterili (richiedono l’impollinazione incrociata): i frutti hanno forma tondeggiante, la polpa non si stacca dal nocciolo ed è morbida e succosa; sono adatti solo per il consumo fresco.                     torna su

Specie americana, di scarso valore alimentare, ma apprezzate a livello estetico per la fioritura.

 La potatura del prugno presenta molte sfaccettature, effettuare interventi decisi, mirati, ma non troppo drastici o violenti, perché in caso contrario si rischia solo di far ammalare la pianta e di bloccarne persino lo sviluppo vegetativo. Queste dipendono dalla varietà e dalle condizioni climatiche in cui viene coltivata.

Nel prugno già vecchio si può praticare anche la cosiddetta potatura di ringiovanimento, che consiste nell’asportare i rami nuovi troppo lunghi. Questi rami sono improduttivi e oltre a deformare la chioma, la infittiscono appesantendo ed indebolendo ulteriormente l’albero.

Malattie causate da funghi.

Dopo la puntura di imenotteri e insetti vari sul frutto si possono sviluppare funghi dalle spore che sono già sulla superficie dei frutti, o trasportati dagli insetti stessi e quando lo pungono dalla ferita il fungo riesce a svilupparsi dentro il frutto.

Una delle malattie funginea più comune è Moniliosi (Monilinia laxa) si sviluppa in condizioni di forte umidità primaverile. sui frutti maturi si formano zone marcescenti contornate da anelli concentrici formati da tanti puntini bianchi (le spore del fungo). Questo fungo attacca il frutto anche senza le punture degli insetti, Per prevenire l’insorgere della monilia per prima cosa durante la potatura invernale, bisogna asportare e allontanare i frutti mummificati e rimasti sulla pianta. Bisogna inoltre eliminare i rami colpiti da cancri. Con le operazioni di potatura è necessario favorire il respiro della chioma.

Altra malattia molto comune è quella chiamata gommosi che è originata da un fungo chiamato Coryneum beijerinckii attacca: albicocco, ciliegio, susino e pesco, nell’ordine. sulle foglie compaiono piccole tacche di colore rosso-violaceo con bordi giallastri che poi scuriscono, seccano e si distaccano dalla foglia lasciando fori simili a un’impallinatura (le foglie colpite appaiono bucherellate), alla fine l’intera lamina annerisce e cade. I frutti, se colpiti precocemente, presentano piccoli forellini; se colpiti in fase avanzata portano tacche di 1-2 mm, rossastre, circondate da un alone più scuro, da cui fuoriesce un essudato gommoso, che poi si indurisce. Sui rami la malattia genera fessurazioni o lesioni cancerose di varia dimensione da cui esce un essudato gommoso, una sorta di gelatina color zucchero bruciato. In autunno può anche attaccare le gemme, distruggendole. colpisce: in primavera, alla completa formazione delle foglie e fino alle soglie dell’estate, a seguito di una potatura troppo drastica o di avversità climatiche come l’umidità eccessiva o la siccità.

Tale malattia non è così banalmente curabile, fare due o tre trattamenti autunnali a distanza di 8-10 giorni, poi ripeterne un altro in primavera, prima dell’ingrossamento delle gemme, con Poltiglia bordolese o pasta caffaro.

Per i trattamenti bio si usano polisolfuro di calcio, zolfo e proteinato di zolfo. Gli interventi devono essere eseguiti in pre e post-fioritura, secondo i dosaggi consigliati. In fioritura, si può usare lo zolfo a dosaggi minori.

C’è da dire che nelle annate in cui è forte la pressione della malattia, questi rimedi possono non bastare.

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