Religione
Le religioni sono prive
di fantasia nell’istituire ricorrenze e stabilire liturgie,
ogni ricorrenza
religiosa ne ricalca una preesistente, utilizzando procedure, spesso codificate nei riti pagani,
legate alle
necessità della vita arcaica
per conferirgli
dignità divina. Ad esempio L'Eucarestia deriva dal rito
della Mola Salsa, cibo romano molto arcaico che era una
focaccia di farro, salata in superficie. La sua
preparazione, esclusivamente concessa alla Vestali, seguiva
un cerimoniale segreto e le sacerdotesse la distribuivano ai
fedeli come cibo sacro invitandoli a mangiare il "corpo
della Madre Terra". Dal termine "mola" nasce il termine
"immolare" cioè consacrare agli Dei perché veniva utilizzata
anche per cospargere gli animali destinati al sacrificio (Wikipedia).
L’ultimo esempio è il primo maggio, festa laicissima dei
lavoratori, che è diventato, per la chiesa, la ricorrenza di
San Giuseppe lavoratore.
A proposito di simbologie
preesistenti utilizzate delle religioni, le
prime croci che la storia archeologica
ricorda risalgono all'antica Mesopotamia,dove
rappresentava dapprima il pianeta-dio Nibiru
(forse il pianeta Giove o la stella polare) e
successivamente
è diventato il simbolo di Tammuz, dio prima
Sumero e poi degli abitanti di Tiro e
rappresentava fondamentalmente l'organo genitale
maschile, infatti Tammuz era il dio della
Fertilità e teneva in mano una croce molto
simile a quella latina con rigonfiamenti sulle
punte.
Nell’antico Egitto veniva
utilizzata la Croce Ansata o Ankh
come simbolo di eternità, è costituita da un
cerchio a goccia, immagine dell’eternità, dal
quale pende una T, rappresentante la condizione
mortale.
L'ansa
è il simbolo della dea Iside, probabilmente una
stilizzazione dell'utero; la tau, ovvero una
croce senza l'estensione superiore del braccio
verticale, è invece il simbolo di Osiride,
crocefisso dal fratello Set prima di smembrarlo,
e prima della sua resurrezione (Iside sua sposa,
raccolse da tutte le parti del mondo i pezzi di
Osiride e li rimise insieme ridandogli la vita,
per poi unirsi con lui e avere il figlio Horus).
Sta ad indicare anche l'unione mistica tra il
cielo e la terra, ovvero il contatto tra il
mondo divino e il mondo umano, nonché l'unione
dei due principi intesa come generatrice
dell'esistenza.
Quando è raffigurata in mano agli
dei o ai faraoni è emblema della vita divina,
quando è in mano ai defunti essa è preghiera per
l'immortalità beata. Quando è rappresentata
sulla fronte di un mortale lo identifica come un
iniziato a cui è conferita la visione
dell'eternità.
Il simbolo approda nella cultura
cristiana: la croce latina
ha bracci perpendicolari in cui
l'elemento trasversale è più breve, circa tre
quarti, di quello longitudinale e simboleggia
l’amore di Dio per gli uomini, rappresentato dal
sacrificio di Suo Figlio.
Il
cristianesimo ha posto nella croce due
significati: le sofferenze insite nella vita,
come nel supplizio di Cristo e il valore
intrinseco delle sofferenze stesse, finalizzate
al bene altrui.
L’albero dal quale fu ricavato il
legno della Croce nacque da uno dei tre semi
(cedro, cipresso, pino) posto nella bocca di
Adamo alla sua morte.
La croce greca ha i bracci
perpendicolari di lunghezza uguali.
Nell’architettura la pianta a croce greca delle
chiese è
tipica dell'arte bizantina, ebbe grande
diffusione nell'Alto Medioevo, ma poi venne
quasi completamente sostituita con l'avvento del
romanico dalla pianta a croce latina. Un famoso
esempio di chiesa a croce greca di ispirazione
bizantina è la basilica di San Marco di Venezia.
La croce tau è quella
croce, solitamente in legno, a forma di “T” che
spesso viene indossata dai frati francescani.
Richiama l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico
che rappresentava il compimento dell’intera
parola rivelata di Dio. Questa lettera era
chiamata TAU e nell’Antico Testamento il simbolo
era usato per simboleggiare l’appartenenza a
Dio, fu poi ripresa dai primi cristiani.
La croce armena simbolo
dei cristiani di quella cultura, è una croce
latina che porta sulle due punte dei quattro
bracci un trifoglio che simboleggia la Trinità.
Croce di Lorena,
detta anche Croce d'Angiò croce latina
che ha la traversa doppia; la più alta delle
quali è più piccola dell'altra simboleggi il
cartello posto sopra la croce.
La croce ortodossa russa è
una croce latina o una croce di Lorena con una
traversa inclinata nella parte bassa a ricordare
l’appoggio per i piedi che impedì a Gesù di
scivolare giù.
Croce papale
ha la traversa tripla, si chiama Ferula è veniva
utilizzata come bastone al posto di quello con
estremità ricurva, era chiamata anche tirso:
veniva portato durante le celebrazioni dal papa
(ferula papale) e da altri ecclesiastici ferula
comune con solo due traverse. Ne fanno uso anche
alcuni vescovi anglicani.
La ferula può avere all’estremità anziché la
croce, una sfera di metallo prezioso sormontata,
a seconda del tipo, da una croce (di diversa
tipologia) o da un crocefisso. E’ simile al
lungo bastone, avvolto con edera e pampini
(Foglia o germoglio della vite), con alla cime
una pigna che era portato da Dioniso e dai suoi
seguaci nella celebrazione dei misteri.
Croce dei Templari
croce greca con le estremità
svasate.
I Rosacroce Si comincia a
parlare di loro nel 1614, ma certamente ques'ordine
religioso è nato molto prima, ma visto la fine
che hanno fatto i templari hanno mantenuto ben
celata la loro esistenza.
Croce di Malta,
detta anche di San Giovanni, croce greca con
bracci foggiati a punta di freccia rivolti verso
il centro. Divenne il simbolo della Repubblica
marinara di Amalfi.
La croce di sant'Andrea,
ha i bracci della stessa lunghezza incrociati a
formare una X:
La Croce Celtica, (sia
latina che greca) inscritta in un cerchio con le
estremità che ne fuoriescono. Essa unisce il
simbolismo della Croce con quello del cerchio e
del centro. La ripartizione che ne consegue
richiama ai quattro elementi, i due assi della
Croce ai punti cardinali, il cerchio alla
ciclicità della manifestazione, il centro alla
comunicazione tra i Mondi.
La prima croce Celtica, risalente al 10.000 a.C.
fu ritrovata sui Pirenei Francesi. La croce
Celtica rappresenta anche: l'Albero della vita;
i quattro elementi uniti al quinto, poiché il
cerchio è visto come simbolo d'energia. E’
chiamata anche Ruota del Sole
o croce runica (da runa, nome delle lettere
dell’alfabeto arcaico delle popolazioni
germaniche) che il simbolo di Odino dio supremo
della mitologia norrena, scandinava che si
riferisce all'insieme dei miti appartenenti alla
religione tradizionale nordica pre-cristiana. In
Italia è stato usato come simbolo da un
movimento neofascita.
La croce uncinata (o svastica) è una
croce greca con i bracci piegati ad angoli
retti. È stata usata come simbolo, generalmente
con significati augurali o di fortuna, da molte
culture fin dal neolitico, ed è ancora oggi un
simbolo sacro in alcune religioni come
l'Induismo.
Era la rappresentazione del moto
rotatorio che regola tutte le cose. con
orientamento verso sinistra (la forma antica) o
verso destra (la svastica moderna).
L’imperatore Aureliano (che
governò su Roma dal 270 al 275 d.C.) fu il primo
ad utilizzare in occidente questo simbolo che
rappresentava il dio Mitra (importantissima
divinità dell'induismo e della religione
persiana ed anche un dio ellenistico e romano),
popolare tra i soldati e molto seguito tra il
popolo,
la svastica, simbolo solare per eccellenza,
rappresentava proprio la divinità.
Il più antico riferimento conosciuto del nome
Mitra si trova su un'iscrizione di un
trattato risalente approssimativamente al 1400
a.C, le prime notizie di questo culto risalgono
al 1200 a.C.
A seguito del suo utilizzo nella
bandiera della Germania nazista, dopo la Seconda
guerra mondiale il suo uso, nel mondo
occidentale, è diventato funesto. |
Le Ricorrenze
mobili
Pasqua,
cade dopo il 21 marzo, equinozio di primavera, la data fu
decisa nel 325 al concilio di Nicea e avviene nella domenica
immediatamente successiva al primo plenilunio primaverile.
La scadenza pasquale più alta perciò è il 22 marzo, che è
detta in chiave anteriore. Grazie alla luna, Pasqua cambierà
tra questa chiave anteriore e la sua scadenza più bassa che
è il 25 aprile. La pasqua ricalca un rito ebraico di
transumanza, tale evento avveniva in primavera, nel periodo
di marzo-aprile, ed era vincolato al plenilunio primaverile.
Questa data è l'asse portante del calendario cristiano e
condiziona la cadenza del tempo delle feste mobili cristiane
che la precedono e la seguono.
I sepolcri
nella tradizione e nel linguaggio popolare sono
chiamati gli "altari della reposizione" che sono
il luogo che
non coincide con l'altare dove si celebra
l'Eucaristia,
in cui, nella
liturgia cattolica, viene riposta e
conservata l'Eucaristia,
al termine della messa vespertina del
Giovedì santo
la messa in” Cena Domini” ,
dal momento che tutte
le Messe sono sospese (quindi non si possono
consacrare le ostie) e fino alla veglia solenne
nella notte tra il sabato ed il mattino di
Pasqua c’è solo l’officio delle letture con la
distribuzione delle Ostie Consacrate nei giorni
precedenti.
Dopo la Messa in Coena Domini, ha inizio Il
triduo e si conclude con la celebrazione
vespertina della domenica di Pasqua. La durata
temporale effettiva del triduo corrisponde
all'incirca a 72 ore, ossia l'equivalenteorario
di tre giorni: nonostante si dispieghi in
quattro.
La
ragione per cui questo tempo liturgico venne
chiamato Triduo risiede, nel diverso computo del
giorno come effettuato dai cristiani dei primi
secoli in continuazione della tradizione biblica
per la quale il giorno veniva computato non
dalla mezzanotte alla mezzanotte successiva ma
dal calar del sole al successivo calar del sole,
ossia dal momento vespertino al successivo
momento vespertino: in quest'ottica il triduo
corrispondeva esattamente a tre giorni
È tradizione che l'altare della reposizione sia addobbato in modo solenne, con
composizioni
floreali o altri
simboli,
in omaggio all'Eucaristia, che viene conservata
in un'urna, detta repositorio, per poter
permettere la Comunione nel giorno seguente, il
Venerdì santo, ai fedeli che
partecipano all'Azione
liturgica della Passione del Signore;
infatti il Venerdì santo non si offre il
Sacrificio della Messa, e dunque non si consacra
l'Eucaristia. Si invitano i fedeli all'adorazione
dell’ostia nella sera del Giovedì santo e nella
notte tra Giovedì e Venerdì santo, in ricordo
dell'istituzione del sacramento dell'Eucaristia
e nella meditazione sopra i misteri della
Passione di Cristo, soprattutto sopra quello
dell'agonia nel Getsemani. L'altare della
reposizione rimane allestito fino al pomeriggio
del Venerdì santo, quando, durante la
celebrazione della
Passione del Signore, l'Eucaristia viene distribuita ai
fedeli. |
Feste prima di Pasqua:
Settuagesima (settima domenica prima della domenica
di Passione, 63 giorni prima di Pasqua) inizia il carnevale
che dura due settimane e mezzo fino al martedì grasso
seguito dal mercoledì delle Ceneri, primo giorno di
Quaresima, 46 giorni prima di Pasqua. La prima domenica
di Quaresima cade 42 giorni prima di Pasqua; la
domenica di Passione, 14 giorni prima di Pasqua;
domenica delle Palme o dell'Olivo, 7 giorni prima di Pasqua.
La parola
"carnevale" deriva dal latino carnem levare, cioè eliminare
la carne poichè dal carnevale inizia il periodo di digiuno e
penitenza della quaresima.
Feste dopo Pasqua:
Ascensione (
domenica, 39 giorni dopo Pasqua); Pentecoste detta
anche Pasqua di rose, domenica (49 giorni dopo Pasqua);
SS. Trinità (domenica, 56 giorni dopo Pasqua,
cade la domenica successiva alla Pentecoste); Corpus
Domini (giovedì), 60 giorni dopo Pasqua.
Ascensione.
E' l'ultimo episodio della vita terrena di Gesù:
questi, quaranta giorni dopo la sua morte e
risurrezione, è asceso al cielo. è una delle
solennità più importanti del calendario
ecclesiastico, celebrata in tutte le confessioni
cristiane.
E’ un episodio abbastanza confuso
nel senso che è soggetto a varie interpretazione
sia nei vangeli sia fornite dai teologi.
Sembrerebbe che Gesù appaia vivo dopo la sua
passione e dica “non sono ancora salito al
Padre; … ora salgo al Padre mio e Padre vostro”
e fu assunto in cielo e sedette alla destra di
Dio. L'ascensione di Gesù non andrebbe intesa
come un viaggio attraverso lo spazio, ma come
uno scomparire dalla Terra. Lo scopo principale
era quello di correggere l'aspettativa, presso i
fedeli, di un suo imminente ritorno sulla Terra.
Pentecoste.
Dal greco
"cinquantesimo [giorno]", ricalca la festa pagana delle
primizie e della mietitura; nella tradizione
ebraica,
celebra la rivelazione di
Dio sul
Monte Sinai cioè quando Dio diede a Mosè le tavole della
Legge.
Nella religione cristiana, cade nel cinquantesimo giorno
dopo
Pasqua, di
domenica, celebra la discesa dello
Spirito Santo sugli apostoli e la nascita della
Chiesa.
La religione ebraica e
l'islamismo riconoscono lo Spirito Santo solo
come Spirito di Dio. Tra le religioni cristiane
ci sono alcune che riconoscono lo Spirito Santo come
terza persona della Trinità, altre confessioni
negano tale aspetto.
SS. Trinità.
Di fatto la ricorrenza
sancisce l’inizio dell’evangelizzazione: “Andate
dunque e ammaestrate tutte le nazioni,
battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e
dello Spirito Santo, insegnando loro ad
osservare tutto ciò che vi ho comandato.”
Infatti la domenica prima si celebra la discesa
dello Spirito santo sugli apostoliche cioè lo
spirito di Dio che pervade gli apostoli. Il
Sabato immediatamente precedente la domenica in
cui si celebra la Solennità della Santissima
Trinità termina il “tempo della Pasqua”.
Corpus
Domini.
Si celebra il giovedì successivo
alla solennità della Santissima Trinità oppure,
come in Italia, la domenica successiva. La
solennità cristiana universale fu istituita ad
Orvieto (dove aveva stabilito la residenza della
corte pontificia) da papa Urbano IV, l'11 agosto
1264 per celebrare la reale presenza di Cristo
nell'eucarestia in reazione alle tesi secondo le
quale la presenza di Cristo non era reale, ma
solo simbolica.
I “vecchi” di Albisola dicono che “…se piove per
in Corpus Domini sarà una pessima annata per i
funghi”. Come può una ricorrenza religiosa di
giugno influenzare eventi che si manifestano
dopo due mesi, non è dato sapere, ma nel 2016
parrebbe che la “saggezza popolare” ci abbia
azzeccato, il tempo ere umidiccio e piovoso ed è
stata una pessima annata per i funghi! |
Sono feste
mobili anche le quattro tempora (ossia le quattro stagioni)
che cadevano nei giorni di mercoledì, venerdì e sabato,
rispettivamente dopo la prima domenica di quaresima, dopo la
Pentecoste, dopo il 14 settembre, giorno dell'esaltazione
della Croce, e dopo la terza domenica dell'Avvento.
L'Avvento era il tempo di preparazione alla festa di Natale
e comprendeva le quattro domeniche che precedevano la
domenica in cui si festeggiava la venuta del Redentore.
Tempore
Quattro
distinti
periodi di tre giorni
(mercoledì, venerdì e sabato di una stessa
settimana)
di digiuno e di astinenza, istituite dalla Chiesa al
principio delle quattro stagioni dell'anno. Secondo S. Leone
Magno questo digiuno è di origine ebraica; altri autori vi
scorgono la continuazione delle ferie romane di carattere
agricolo (feriae messis, vindemiae, sementiciae).
Il Liber Pontificalis ne attribuisce l'istituzione
al papa Callisto I (222).
Le Tempora hanno come scopo principale
consacrare a Dio ciascuna delle quattro stagioni dell'anno,
attirare le sue benedizioni sui frutti della terra
e richiedere per la Chiesa buoni e zelanti sacerdoti. Per
conseguire questi fini i fedeli sono invitati più
intensamente alla penitenza, al digiuno e alla preghiera.
Le tempora d'inverno
cadono fra la terza e la quarta domenica di Avvento, le
tempora di primavera cadono fra la prima e la
seconda domenica di Quaresima, le tempora d'estate
cadono fra Pentecoste e la solennità della Santissima
Trinità e le tempora d'autunno
cadono nella III settimana di settembre,
ma dopo 14 settembre, giorno della ricorrenza
dell'Esaltazione della Santa Croce,
in ricordo del ritrovamento della croce di Gesù da parte di
Sant'Elena, avvenuto, secondo la tradizione, il 14 settembre
del 320.
Quindi se
il 14 settembre cade entro il martedì, le Tempora cadono il
mercoledì, venerdì e sabato
della stessa settimana, ma se il 14 settembre, cade dopo, le
Tempora scalano di una settimana.
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Le Ricorrenze
fisse
l'Avvento
(dalla 6° domenica prima del Natale), segna l’inizio
dell’anno liturgico, e comprende le sei domeniche prima
del
Natale; inizia la prima domenica dopo il giorno di San
martino (11 novenbre)
è la preparazione alla festa della natività.
Nella Roma precristiana significava la venuta, una volta
all’anno, della divinità nel suo tempio.
l'Immacolata
Concezione
(8 dicembre), è
un dogma cattolico.
Papa Sisto IV introdusse la festa liturgica e nel 1708
Clemente XI la rese universale. Questa particolare data ha
origine dal fatto che nel 1854 Pio IX proclamò
l’Immacolata Concezione con una bolla chiamata
“Ineffabilis Deus”. Tale documento sancisce in modo
inequivocabile come la Beata Vergine Maria sia stata resa
immune dal peccato originale. Pertanto non deve essere
confuso con il concepimento di Gesù, ma è Lei che è stata
concepita senza peccato originale.
il
Natale
(25 dicembre) la
data è puramente simbolica infatti non si conosce la data
esatta della nascita di Gesù. Fu scelta dalla chiesa nel 440
d.C. per farla coincidere con il solstizio d’inverno e con
la festa pagana in onore del Dio del Sole, per distogliere
l’attenzione da quella festa.
L'albero di
Natale
Nel Natale, si mescolano simboli e usanze precedenti al
cristianesimo, e solo di alcune è possibile tracciarne
l’origine. Ad esempio
La scelta dell’abete
come simbolo del giorno
del Natale non è casuale, nell’antico Egitto, l’abete
simboleggiava la natività. Nell’antica Grecia,
l’abete bianco era sacro alla dea
Artemide,
che era la dea della Luna, della caccia e delle nascite.
Anche nel calendario celtico, l’abete era destinato al culto
del giorno della nascita del Fanciullo Divino.
Fu tra il 1500 e il 1600 che si cominciano ad avere
testimonianze di alberi decorati, principalmente con
dolciumi e frutti, entrando anche nelle case dei cristiani.
Questa tradizione si diffuse soprattutto nel nord Europa e
proprio nell’Alsazia si passò, per gli addobbi, dai generi
alimentari alle sfere di vetro, come raccontato da Clara
Bocchino in un suo libro sull’albero di Natale. Nel 1858 la
regione venne colpita da una terribile carestia che
compromise il raccolto di mele rosse con cui si era solito
addobbare gli alberi, ma in quella zona vi erano molte
vetrerie e ad un artigiano venne l’intuizione geniale di
sostituire le mele con delle sfere di vetro. Da lì si
diffuse l’idea e divenne anche un’importante aspetto
economico per tutta la zona, partendo dalle sfere si passò
anche ad altri oggetti a rappresentare simboli alimentari
collegati ad aspetti religiosi. Si sono anche diffusi
ornamenti in latta e altri materiali fino all’avvento della
plastica che ha permesso di produrre oggetti meno fragili,
ma anche molto più scialbi e dozzinali.
Lo scambio
dei doni
L’usanza di scambiarsi regali il giorno di Natale sembra
derivi da un rito pagano romano, denominato strenae, periodo
in cui la popolazione si regalava cibo, monete e pietre
preziose come portafortuna per il nuovo anno. Il personaggio
che è divenuto famoso in tutto il mondo per consegnare i
regali a Natale è Santa Claus, in Italia Babbo
Natale, che deriva da San Nicola perché, secondo la
leggenda, San Nicola, vescovo di Myra del IV secolo d.C.,
avendo ereditato molti beni e denari dai suoi genitori, per
liberarsene cominciò a fare regali a chi ne avesse più
bisogno.
Il presepio
Secondo
la tradizione, la creazione del primo presepio fu attribuita
a San Francesco d’Assisi nell’anno 1223. Il termine italiano
presepio (più corretto che presepe) deriva da latino praesaepe composto da prae innanzi e saepes recinto ovvero
luogo che ha davanti un recinto quindi greppia, mangiatoia.
Per essere
precisi, si dovrebbe procedere ad installare gli addobbi
natalizi il sabato che precede la prima domenica di Avvento,
dopo i vespri (ore 18); la data classica è l’8 dicembre
(festa dell’Immacolata); a Savona la tradizione fissa la
data di preparazione dl presepio il 13 dicembre, giorno di
Santa Lucia, perchè si svolge una storica fiera (i mercatini
di Natale li abbiamo inventati noi a Savona!).
Il presepio, l'albero e gli addobbi, andrebbero tolti il
2 febbraio,
festa della presentazione di Gesù al Tempio, chiamato
comunemente «Candelora» che segna la fine delle festività di
Natale.
Il presepio savonese
I pastori, nella tradizione savonese, si
chiamano "macachi" e venivano realizzate per il
proprio uso domestico, dalle operaie delle
fabbriche di ceramica con gli scarti di
lavorazione, quindi sono figure dalle fattezze quasi infantili,
nulla a che vedere con le statuine di pregiata
fattura di altre tradizioni, ma proprio per
questa semplicità, sono diventate vere opere
d'arte.
COME POSIZIONARE I PASTORI NEL PRESEPIO
SECONDO UN TRATTATO SAVONESE DEL 1800 che ho trovato
su Facebook:
Tugnin e Manena
o
Gelindo e
Gelinda
marito e moglie, sono i primi due pastori
giunti alla grotta di Betlemme portando con sé i
doni per Maria e
Giuseppe: una pollastrella per farne caldo cibo
e le fasce per avvolgere il Bambinello, devono
essere messi davanti a tutti accanto alla
grotta, sono
due macachi inginocchiati,
rappresentano una coppia un po’ addormentata,
dove va uno va l'altro.
Altro macaco indispensabile è
Matteo, cognato di
Tugnin, che suona il
piffero. Matteo aveva il desiderio di andare
anche lui a rendere omaggio al Santo Bambino,
però era talmente povero da non avere altro da
portargli che la sua musica così suonò "Tu
scendi dalle stelle" e tanto fu bella quella
musica che Gesù si voltò a guardarlo sorridendo.
Poi ci sono u Zéunn e a Zéunna
che sono marito e moglie, eterni freddolosi
avvolti nella lunga mantellina. Poi c’è la
lavandaia, Bartolomeo, il pastore con la moglie,
le due donne che portano fascine alla fornace di
ceramiche e due soldati. Più distanti i Re
Magi, quello nero per ultimo, perché essendo un
pagano, si è perso per strada.
Volendo approfondire, navigando su internet, ma mi è impossibile
riportare le fonti perchè ho unito informazioni
ricorrenti riportate da tradizioni varie, ho cercato di ricostruire
cosa serve per fare un presepe, ne esce una
scenografia molto complessa.
In
generale, gli elementi base
di un presepe sono:
La grotta
va posta nel punto più basso della scena; tutti
infatti attraverso il Cristo possono ascendere
al Cielo e nessuno è troppo in basso. Gesù,
facendosi uomo, è partito proprio dal fondo.
Dall’altra parte della scena va posto
il castello di Erode
proprio nel punto più alto.
Poi non può certo mancare
l’osteria,
luogo simbolo della soddisfazione dei piaceri
della carne, come contraltare alla grotta, punto
dell’elevazione spirituale. spesso è posta in
prossimità della grotta.
Il fiume
è simbolo dello scorrere della vita dalla sua
origine, nascosta nel mistero della montagna
alla sua fine nel laghetto, Il fiume è elemento
di divisione, ed ancora oggi molti confini
seguono il suo corso, ma anche di unione per la
presenza del ponte. Nella simbologia, negli
scenari più piccoli. Può essere sostituito dal
pozzo.
Il forno
viene rappresentato acceso e con il pane appena
sfornato. Ovviamente il pane è simbolo del
Cristo che si incarna.
I personaggi
Gli angeli
sono di norma cinque:
- Quello sistemato più in alto, col manto
dorato, è detto Gloria del Padre e sostiene il
cartigio con la frase del Vangelo di Luca
“Gloria nell’alto dei cieli".
- Quello alla sua destra, vestito di bianco, è
detto Gloria del Figlio e porta un turibolo
incensiere, simbolo di divinità.
- quello alla sua sinistra, vestito di rosso, è
detto Gloria dello Spirito, e regge la tromba
dell’annuncio.
- più in basso, in posizione variabile a seconda
dello scenario ci sono l’angelo vestito di verde
che suona il tamburo e rappresenta l’Osanna del
popolo, e quello vestito di azzurro che suona i
piatti metallici che rappresenta l’ Osanna del
potere, sia quello laico del re che quello
religioso del Papa.
Giuseppe,
simbolo maschile, falegname, rappresenta la
responsabilità operosa investita del compito di
vigilare sul Bambino, restando in linea con la
volontà di Dio in perfetta umiltà e modestia;
virtù queste sottolineate dai suoi abiti scuri
(di solito marrone, il colore della terra) e
dimessi.
Maria
è il simbolo della virtuosa e sacra maternità,
archetipo femminino, mentre il suo manto azzurro
riecheggia il cielo, da dove proviene il figlio
divino.
L’asino
rappresenta i pagani, che non sanno, e perciò
non possono comprendere, il
bue
rappresenta gli ebrei, i saggi, i dotti che pur
avendola possibilità di accedere alla conoscenza
ed alla sapienza, a causa della dura cervice (la
durezza delle corna) non riescono ad aprire la
mente all’intelligenza della fede. Possono però
anche significare: il bue, dalle corna lunate,
la vicinanza alla sacralità della Luna,
principio femminile per eccellenza, mentre
l’asino, sacro ad Apollo ed all’oracolo di Delfi
gli attributi del principio maschile.
Tugnin e Manena
(Antonio e Marilena)
nella tradizione
savonese sono i primi pastori che
arrivano alla grotta da Gesu' Bambino; sono i
due macachi inginocchiati che si mettono nel
presepe davanti alla Sacra Famiglia,
rappresentano una coppia un po’ addormentata,
dove va uno va l'altra. La
tradizione vuole che fossero i primi a giungere
alla grotta di Betlemme per visitare Maria,
Giuseppe ed il Bambino. Con se portarono i loro
doni: una gallinella per fare un buon brodo per
sostenere la puerpera e le fasce per avvolgere il
neonato. Sulla strada del rientro, la coppia
avrebbe incontrato Matteo, fratello di
Manena,
e vedendoli pieni di gioia provo dentro di se un
forte desiderio di recarsi alla grotta. Matteo
era povero ma era un ottimo musicista. Per
questo motivo, non avendo altro da offrire al
Santo Bambino, lo raggiunse e suono per lui “Tu
scendi dalle stelle”, quella musica fu così
piacevole che Gesù Bambino rivolse il suo
sguardo a Matteo e gli sorrise.
Tugnin e Manena
(Antonio e Marilena)
oppure
Gelindo e Gelinda: non
sono certo su quale siano i nomi savonesi e
quali genovesi, dei due personaggi presenti in
entrambe le tradizioni, mia nonna diceva sempre: "oh issa Manena che
tiei in scia rampa se nun ti ghei pocu u ghe
manca" (l'ultimo sforzo, Manena che sei nel
punto più duro della salita, se non sei proprio
in cima, ci manca poco) era savonese, ma di
origini paterne sarzanesi e visse anche a
Genova, per cui potrei essere forviato nella
attribuzione dei nomi.
Il pastore con l’agnello Il gregge.
E’ forse l’emblema più significativo di tutta la
scena, forse. Il pastorello che con sulle spalle
l’agnello va, per offrirlo in dono e sacrificio;
di fianco ha il suo cane, e le pecore del suo
gregge lo seguono, fiduciose, mansuete.
I pastori
oranti,
il motivo simbolico che rappresentano non è
collegato alla pastorizia, ma nell’antico popolo
d’Israele i pastori erano gli ultimi degli
ultimi, i derelitti, i paria del popolo, quelli
più lontani dal tempio, dalle pratiche di culto.
La logica del presepio è che Il Cristo “parte
dal fondo" rappresentato non solo dalla grotta e
dalla mangiatoia, ma anche sociale con i
rappresentanti della povertà che sono i primi ad
accorrere.
Gli
Zampognari
sono due. Un giovane vestito di verde, tipico
colore associato alla speranza, canta, e suona
lo stridulo piffero, impaziente e brioso.
L’alto, anziano, veste gli abiti scuri della
modestia. Il suo attributo è la ciaramella, dal
suono grave e continuo.
Donna con bambino,
è Stefania.
Stefania è una vergine di Nazareth desiderosa di
vedere il Bambino nato nella grotta, ma poiché i
tabù religiosi ebrei vietavano alle zitelle di
accostarsi alle partorienti ed alle puerpere lei
viene ripetutamente “respinta dagli angeli”. Ma
il suo desiderio di vedere il Bambino è grande,
ed allora, il giorno dopo, di nuovo si presenta
alla grotta ma tenendo in braccio una gran
pietra camuffata da infante fasciato. Così
riesce a passare; ma al cospetto della Sacra
Famiglia, miracolosamente dal fagotto che porta
in braccio esce uno starnuto. La grossa pietra
si è trasformata in neonato. Sarà questi
Stefano, il diacono, primo martire della Chiesa
e sarà lapidato. Questo il motivo per cui di S.
Stefano se ne fa memoria il 26 dicembre, giorno
dopo Natale. Stefania è anche chiamata “zingara
con bambino”.
La zingara senza bambino.
E’ un’altra figura simbolica del presepe di
tradizione. Il riferimento è alla credenza (ed
ancora resiste) che alle zingare sia data la
capacità di prevedere il futuro. Alla Sibilla
cumana si attribuisce la leggenda secondo era
una zingara e avesse profetizzato la nascita di
Gesù illudendosi di essere lei la vergine
prescelta per l’evento. La sua posizione nella
scena è presso la Taverna, nell’iconografia
porta un cesto con strumenti in ferro, martelli
e chiodi, a prefigurazione della Crocifissione.
La meretrice.
Di solito sistemata accanto alla zingara è una
donna procace vestita con abiti sontuosi ma
stracciati, e volge le spalle alla grotta.
Simbolo di lussuria è di contraltare alla
verginità feconda della Madonna.
La
lavandaia.
Associata ed assimilata spesso alla levatrice, è
candidamente vestita e si affianca alla mastella
del bucato. Lei è la testimone umana del parto
verginale di Maria e figura purificatrice dalla
morte e dal peccato, quindi prefiguratrice della
Madonna nella sua quotidianità di madre.
I personaggi della Taverna
sono parecchi e variabili da scenario a
scenario. Nel loro complesso rappresentano
l’umanità con le sue debolezze ed i suoi vizi.
Umanità condannata poi che l’Osteria stessa è
simbolo infernale, se non ci fosse la speranza
della redenzione, ed in questo fa da contraltare
alla grotta ed ai suoi personaggi:
- l’Oste. Riconoscibile dal volto rubizzo,
l’aspetto florido ed il grembiule bianco è
Belfagor travestito, sosta sulla soglia della
taverna per attirare i passanti. In lui non è
difficile individuare i vizi “canonici”
dell’eccesso e delle sregolatezza, le tentazioni
dei piaceri della carne; gola, cupidigia,
lussuria…
- Cicci Bacco il vinaio. E’ personificazione
della intemperanza nel bere. Decisamente obeso è
di solito rappresentato a cavalcioni della
botte, suo bene supremo, ma non è considerato
personaggio decisamente negativo. La pietà
popolare ne ha fatto più che altro l’immagine
del povero diavolo che cerca nell’ubriachezza la
fuga dalle delusioni e dai dolori della vita;
più che altro il personaggio degno di
commiserazione
- I giocatori di carte. “ i due compari ”,
secondo l’accezione napoletana, “zi’ Vicienzo e
zi’ Pascale” personificazione del Carnevale
(Vincenzo) e della Morte (Pasquale), l’atto del
loro giocare rappresenta l’imprevedibilità dei
tempi e delle sorti, volubili come le carte che
vengono pescate dal mazzo.
- Gli avventori al banchetto. Così come Cicci
Bacco sulla botte (o col fiasco nella mano
alzata) sono prefigurazione del passaggio dalla
corruzione del peccato nelle mense tradizionali
rivolte al piacere terreno.
Il pescatore
personaggio di fumosa e dubbia simbologia. In
coppia col cacciatore posto in alto, l’uomo che
pesca nel laghetto rimanda ad antichi cicli di
vita-morte ed epireo-infero. Si vuol trovare un
riferimento anche alla figura di Pietro, quasi
in attesa della Chiamata o infine al simbolo del
pesce usato, come noto come segno acronimo di
appartenenza dai primi cristiani.
Pescatore e Cacciatore fanno anche parte degli
Offerenti.
Gli offerenti
sono dodici figure simboliche che rappresentano
i mesi dell’anno ad indicare la permanenza
costante dell’evento nel tempo. Dall’iconografia
si risale alla specifica attribuzione:
Gennaio Macellaio/salumiere
Febbraio Venditore di ricotta/formaggi
Marzo Pollivendolo /uccellaio (riferimento alla
primavera)
Aprile Venditore di uova (riferimento alla
Pasqua)
Maggio Coppia di sposi con cesto di ciliegie e
frutta
Giugno Panettiere
Luglio Venditore di pomodori
Agosto Venditore di angurie
Settembre Seminatore o venditore di fichi
Ottobre Cacciatore o vinaio
Novembre Castagnaro
Dicembre Pescivendolo o pescatore
Benino dormiente
ed
il Pastore della meraviglia
è l’originale presenza “stereoscopica” dello
stesso personaggio, in due momenti differenti,
ma soprattutto in due realtà differenti:
Benino è il “pastore” addormentato ed
indifferente al Mistero che si sta dispiegando
nel Presepe; trova posto, come personaggio posto
più in alto nella scena e quindi più lontano
dalla Grotta, dalla fede, dalla Rivelazione. Ma
è un giovane aperto, sveglio ed intelligente. La
sua iconografia ce lo fa vedere
contemporaneamente anche davanti alla Grotta,
quasi che fulmineamente la Rivelazione sia
penetrata in lui facendolo svegliare, dandogli
vita. E la sua nuova postura è inequivoca; le
braccia alzate in segno di meraviglia, la bocca
aperta nel muto grido di stupore.
I Magi meritano una trattazione a parte |
l'Epifania
(6 gennaio), celebra
la rivelazione di Dio agli uomini che Cristo è suo Figlio, Infatti, in greco, “epiphàneia”, significava
“apparizione” o “rivelazione”.
L’origine di questa festa è antichissima, sembra risalga al
II secolo d.C. Inizialmente ricordava il battesimo di Gesù,
ed era celebrata sembra dalla setta degli basilidiani, che
credevano che l’incarnazione di Cristo fosse avvenuta al suo
battesimo, e non alla sua nascita.
In seguito, l'istituzione della Festa dell'Epifania, fu
adottata da tutta la Chiesa Cristiana.
CHI SONO I RE MAGI?
Secondo le tradizioni cristiane i
tre Re Magi
arrivarono a
Betlemme con i doni per Gesù
Bambino, seguendo la guida della
stella
cometa.
Ma la storia non è così semplice.
E’
Matteo l’unico evangelista che parla dei Magi
che dall'Oriente arrivarono a Gerusalemme,
durante il regno di Erode, alla ricerca del
neonato, Re
dei Giudei, ma tralascia di
approfondire le notizie relative a questi
personaggi. Il testo greco del vangelo non ne
indica né il numero né tantomeno i nomi; parla
solo di "alcuni Magi dall'Oriente”, quindi
l'unica informazione riportata è che erano più
di uno. Il testo non specifica neanche
l'intervallo di tempo trascorso tra la nascita
di Gesù e il loro arrivo a Betlemme.
La parola
Magi deriva dal greco
magos il termine ha il significato
arcaico di
uomini saggi, filosofi, scienziati e personaggi
importanti,
ma significa anche
astrologi
(fino al
XIV secolo la distinzione tra astronomia e
astrologia non era ancora riconosciuta, e le due
discipline cadevano entrambe sotto la seconda
denominazione)
quindi
vennero chiamati così non perché fossero abili
nelle arti magiche, ma per la loro grande
conoscenza e competenza nella astrologia,
e lo erano
certamente perché seguirono una vecchia profezia
secondo la quale quando gli astri avessero avuto
una certa disposizione sarebbe nato il re dei
Giudei.
Per questo partirono alla ricerca di Gesù, non
certo seguendo una stella cometa, anche se
probabilmente in quel periodo potrebbe esserci
stato tale fenomeno, ma probabilmente è solo una
esemplificazione per indicare che usarono le
stelle per orientarsi.
Probabilmente raggiunsero Betlemme dopo un
lunghissimo cammino probabilmente 9 mesi, ma
alcune fonti parlano di 2 anni, infatti nel
Vangelo di Matteo si dice che visitarono la casa
dove abitava Gesù e non la grotta dove nacque.
La loro venuta non portò nulla di buono. Sapendo
dove andare, ma non il posto esatto (l’indirizzo
diremmo oggi) dove fosse un personaggio di tale
importanza. finirono per chiederlo al re Erode
che, per il timore di essere detronizzato dal
nuovo re, basandosi su ciò che gli avevano
riferito i magi, calcolò accuratamente quando
era nato Gesù. Di conseguenza, non sapendo
neanche lui di preciso dove fosse, fece
assassinare tutti i bambini nati in quel periodo
(strage degli innocenti). Giuseppe,
avvertito in un sogno,
per salvare Gesù, con Maria, dovette fuggire in
Egitto.
Tutte le altre notizie che abbiamo ci vengono
dai Vangeli Apocrifi e da ricostruzioni e
ragionamenti postumi.
La religione cristiana attribuisce ai magi i
nomi di
Gasparre,
Melchiorre
e
Baldassarre e il numero tre ha una
forte valenza simbolica come i tre doni che
portano, le tre età che rappresentano e le tre
razze indicate dalla Bibbia che incarnano.
la tradizione vuole che i Magi provenissero da
paesi lontani
che rispecchia il racconto biblico secondo cui
l’umanità si divide in tre razze,
discendenti dai tre figli di Noè: Sem,
capostipite
della razza dei popoli di mezzo (Semiti) Arabi, Ebrei e
Fenici corrisponderebbe a Gasparre,
Iafet,
capostipite della razza dei popoli del nord
(Iapetiti) l' Eurasia corrisponderebbe a
Melchiorre
e Cam, capostipite
della razza dei popoli del sud
(Camiti)
di cui fanno parte i Berberi, gli Etiopi gli
Egizi e tutte le popolazioni nere dell'Africa e
corrisponderebbe a
Baldassarre,
a significare che la missione redentrice di Gesù
era rivolta a tutte le nazioni del mondo. Per
questo motivo i tre re sono raffigurati in
genere come un bianco (Melchiorre), un arabo (Gasparre) e un nero
(Baldassarre).
Le terre di origine, nelle varie narrazioni,
variano probabilmente per la scarse conoscenze
geografiche di chi scrisse i racconti.
Riassumendo:
Gasparre
(Galgalath o Gaspar) a rappresentare i popoli di
mezzo, scuro di carnagione, di mezza età,
era
imperatore degli arabi o forse dell’Armenia,
portò in dono mirra che era simbolo d’eternità
ed è una sostanza resinosa utilizzata dagli
egizi nei processi
dell’imbalsamazione e
rappresenta quindi l’immortalità, ma non solo,
la mirra è una resina secreta dal tronco,
opportunamente inciso, di un albero del tipo Commiphora che prolifica in Somalia, Etiopia e
nella penisola arabica; la sostanza è prodotta
dalla pianta per cicatrizzare la “ferita” e si
solidifica sulla corteccia. La mirra
deve il suo nome alla parola semitica “murr”
che vuol dire “amaro”. Famosa
fin dall’antichità per le sue proprietà
antisettiche e antibatteriche, la mirra viene
utilizzata come rimedio contro le affezioni
delle vie respiratorie,
veniva mescolata con oli per realizzare unguenti
a scopo medicinale, cosmetico.
Il nome
Cristo significa proprio unto,
quindi si rafforza ulteriormente il significato
simbolico del dono.
Melchiorre
(Melech o Melkon) a rappresentare i popoli d del
nord, di carnagione bianca, sarebbe il più
anziano, (circa 60 anni) sarebbe imperatore dei
persiani
o forse un del maharaja indiano. portò in dono
oro perché è il dono riservato ai Re e
Gesù è il Re dei Re, ma simboleggia anche la
scintilla divina, l’amore, la conoscenza, la
sapienza;
Baldassarre
(Balthazar o Balthasar) sarebbe il più giovane,
rappresenterebbe i popoli del sud l’Africa per
il colore della sua pelle che è nera, o forse un
re re arabo del deserto di carnagione scura.
Portò in dono incenso che era simbolo di
divinità, ma serve anche a purificare ed è
tutt’ora usato nelle funzioni liturgiche
cattoliche.
Per altri erano i sacerdoti dei Medi, un popolo
montanaro che fu sottomesso dai Persiani nel VI
secolo a.C., gli avi degli odierni Curdi. Lo
storico greco
Erodoto dice che questi sacerdoti
interpretavano i sogni e studiavano gli astri.
In un vangelo apocrifo
armeno si narra che fossero tre fratelli:
Gasparre re dell'Armenia, Melchiorre re dei
Persiani, e Baldassarre re d'Arabia,
accompagnati da tre drappelli di cavalleria che
comprendevano dodicimila uomini: quattromila per
ciascun regno rappresentato dai Magi.
Un accenno a questi mitici re lo troviamo anche
in Marco Polo che afferma di aver visitato
intorno al 1270 le tombe dei Magi:"...in Persia
è la città che è chiamata Saba a sud di Teheran
da la quale partirono tre re che andarono ad
adorare Dio quando nacque..."
Re magi realizzati in PVC dalla ditta Fontanini,
sorta nel 1908 a Bagni di Lucca. |
La
Befana, invece, non ha nulla ha che vedere con il
significato religioso della festa, si ritiene sia la
personificazione di Madre Natura, che giunta alla fine
dell’anno invecchiata e avvizzita, offre regali che
potrebbero simboleggiare dei semi da cui lei rinascerà
bambina.
La
Candelora
(2 febbraio), Il periodo dal 2 febbraio - 13
marzo segna la fine "stagionale" dell'inverno.
Il 2 febbraio la Chiesa
celebra la presentazione al Tempio di Gesù, popolarmente
chiamata festa della Candelora, perché in questo
giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo "luce per
illuminare le genti".
La festa è anche detta della
Purificazione di Maria, perché, secondo l'usanza ebraica, una donna era
considerata impura per un periodo di 40 giorni dopo il parto
di un maschio e doveva andare al Tempio per purificarsi: il
2 febbraio cade appunto 40 giorni dopo il 25 dicembre,
giorno della nascita di Gesù.
La Candelora fu celebrata anche in alcune tradizioni
religiose precristiane, ed alcuni studiosi rilevano come si
tratti di una festività introdotta appunto in sostituzione
di una preesistente. nella tradizione celtica, segnava il
passaggio tra l’inverno e la primavera ovvero tra il momento
di massimo buio e freddo e quello di risveglio della luce.
Un antico proverbio popolare
recita:
Per la santa
Cannelora ,
o che nevichi o che plora
dell'inverno siamo fuora.
un altro recita:
Quando vien
la Candelora
dell'inverno siamo fora;
ma se piove o tira il vento
de l'inverno semo dentro.
un altro ancora:
Se
nevica per la Candelora,
sette volte la neve svola.
L'orso si
sveglierebbe dal letargo e uscirebbe fuori dalla sua tana
per vedere come e' il tempo e valutare se sia o meno il caso
di mettere il naso fuori.
Il 2
febbraio si festeggia anche San
Biagio.
Ferragosto
ebbene sì anche ferragosto è una festa religiosa,
l'origine è antichissima la sua nascita coincide con
gli albori della Roma imperiale. A istituirla fu
l’imperatore romano Augusto nel 18 avanti Cristo, il suo
nome deriva dalla locuzione latina Feriae Augusti. Si
trattava di un momento dedicato al riposo e ai
festeggiamenti dopo la fine dei lavori agricoli e all’epoca
si festeggiava il primo di agosto. Lo slittamento al 15 è
dovuto alla religione cattolica, la Chiesa ha infatti deciso
di fare coincidere Ferragosto con l’Assunzione
di Maria,
che
cominciò ad essere celebrata
nel VI secolo
l’assunzione,
ma fu
Pio XII, nel 1950, che promulgò il dogma dell’Assunzione
al cielo della Beata Vergine Maria.
La Natività della Beata Vergine Maria
l'8
settembre, (da non confondersi con l'8 settembre 1943)
è una festa liturgica della Chiesa cattolica
e della Chiesa ortodossa che ricorda la nascita di Maria, in
perfetto "orario" rispetto al concepimento l'8 dicembre,
come abbiamo visto.
Ognissanti (1 novembre), le
origini risalgono al tempo dell’antica cultura delle
popolazioni celtiche la cui tradizione divideva l’anno
solare in due periodi: quello in cui c’era la nascita e il
rigoglio della natura e quello in cui la natura entrava in
letargo passando un periodo di quiescenza. I giorni di
inizio di questi due periodi venivano festeggiati, il primo,
durante il mese di maggio (quello della vita, e quindi della
rinascita della natura) e il secondo a metà autunno (quello
della morte, e della quiete della natura),
la notte tra il 31 ottobre ed il 1 novembre
si celebrava la festa del Samhain,
si facevano grandi falò propiziatori per il nuovo anno ed in
quella notte i morti tornavano nelle loro case a scaldarsi e
a comunicare con i vivi.
Nello stesso periodo storico, presso i romani si festeggiava
un giorno simile, dove si salutava la fine del periodo
agricolo produttivo e si ringraziava la terra per i doni
ricevuti. Quando Cesare conquisto la Gallia, le due feste
pagane, celtica e romana, si integrarono e i giorni
coincisero.
Queste celebrazioni erano molto radicate in Irlanda nel V
secolo,
con l’affermarsi del cristianesimo, Papa Bonifacio IV tentò
di sovrapporre un significato prettamente spirituale e
religioso a quello prettamente agricolo e pagano,
quindi la Chiesa
decise di non abolire la festa, ma di assorbirla nell’ambito
cristiano, quindi nell’835 il Papa Gregorio II, spostò la
festa di Ognissanti da maggio al 1° novembre.
Nel 1475 la festività di Ognissanti venne resa obbligatoria
in tutta la Chiesa d’Occidente da Sisto IV.
il
Giorno dei Morti
(2 novembre), si riscontra in ogni cultura e tradizione e,
tranne che nell’Occidente moderno, non ha mai avuto un
carattere malinconico. Il rito viene fatto risalire
all'abate benedettino
sant'Odilone di Cluny
nel
998:
con la riforma cluniacense stabilì infatti che le campane
dell'abbazia fossero fatte suonare con rintocchi funebri
dopo i
vespri del
1º novembre per celebrare i
defunti.
La ricorrenza è preceduta da un tempo di preparazione e
preghiera in suffragio dei defunti della durata di nove
giorni: la cosiddetta
novena
dei morti, che inizia il giorno 24 ottobre.
Gli antichi romani celebravano i defunti durante i
Parentalia, dal 13 al 21 febbraio. Nei paesi anglosassoni, è
un misto di tradizioni cristiane e pagane, con la notte di
Halloween, che viene celebrata nella notte tra il 31 ottobre
e il 1 ° novembre. I buddhisti celebrano i loro defunti il
15 aprile, anniversario della morte di Buddha.
Alcune curiosità
Matusalemme
è il nonno di Noè. La tradizione sostiene che morì all'età
di 969 anni, sette giorni prima dell'inizio del diluvio
universale. Secondo il libro della Genesi era il settimo
discendente diretto di Adamo e, in base a questo testo, si
crede sia la persona più vecchia che sia mai esistita. Il
padre di Matusalemme si chiamava Enoch che visse 365 anni e
uno dei figli, Lamech, morto a 777 anni, era il padre di
Mosè che visse 950, queste cifre si basano sul calendario
attualmente in uso, alcuni studiosi ritengano che
bisognerebbe contare i mesi lunari e quindi gli anni di
Matusalemme diventerebbero poco più di 70 oppure 117.
L'estate di San martino.
Tradizione vuole
che “Dura tre giorni e un pochino". intorno all'11
novembre,
giorno della festività del Santo, uno scampolo di bel tempo
si affacci con un piacevole tepore, dopo il primo freddo,
magari accompagnato dal sole. Spesso il mito ha corrisposto
alla realtà, anche perché il fenomeno si verifica con una
certa continuità. Una
spiegazione
scientifica
ovviamente non c'è, almeno non legata a questa data. Si sa
che è probabile che nei periodi di transizione tra estate ed
inverno (quale sono i giorni di metà novembre)si alternino
eventi climatici freddi ad altri caldi.
Tradizionalmente durante
questi giorni si aprono le botti per il primo assaggio del
vino nuovo. Questa tradizione è celebrata anche in una
famosa poesia di Carducci intitolata appunto San Martino.
Un'altra poesia, ma incentrata sull'aspetto fugace e
illusorio del suo improvviso incanto è Novembre di
Giovanni Pascoli.
Scienza a parte, la leggenda ha origini
religiosi e narra di una storia abbastanza curiosa.
Pare che Martino, poi divenuto Santo, figlio di un veterano,
entrò anche lui nell’esercito, venne subito promosso e
inviato in Gallia, presso la città di Amiens con il
compito di effettuare la ronda notturna e l’ispezione
dei posti di guardia, nonché la sorveglianza delle
guarnigioni. Proprio durante una di queste ronde, avvenne
l’episodio che cambiò la vita del futuro Santo: vedendo un
mendicante seminudo e infreddolito durante un'acquazzone,
gli avesse donato metà del suo mantello. Di fronte al nobile
gesto, il cielo improvvisamente si aprì e la temperatura
divenne più mite.
La notte,
Martino vide in sogno Gesù, rivestito della metà del suo
mantello militare, che diceva ai suoi angeli: “Ecco qui
Martino, il soldato romano che non è battezzato. Egli mi ha
vestito”. Martino, allora, risvegliatosi, trovò il suo
mantello integro. Il sogno ebbe un tale impatto su di lui
che, già catecumeno, venne poi battezzato la Pasqua
seguente, divenendo cristiano
L'Estate di San Martino esiste ovviamente
anche nelle culture iberofone e francofone, con cui
condividiamo l'emisfero. Nei paesi anglosassoni viene
chiamata Indian Summer ("estate indiana"), mentre in alcune
lingue slave, tra cui il russo, è chiamata Bab'e Leto. |