L' abete è legato al mito
narrato da Ovidio nelle Metamorfosi, di Cenide, una
ninfa amata da Poseidone, a cui chiese di trasformarla
in uomo. Prese il nome di Cineo, divenne un imbattibile
guerriero e fu proclamato re dei Lapiti. Diventò così
superbo da piantare nel centro della piazza la sua
lancia realizzata con legno di abete e chiese ai sudditi
di dedicarle dei sacrifici. Zeus, per punirlo, spinse i
Centauri ad ucciderlo, Percuotendolo con tronchi di
abete e conficcandolo al suolo come se fosse un
albero. Da allora presso molte popolazioni in primavera
si verifica un rituale, durante il quale un palo di
abete viene conficcato al centro della piazza del
mercato.
L'aglio
nell'antico Egitto gli
adoratori di Sokar (divinità degli inferi) si adornavano
con ghirlande di aglio. Nell'antica Grecia era
considerata una pianta degli inferi e dedicata ad Ecate
la dea che accompagnava nel regno dei morti.
I taoisti sostengono che è una pianta che nutre i demoni
e non lo mangiano e chi si avvicina allo Yoga deve
evitare l'aglio.
L'uomo ha da sempre attribuito all'aglio
un potere contro streghe, vampiri, ecc. si ritiene per
le sue proprietà antibatteriche in quanto questi spiriti
erano considerati dei parassiti. Nelle tradizioni
popolari l'aglio è considerato un talismano collegato al
solstizio d'estate e si consigliava di portarlo addosso
nella notte che precede il 24 giugno (San Giovanni) per
proteggersi dalle streghe che in quella data si recano
per celebrare il grande sabba annuale nella "notte
delle streghe".
I Druidi usavano l'
Agrifoglio
per
cacciare gli spiriti maligni; Plinio il Vecchio, nel
primo secolo A.C., consigliava di piantarlo vicino alla
porta di casa, per proteggerla dalla perfidia dei
malvagi. In molti paesi del Nord, nel Medioevo, si
pensava che questa pianta fosse dotata di un potere
superiore a quello degli aggressori e la capacità di
proteggere dalle intemperie nelle lunghe notti buie in
inverno, per questo è usato per addobbare la casa
durante il periodo natalizio.
La pianta di
alloro
nell'antica Grecia era considerata una pianta sacra ad
Apollo perché Eros, che era stato deriso da Apollo, per
punirlo, lo aveva colpito con una freccia (d’oro)
destinata a far nascere la passione, quindi colpì il
cuore della ninfa Dafne (ma lei cosa c’entrava?) con una
(spuntata e di piombo) destinata a respingere l'amore.
Madre Terra, impietosita dalle
richieste di aiuto della figlia che scappava
terrorizzata dal dio che la inseguiva, la
trasformò in questa pianta sotto gli occhi di Apollo
che, disperato, abbracciava invano il tronco nella
speranza di riuscire a ritrovare la dolce Dafne. Così lo
stesso Apollo, proclamò questa pianta sacra al suo culto
e segno di gloria da portarsi sul capo dei vincitori e
il termine “laurea” deriva proprio da
Laurus nobilis, simbolo
della sapienza divina. Tale corona, è rimasta nelle
epoche successive come iconografia nella
rappresentazione pittorica di poeti ed imperatori
(classiche sono le figure di Dante e di Napoleone col
capo ornato da una corona d'alloro).
Gli antichi romani la coltivavano ritenendola la pianta
nobile per eccellenza I contadini solevano legare tre
ramoscelli d’alloro con un cordoncino rosso: questo
propiziava l’abbondanza del raccolto, aiutava il grano a
maturare e donava benessere.
torna su
Nella mitologia greca,
Anemone
era la ninfa sposa di Zefiro, la divinità che
rappresentava il vento dell’ovest e che con il suo caldo
soffio produceva fiori e frutti. Anemone viveva nella
corta della dea Chloride, della quale suo marito Zefiro
era amante, ma nonostante ciò, Zefiro era solito
indirizzare un soffio intensamente più caldo verso
l’amata moglie, suscitando la gelosia di Chloride che
voleva per se tutte le attenzioni di Zefiro. Chloride
accecata dalla gelosia scacciò Anemone e Zefiro per
proteggerla la trasformò nel fiore che ora porta il suo
nome, un fiore che non schiude mai la corolla se non
viene baciata dal caldo vento di Zefiro. Anemone infatti
significa “fiore del vento”.
Una leggenda cristiana invece racconta che il fiore sia
nato al tempo della crocifissione di Gesù, ai piedi
della sua croce, ricevendo il colore rosso dal sangue
uscito dalle sue ferite, da cui il nome di “le gocce di
sangue del Cristo”.
L'azalea
(e il rododendro) genere
Rhododendron, FamigliaEricaceae, significano
"felicità misteriosa". Se però è di colore rosso vuol
significare vendetta. Se ad una persona viene donata
un'azalea di colore giallo le si sta dicendo che è
falsa, che sta simulando.
Al
basilico,
in Occidente, si è attribuita la proprietà di
favorire il concepimento. I suoi rami fioriti messi
dentro un vaso in una stanza porterebbero l'armonia e la
pace famigliare.
Può avere anche un significato più nefasto:
Nell'isola di Creta è simbolo di lutto. Boccaccio nel
Decameron racconta La storia della giovane Lisabetta
staccò la testa dell’amato ucciso dai fratelli e di
nascosto la portò in casa e la mise in un vaso di
basilico che annaffiava con le sue lacrime e così
cresceva rigogliosa.
torna su
La
Bella di notte
(Mirabilis jalapa)
simboleggia la timidezza
per la sua caratteristica di fiore notturno che si
nasconde durante le ore diurne dallo sguardo dei
passanti.
La
borragine
significa contentezza, serenità, allegria e forza.
Plinio sosteneva che era il Nepente che Omero cita nel
libro IV dell'Odissea e che mescolata al vino dava
allegria e oblio. Anche gli antichi Celti erano soliti
bere il vino con la borragine perchè dicevano che desse
coraggio prima della battaglia.
Secondo un'antica leggenda greca, dal seno della dea
Era, la divinità del matrimonio, fuoriuscirono alcune
gocce di latte; alcune caddero sulla terra e da esse
nacque la prima
calla;
altre furono spruzzate verso l'alto; finirono in cielo,
dove formarono la Via Lattea.
Secondo un'altra leggenda, di origine biblica, la prima
calla è nata dalle lacrime versate da Eva dopo la
cacciata dal giardino dell’Eden. Infine, secondo
un'antica leggenda romana, una dea romana lanciò una
maledizione a questo fiore per la sua
straordinaria bellezza e decise di imbruttirlo inserendo
al centro del fiore uno spadice. Da qui il significato
erotico e fallico della calla.
torna su La
camelia
nel linguaggio dei fiori e delle piante simboleggia la
stima, l’ammirazione e la bellezza perfetta non esibita,
il motivo di tale significato è dovuto alla consistenza
del fiore che non perde i petali, quindi, porta alla
mente delle persone solide che sanno affrontare la vita
e i sacrifici in particolare in nome dell’amore.
Come accade spesso anche per altri fiori, il suo
significato può cambiare a seconda del colore, quindi
nello specifico la camelia di colore bianco è
quella che simboleggia i sentimenti di stima,
gratitudine e ammirazione, la camelia rosa
simboleggia il desiderio di avere la persona a cui la
si regala più vicina e la camelia rossa
simboleggia l’amore e la speranza.
In Cina è diffusa la credenza popolare secondo la quale
le donne non dovrebbero mai indossare una camelia tra i
capelli: fiorendo molto tempo dopo che la gemma si è
formata, equivarrebbe a dover aspettare a lungo di
rimanere in stato di gravidanza.
sulla nascita delle camelie esistono diverse leggende,
tutte originarie dei paesi orientali. In un antico libro
giapponese si narra che il dio del vento, delle piogge e
degli uragani, Susanowo, era costretto a vivere nel
regno dominato da un malvagio serpente a otto teste.
Ogni anno il serpente pretendeva il sacrificio della più
bella fanciulla del regno ma un giorno Susanowo, decise
di liberare il paese dal mostro e si recò nel regno
dell’oltretomba dove creò una spada all’interno della
quale imprigionò un raggio di sole.
Quando tornò sulla terrà nel suo paese, andò con la sua
spada nei pressi dell’ingresso della grotta del mostro
per attenderlo con calma mentre un lungo corteo
accompagnava la principessa a sacrificarsi per il suo
popolo. All’alba il serpente apparve dalla profondità
della sua grotta, Susanowo, dopo diverse ore di
combattimento ebbe le meglio sul serpente, si avvicinò
alla principessa e chiedendola in sposa appoggiò la
spada insanguinata sull’erba che iniziò a tingersi di
rosso. Da quella macchia apparve un arbusto dalle foglie
lucidissime e dai fiori bianchi con alcuna macchioline
rosse. I fiori vennero chiamati tsubaki ovvero
rose del Giappone e la loro caratteristica era di
non perdere i petali ma di cadere interi dalla pianta.
torna su
La
camomilla
indica la calma e la
pazienza; è una delle erbe officinali più conosciute,
considerata fin dall’antichità per le sue potenti
qualità terapeutiche. Nella mitologia egiziana, il fiore
della camomilla era dedicato a Ra, gran dio del sole, ed
era venerata per le sue grandi capacità medicamentose e
cosmetiche, ma soprattutto perchè capace di sanare la
febbre della malaria. Nel Papiro di Ebers (ca. 1550
a.C.) vi è una vasta documentazione sull’uso della
camomilla da parte degli egizi. Nella tomba di Ramset II
sono state trovate tracce di polline di camomilla
probabilmente messe li per dare al faraone la forza e la
calma per affrontare il viaggio verso l'altra vita.
Gli antichi Greci la consideravano una panacea, e pare
che fu per la sua inconfondibile fragranza simile al
profumo rilasciato delle mele mature, che alla pianta
venne poi assegnato il nome camomilla, poichè
nell’etimologia greca la parola “khamaìmelon” significa
mela di terra o piccola mela, da cui la derivazione
latina “chamomilla”. Secondo i medici greci Ippocatre e
Dioscoride, la camomilla serviva a lenire i dolori del
parto e a regolare il ciclo mestruale.
torna su
Le
canne
sono legate al dio Pan che pare fosse figlio di Zeus e
di Callisto o di Ermes e della ninfa Driope (o Penelope)
che, comunque, subito dopo averlo messo al mondo, lo
abbandonarono tanto era a sua bruttezza. Pan era più
simile a un animale che a un uomo in quanto il corpo era
coperto da ispido pelo; dalla bocca spuntavano delle
zanne ingiallite; il mento era ricoperto da una folta
barba; in fronte aveva due corna e al posto dei piedi
aveva due zoccoli caprini.
Ermes, impietosi da questo bambino decise di portarlo
nell'Olimpo dove, nonostante il suo aspetto, fu accolto
con benevolenza. infatti aveva un carattere gioviale e
cortese e tutti gli dei si rallegravano alla sua
presenza, in particolare divenne uno dei compagni
prediletti di Dionisio e insieme facevano scorribande
attraverso i boschi rallegrandosi della reciproca
compagnia.
Pan era fondamentalmente un dio silvestre che amava la
natura, amava ridere e giocare. Amò e sedusse molte
donne tra le quali la ninfa Eco e Piti, la dea Artemide
e Siringa, figlia della divinità fluviale Ladone, della
quale si innamorò perdutamente. La fanciulla quando lo
vide fuggì inorridita, terrorizzata dal suo aspetto
caprino. Corse e corse Siringa inseguita da Pan e resasi
conto che non poteva sfuggirgli iniziò a pregare il
proprio padre perchè le mutasse l'aspetto in modo che
Pan non potesse riconoscerla. Ladone, straziato dalle
preghiere della figlia, la trasformò in una canna nei
pressi di una grande palude.
Pan, invano cercò di afferrarla ma la trasformazione
avvenne sotto i suoi occhi. Afflitto, abbracciò le canne
ma più nulla poteva fare per Siringa. A quel punto
recise la canna, la tagliò in tanti pezzetti di
lunghezza diversa e li legò assieme. Fabbricò così uno
strumento musicale al quale diede il nome di "siringa"
(che ai posteri è anche noto come il "flauto di pan")
per averla sempre vicino.
torna su
Il
capelvenere,
che è una felce, ha rappresentato il simbolo della
modestia e della discrezione ma anche del segreto.
Il
cardo
mariano è stata da sempre considerata una pianta solare
quindi con significato positivo. Permette di capire se
una persona ci ama ma non ha il coraggio di dirlo:
bisogna raccogliere un cardo mariano in piena fioritura
in occasione della Festa di San Giovanni e dopo averlo
bruciacchiato, bisogna esporlo durante la notte della
vigilia dentro un bicchiere d'acqua: se il colore del
cardo si ravviva, vuol dire che l'amore esiste.
Apuleio nel suo "De virtutibus herbarium" scrisse:
"Quando la luna sarà in capricorno col sole nuovo prendi
l'erba detta
Cardum sylvaticum e fino
a quando la porterai con te non ti capiterà nulla di
male".
Il
ciclamino
ha significati positivi e negativi. Plinio il vecchio lo
considerava un amuleto sosteneva che se una persona lo
piantava, non potevano più nuocergli i filtri malefici
fatti contro di lei. Un altro significato è che agisca
su tutta la personalità e crei intorno ad essa un vero e
proprio centro di gravitazione, accrescendo quindi il
proprio prestigio personale. I significati negativi sono
dovuto al fatto che i suoi tuberi sono velenosi per
l'uomo ma non per i maiali che al contrario ne sono
ghiotti e ai quali non arreca alcun danno, è considerato
simbolo della diffidenza.
torna su
Il simbolismo delle
cipolle
non è positivo Nell'esegesi biblica identificava il
dolore prodotto dal peccato (irritante per gli occhi) e
la falsità e doppiezza essendo una pianta formata da
diversi strati sovrapposti. Gli egizi la tenevano in
grande considerazione, rappresentandola nei geroglifici
e nelle tombe dei faraoni, col significato divino di
lasciapassare per l'oltretomba. I greci la associavano
al dio Ares, somministrandola alle truppe per
accrescerne il valore nei combattimenti.
Nel Medioevo era diventata il cibo dei poveri, "pane e
cipolla" era diventata un simbolo di povertà e miseria.
Il
cipresso
ha avuto fin dall'antichità un
significato sacro, legato ai riti funebri ed alla morte.
Il nome, infatti, deriva dalla triste leggenda del
giovane Ciparisso, che per sbaglio uccise un cerbiatto
che aveva allevato amorosamente. Per il dolore si tolse
la vita e Apollo, commosso per la triste fine di
Ciparisso, lo trasformò nell'albero che oggi tutti
conosciamo,
diventato da allora il simbolo del lutto e dell’accesso
all’eternità.
I greci non mancavano mai di piantare un cipresso in
prossimità dei templi e lo sradicamento di questa pianta
era considerato un atto di profanazione al dio al quale
il tempio era dedicato.
Nella tradizione cristiana è diventato simbolo
dell’immortalità, come emblema della vita eterna dopo la
morte, infatti lo si trova nei cimiteri. Per la sua
verticalità assoluta, l’erigersi verso l’alto, il
cipresso indica l’anima che si avvia verso il regno
celeste.
I celti avevano un segno zodiacale dedicato al cipresso,
considerato simbolo di longevità: si pensava che i nati
sotto questo segno potessero invecchiare più lentamente
e senza sofferenze.
torna su
Una leggenda dei fratelli Grimm narra di un carro che
trasportava un pesante carico di vino e che si era
impantanato; e il carrettiere, poveretto, pur
sforzandosi al massimo, non riusciva a liberarlo.
Proprio in quel momento passava la Madonna che,
assetata, approfittò di quella sosta forzata per
chiedere ristoro alla sua sete. “In cambio”, disse, “ti
libererò il carro”.
“Volentieri” rispose il carrettiere “ma non ho un
bicchiere”. Allora la Madonna colse,
da una pianta di
Convolvolo un fiorellino
bianco striato di rosso che somigliava a una tazzina, e
glielo porse. Egli lo riempì di vino che la Madonna
bevve, e subito dopo il carro fu libero dal fango. Da
quel momento il fiorellino si è chiamato “Tazzetta della
Madonna”.
I fiori bianchi del
corbezzolo
rappresentano l'ospitalità. E’usato come esclamazione di
meraviglia e stupore.
L'edera
era uno dei simboli di Dionisio leggende racconta che
l'edera comparve subito dopo la nascita del dio per
proteggerlo dal fuoco che bruciava il corpo della madre
in seguito ad un fulmine lanciato da Zeus.
l'altra pianta sacra al dio Dioniso è la vite, da
questo probabilmente è derivata l'usanza di appendere o
rappresentare le osterie con un tralcio di edera a
rappresentare l'innocenza e la non dannosità del vino.
L'edera rappresenta anche la passione che spinge gli
amati ad avvolgersi l'uno all'altra come fa l'edera sui
tronchi degli alberi. nei paesi dell'Europa centrale e
meridionale, si usa nel periodo natalizio assieme
all'agrifoglio per adornare l'uscio delle case ed i
camini per tenere lontani i folletti che durante tale
periodo amavano fare scherzi.
L'edera non è in grado di sostenersi da sola e la sua
vita dipende dagli alberi ai quali si aggrappa ed ai
muri sui quali si arrampica, ma una volta che si attacca
nulla riuscirà a strapparla via da qui il suo
significato di fedeltà, amore ed amicizia costanti.
Regalarne una piantina significa attaccamento verso la
persona alla quale viene offerta.
Il nome Cyanus segetum
per il
Fiordaliso,
fu proposto dal botanico inglese
John Hill
(1716-1775). Linneo usò il binomio
Centaurea cyanus, riferendosi a due episodi
della
mitologia:
Il nome Centaurea, deriva da
Chirone,
un centauro che era molto famoso per il suo animo nobile
e saggio, nonchè per il suo talento nel tiro dell’arco,
nella medicina, nella musica e nella profezia, divenendo
per queste sue doti il maestro di Achille, di Esculapio
e di Ettore. Ferito accidentalmente ad un piede da una
freccia avvelenata tirata da Ercole, Chirone potè
salvarsi solo medicandosi con la pianta del fiordaliso,
le cui proprietà furono scoperte da lui proprio in
quell’occasione. Il secondo narra della dea
Flora,
innamorata di un giovanotto di nome Ciano (Cyanus),
che quando lo ritrovò morto disteso in un campo di
fiordalisi diede a quei fiori il nome del suo amato.
Nelle antiche leggende religiose russe, il fiordaliso è
il fiore di Basilio, un bel giovane che fu sedotto in un
campo di grano da una bella ninfa che poi lo trasformò
proprio in un fiordaliso.
Si narra che Guglielmo
I, re di Prussia, primo imperatore della Germania
moderna (22
marzo
1797
–
9 marzo
1888),
in fuga da una battaglia contro Napoleone, vide la madre
in un campo di grano intenta a intrecciare dei fiori di
fiordaliso in mazzetti allo scopo di rasserenare i
bambini che si trovavano con lei: per questo motivo, una
volta ritornato sul trono, nello stemma araldico collocò
il fiordaliso.
Il nome comune deriva dal francese “fleur de lis”,
ovvero “fiore di giglio”.
torna su
La
gardenia
dura fiorita solo pochi giorni, ha
ispirato il simbolo della fugacità della bellezza. Negli anni venti veniva associata la figura del
"viveur, uomo mondano dedito ai piaceri e al
divertimento" che la portava sempre all'occhiello, resa
immortale da Domenico Modugno con la
canzone "Vecchio frac":
(...)
Ha un cilindro per cappello,
due diamanti per gemelli,
un bastone di cristallo,
la gardenia nell'occhiello e sul candido gilet,
un papillon, un papillon
di seta blu
(...)
Il
gelsomino
è una pianta conosciuta fin dai tempi più antichi
soprattutto nei paesi asiatici e per la tradizione
araba è una pianta che simboleggia l'Amore divino. La
specie più conosciuta in occidente è lo Jasminum
officinale che è caratterizzata da un fiore a cinque
petali. Questo aspetto è molto importante perchè sia
nella tradizione occidentale che in quella orientale il
numero cinque rappresenta Grande Madre che ha assunto i
nomi di Afrodite per i greci, Ishtar per i babilonesi,
tanto che in Asia minore si portava al collo come
amuleto un pentacolo perchè si pensava che Grande Madre
in questo modo proteggesse dagli spiriti cattivi. Assume
significato diverso a seconda del colore: un gelsomino
bianco sta a significare amabilità; uno giallo
felicità; uno rosso significa invece che si desidera
la persona alla quale si dona.
Il
geranio
ha diversi significati: il
geranio rosso fiamma vuol dire "ti
preferisco" il
geranio rosso cupo significa malinconia; il
geranio rosa esprime preferenza per una
persona; il
geranio edera sta a significare propensione
per i rapporti stabili; il
geranio di Boemia indica
valore; il
Pelargonium triste rappresenta la tristezza.
Giacinto era
un bellissimo giovane, figlio di Diomede, che amava
molto Apollo. Zefiro, invidioso della sua preferenza per
il dio, mentre i due gareggiavano nel lancio del disco,
deviò la traiettoria del disco, che colpì il giovane,
uccidendolo. Dal suo sangue sgorgò il fiore del
giacinto.
Il
giglio
è
considerato
simbolo di fecondità, purezza, candore, innocenza e
verginità. Per queste sue caratteristiche l'iconografia
cristiana ha sempre associato questo fiore, tipicamente
bianco, alla figura della Vergine Maria. San Giuseppe
viene spesso rappresentato con un bastone dal quale
germogliano gigli bianchi.
Gli antichi Greci lo chiamavano il 'fiore dei fiori',
per la sua fragranza inebriante, i colori magnetici e le
geometrie perfette. Essi pensavano si fosse originato da
una goccia di latte caduta dal seno di Giunone mentre
allattava il piccolo Eracle.
Venere,
gelosa del candore di questo fiore, fece cadere nel suo
calice lunghi stami gialli, il cui polline macchia le
dita di chi lo coglie.
Il giglio è anche considerato segno di nobiltà d’animo e
fierezza, per cui è un segno araldico diffusissimo,
presente negli stemmi di tantissime casate nobiliari.
La città di Firenze ha ancora come simbolo un giglio
stilizzato, anche se molto probabilmente la pianta
rappresentata è un iris, molto diffusa nelle colline
circostanti alla città medicea.
torna su
Il
ginepro
era considerato in grado di proteggere sia dalle
malattie che dagli spiriti maligni questo grazie ai suoi
rami spinosi. In molti paesi c'era l'abitudine di
piantare il ginepro vicino alla casa.
Nel pistoiese c'era l'abitudine di appendere sulla porta
di casa un ramo di ginepro perchè si credeva che le
streghe, alla sua vista, non potevano resistere dal
contare i suoi aghi, ma siccome erano tanti, perdevano
il conto e così spazientite se ne andavano.
Questa pianta ha ispirato tante leggende ed è stato
attribuito al ginepro il privilegio di aver protetto la
fuga della Sacra Famiglia inseguita dai soldati di Erode
e Maria riconoscente l'avrebbe benedetta predicendogli
che avrebbe avuto l'onore di fornire il legno per croce
di Cristo.
Il
Girasole
(Helianthus annuus)
Helianthus deriva da
due parole greche ”helios” (sole) e ”anthos”
(fiore) famiglia delle Asteraceae È un fiore che ha
origini antiche: nell’America settentrionale sono stati
trovati resti di questo fiore che risalgono a tremila
anni prima di Cristo. Gli Incas consideravano il
girasole l'immagine del loro dio del sole. Gli Indiani
d’America lo consideravano una pianta sacra in quanto
consentiva all’uomo di farne molteplici usi.
Ovidio nelle
Metamorfosi, narra che Venere per vendicarsi di Apollo
che l’aveva scoperta con Marte, lo fa innamorare di una
mortale, Leucotoe figlia del re di Babilonia Òrcamo e di
Eurinome. Apollo, per riuscire ad averla, si trasformò
nella madre di lei e, entrato nella stanza dove stava
tessendo con le ancelle e riuscì a rimanere solo con la
fanciulla e a sedurla. Clizia, una delle ninfe oceanine,
innamorata di Apollo, per vendicarsi, rivelò il segreto
al padre della giovane, che la punì seppellendola viva.
Apollo, nel tentativo di riportarla in vita, fece
nascere una pianta d’incenso sul luogo della sua
sepoltura.
Apollo, però, perduta
l’amata Leucòtoe, non volle più vedere Clizia, la quale,
perciò, cominciò a deperire, rifiutando di nutrirsi e
bevendo solamente la brina e le sue lacrime. La ninfa
trascorse il resto dei suoi giorni seduta a terra ad
osservare il dio che conduceva il carro del Sole in
cielo senza rivolgerle neppure uno sguardo, finché,
consumata dall’amore, si trasformò in un fiore, che
cambia inclinazione durante il giorno secondo lo
spostamento dell’astro nel cielo, e perciò è detto
girasole.
Il girasole fu
apprezzato dal Re Luigi XIV, il Re Sole e durante l’età
vittoriana, in Gran Bretagna, venne disegnato su stoffe,
inciso nel legno, forgiato nei metalli; Oscar Wilde
volle il girasole come simbolo del movimento estetico
che lui stesso aveva fondato. In Italia, poeti come
Eugenio Montale e Gabriele D’Annunzio hanno elogiato il
girasole nei propri versi. Nelle opere di Van Gogh la
presenza del fiore è ricorrente.
Nella prima metà
dell'800, in Russia fu messo a punto un metodo per
l'estrazione alimentare dell'olio.
Iberis
sempervirens
Per la sua capacità di fiorire anche nei
mesi freddi, è considerato un simbolo di coraggio e
vigore morale.
l'ibisco
per la bellezza del suo fiore sorretto da degli steli
molto esili e per la sua breve durata è stato da sempre
considerato il simbolo della bellezza fugace.
Nell’ottocento donare un fiore di Ibisco alla persona
amata significava dire "tu sei bella" però se si donava
un ibisco a fiore bianco doppio le si diceva "tu sei
leale" mentre se si donava un Ibisco rosso sangue voleva
dire "mi hai ferito nel più profondo del cuore.
torna su
I popoli antichi si avvicinavano alla
lavanda
con grande cautela perché si riteneva che all'interno
dei suoi cespugli vi facessero il nido i serpenti,
soprattutto gli aspidi. Da questa credenza è derivato il
suo significato nel linguaggio dei fiori: "diffidenza".
Ha anche due significati distinti e contradditori tra
loro. Il primo si rifà ad un'antica tradizione secondo
cui veniva usata nell'antichità contro i morsi dei
serpenti e raccomandavano di strofinarla sulle ferite
dopo averla lasciata macerare in acqua. Era quindi
considerata un antidoto.
Il secondo significato della Lavanda è legato invece a
sentimenti più miti e regalare della lavanda vorrebbe
dire "il tuo ricordo è la mia unica felicità".
É anche considerata simbolo della purezza, della virtù e
della serenità, capace di attrarre verso il corpo
energie positive.
In Egitto era uno dei componenti di un unguento che si
scioglieva lentamente con il calore del corpo e lo
profumava. Allo stesso modo era incorporata nell'olio
delle lucerne per profumare i luoghi di culto.
Un’antica favola persiana invece racconta un’altra
orgine della lavanda: il re di Persia, aveva promesso in
sposa ad un potente sultano la sua bellissima figlia, in
precedenza affidata ad un giovane e colto tutore dagli
occhi azzurri del quale si innamorò perdutamente,
ricambiata. Un amore quello tra l’insegnante e la
principessa destinato all’infelicità per motivi di Stato
e differenza sociale. Ahura-Mazda, il dio egizio della
Luce, ebbe compassione di questi due giovani amanti, e
così una notte li accolse in cielo fra le sue stelle,
lasciando al loro posto sulla terra una piantina di
lavanda.
Gli antichi greci la usavano nei riti di purificazione
per allontanare ogni tipo di negatività e per favorire
la felicità, l'amore e il raggiungimento della pace
interiore.
Nella mitologia greca la lavanda, detta anche spighetta
di San Giovanni, era dedicata a Ecate, dea lunare assai
misteriosa e protettrice delle maghe e degli indovini.
Nella notte del solstizio estivo, le streghe che
praticavano la magia bianca, quella buona, erano solite
offrire un mazzetto di fiori di lavanda come buon
auspicio. I superstiziosi invece, nella stessa notte,
mettevano le spighette sulle soglie delle porte e delle
finestre per allontanare le fattucchiere dalle cattive
intenzioni e per proteggersi dalle loro maledizioni.
Un'antichissima leggenda narra che il popolo delle Fate
amasse stare tra i
fiori di
lillà
e
solevano piantare un Lillà Dove credevano fosse annidato
il male, per far in modo da purificare il luogo.
Nel linguaggio dei fiori il significato dei Lillà varia
a seconda del colore.
Lillà
Bianco: innocenza, purezza e verginità
Lillà Giallo:
esprime l’essere fra le nuvole.
Lillà Tigre:
orgoglio.
Lillà della Valle:
tenerezza e umiltà.
Lillà Viola:
innamoramento e palpiti d’amore, ma in alcuni luoghi del
mondo, tuttavia, significa rottura del fidanzamento.
torna su
La
maggiorana
ha ispirato il simbolo della bontà e nell'ottocento si
aggiunse anche quello dei piaceri campestri. Le radici
sono molto superficiali e quindi è una pianta che può
essere divelta con estrema facilità, quindi ha anche
evocato il simbolo dell'uomo contemplativo che, pur
essendo radicato nella terra giusto il tanto necessario
è fondamentalmente rivolto verso il cielo, verso le cose
spirituali.
La
malva,
considerando le sue virtù e le proprietà medicinali, nel
linguaggio ottocentesco dei fiori ha simboleggiato
l'amore materno e la calma, ma nel passato, aveva
tutt'altro significato. Plinio tramanda che era
considerata la pianta del desiderio sessuale. Era
infatti considerata un potente afrodisiaco, sia per
l'uomo che per la donna: bastava legarsi tre radici
vicino ai genitali, per aumentare il desiderio sessuale.
Il
mandorlo
fu considerato fin dall'antichità
simbolo di buon auspicio e
fertilità, di nascita e resurrezione: essendo il primo
albero a sbocciare in primavera incarna il rinnovarsi
della natura, dopo la sua morte invernale.
Anche la mandorla come frutto è simbolo divino fin
dall'antichità perchè rappresenta l'essenziale che si
cela sotto le apparenze: rompere il guscio della
mandorla e arrivare al frutto è un operazione difficile,
e simboleggia la fine di un cammino di conoscenza.
Nella Bibbia è citato più volte, e simboleggia la
promessa di salvezza di Dio al suo popolo: il bastone di
Aronne, il prescelto per diventare sacerdote, fiorisce e
ha come frutto una mandorla. Nella tradizione cristiana,
in seguito, sarà accostato alla verginità feconda di
Maria.
In araldica è assunto come simbolo di gioventù e grande
ardire.
La
margherita si dice abbia facoltà
profetiche. Gli innamorati la sfogliano per sapere se il
loro amore è ricambiato. Nel Medioevo, le donne
riconoscevano pubblicamente di essere amate e di riamare
quando concedevano al loro cavaliere il permesso di
ornare il proprio scudo con due margherite. Quando una
donna non era sicura dell’affetto dell’amato si ornava
la fronte con margherite. È il simbolo dell’innocenza,
della semplicità, freschezza e purezza.
torna su
Sono poche le piante che più del
melo sono legate a miti e simbolismi, la
cui universalità testimonia la diffusione e l'importanza
di questo albero presso i popoli antichi.
La mela è il frutto per eccellenza. Con la sua forma
sferica ha suggerito all’uomo la totalità del cielo e
della terra: una specie di simbolo del potere massimo
terrestre e divino insieme.
Nella mitologia scandinava la mela è il cibo degli dei.
Nella tradizione ebraico-cristiana il suo frutto è il
"frutto proibito", simbolo della conoscenza e poi, dopo
essere stato colto dall'albero della conoscenza, della
caduta dell'uomo.
La mitologia greca racconta come Gea, la grande madre
terra, diede un frutto di mela ad Era, sposa di Zeus,
come dono nuziale auspicio di fecondità. Zeus ne
possedeva addirittura un proprio albero personale ed
Ercole, sottoponendosi alle "fatiche", fu costretto a
sottrarre le mele d’oro proprio da quella pianta
presidiata dalle Esperidi.
Una mela donata da Paride ad Afrodite (che promise al
giovane la bella Elena, moglie di Menelao, come sposa)
fu il "pomo della discordia" che scatenò la guerra di
Troia.
Dai tempi più antichi il frutto
del
melograno,
ricco di semi di un accattivante colore rosso, è
considerato simbolo di fertilità ed espressione
dell'esuberanza della vita.
Nell'antica Grecia la pianta era consacrata ad Era,
moglie di Zeus, e ad Afrodite, dea dell'amore. Diversi
miti vedono protagonista il melograno.
Sarebbe proprio questa pianta il dono di Afrodite
all’isola natale di Cipro e da qui deriverebbe la
tradizione, valida per diverse culture, che vede in
questo frutto un simbolo
di fecondità e buon auspicio.
Al melograno è legato anche il mito
di Persefone (Proserpina
nella tradizione latina), la giovane figlia di Demetra e
Zeus rapita da Ade, dio degli inferi, per farne la sua
sposa. Giunta nell’oltretomba le viene offerto del
melograno con l’inganno, senza avvertirla che mangiarne
anche solo qualche chicco avrebbe significato non poter
più fare ritorno dal regno dei morti. Venuta a
conoscenza della sorte della figlia la reazione
disperata di Demetra, dea della fertilità e del
raccolto, non si fa attendere: per gli uomini inizia un
arido inverno di grave carestia. L’intervento di Zeus
consente di raggiungere un compromesso: Persefone dovrà
restare nel regno di Ade per sei mesi ogni anno, ma
potrà lasciarlo per gli altri sei. Da allora l’arrivo
della primavera racconta la gioia di Demetra nel
riabbracciare Persefone.
Le spose
romane solevano intrecciare tra i capelli rami di
melograno, come simbolo di ricchezza e di fertilità.
Molti pittori della tradizione cristiana raffiguravano
Gesù bambino con una melagrana in mano, per alludere al
dono della nuova vita fatto da Cristo. Anche per la
chiesa copta il frutto del melograno è simbolo di
resurrezione. I suoi valori di fecondità e di fertilità
si ritrovano anche nell'Islam ed in tantissime leggende
e tradizioni delle culture mediterranee e mediorientali.
In India si credeva che il frutto del melagrano
combattesse la sterilità, mentre in Turchia le spose
usavano lanciare con forza in terra una melagrana
credendo di avere tanti figli quanti erano i chicchi
usciti dal frutto spaccato. In Dalmazia la leggenda
impone al novello sposo di trasferire una piantina di
melograno dal giardino del suocero al proprio.
La
menta,
in considerazione del fatto che è una pianta molto
rustica, non particolarmente esigente, rappresenta la
sobrietà e la temperanza e grazie al suo profumo e alle
proprietà terapeutiche anche saggezza. Essendo una
pianta che ricresce e fiorisce anche nelle condizioni
più avverse, viene considerata rappresentativa di tutte
le virtù che, se vere, non muoiono mai. Indica l'amore
perfetto che rimane saldo anche di fronte alle
avversità.
secondo la mitologia greca Menta o Mintha era una ninfa
amata da Ade, dio degli inferi. Persefone, moglie di Ade
per gelosia la trasformò in un'erba, ma la stessa
Persefone le diede l'aroma che le è tipico per
ricompensare la ninfa della trasformazione alle quale
l'aveva assoggettata.
Anche nell'Antico testamento viene citata come
essenza utilizzata per profumare le mense ed elevare lo
spirito.
I cinesi la utilizzavano per le sue proprietà calmanti e
antispasmodiche. Ippocrate la considerava afrodisiaca
mentre Plinio ne vantava le proprietà analgesiche.
torna su
Secondo la leggenda, la menta prende
il nome dalla ninfa Myntha, amata da Plutone, che venne
trasformata in pianta da Proserpina per sfuggire alle
attenzioni del dio. Molto conosciuta già dal tempo degli
egizi e dei Romani, veniva usata come pianta medicinale.
Nell'antica Grecia era simbolo dell'amore ed era
dedicata ad Afrodite, di conseguenza era anche
considerata afrodisiaca e la si assumeva prima di un
incontro amoroso. Era anche dedicata al dio della guerra
Ares e se ne bruciavano mazzetti sulle pire funebri dei
soldati caduti in battaglia.
I romani la consideravano rilassante e sedativa, tanto
che, secondo Seneca, i soldati non dovevano mangiarla
perchè gli avrebbe tolto vigore e forze.
Gli antichi greci avevano associato il
mirto
all'universo femminile, rendendo la pianta sacra alla
dea Afrodite,
Ovidio
narra che la dea nacque nuda dalle acque di Citara
(Ischia) e per coprirsi usò le piante di mirto.
I greci il mirto era legato a Myrsìne, giovane fanciulla
dell’Attica (regione storica della Grecia), che dopo
aver battuto un suo coetaneo in una gara ginnica, fu
uccisa dallo stesso rivale, il quale non accettò la
sconfitta. La giovane fu trasformata dalla dea Atena in
un arbusto di mirto.
É stato sempre
considerato simbolo di fecondità, tanto che
veniva usato nei banchetti di nozze come augurio di vita
serena e felice.
Una corona di mirto posta sul capo era anche augurio di
buona sorte, in particolare per le persone che si
accingevano ad affrontare un lungo viaggio.
Gli antichi abitanti di Creta ritenevano avesse
proprietà afrodisiache, invitando a raccoglierne un
rametto a tutte le persone in cerca d'amore.
Nell’antica Roma era una delle piante simboliche più
importanti e secondo Tito Livio l’Urbe era nata nel
punto dove era spuntato questo arbusto. Dai romani
antichi era considerato una rappresentazione dell’amore
per eccellenza, sia sacro che profano. Con una corona di
mirto, simbolo dell’unione coniugale, chiamata
"coniugalo" si soleva adornare le spose il giorno delle
nozze. Si credeva che chiunque lo toccasse potesse
essere folgorato da una nuova e duratura passione.
Era anche ritenuto un simbolo di gloria e supremazia,
tanto che le corone di mirto sostituivano a volte quelle
di alloro nell'ornare il capo dei generali vincitori.
Il
narciso
è un fiore dalla potente simbologia. Esistono, infatti, in
diverse culture, miti e leggende che lo vedono protagonista
e metafora di caratteristiche umane, ma anche simbolo di
buoni e cattivi auspici.
Gli antichi romani pensavano che il narciso fosse un fiore
che cresceva nei campi Elisi, simbolo dell'aldilà nella
religione romana, e quindi avevano l'usanza di piantarli
sulle tombe dei propri cari defunti.
I Druidi, i sacerdoti degli antichi Celti, associavano ai
narcisi il simbolo della purezza. A un certo punto però, si
diffuse la leggenda che questi fiori avessero il potere di
assorbire i pensieri negativi e malvagi degli esseri umani e
per questo fossero diventati velenosi (in effetti sono fiori
con una certa tossicità).
Nell'antica cultura ebraica, invece, il narciso è associato
alla bellezza e fertilità della donna, mentre
nell'iconografia cristiana divenne simbolo della rinascita
dopo la morte e associato, quindi, alla Pasqua. In alcune
opere di pittori olandesi, troviamo anche il narciso come
simbolo dell'amore eterno di Dio contro l'amore egoistico
degli uomini.
In Cina il fiore è simbolo di fortuna e prosperità per
l'anno nuovo, poiché la sua fioritura corrisponde proprio al
periodo del Capodanno cinese. Nell'arte del tatuaggio cinese
il narciso rappresenta l'augurio di far emergere il proprio
potenziale interiore e di ottenere riconoscimenti per il
proprio lavoro. Ecco perché regalare narcisi è molto gradito
nel caso di un nuovo lavoro o se si sta cercando di avere
più fortuna nella vita.
Nel Galles il narciso viene chiamato "giglio di quaresima",
poiché lì fiorisce proprio in questo periodo. E' usanza
indossarlo appuntato alla giacca il 1 marzo, giorno di San
Davide e si crede che una sua fioritura precoce porti
un'annata piena di prosperità.
La superstizione intorno a questo fiore ha portato anche a
credere che. se in un campo ci sia solo un bocciolo a
fiorire per primo, questo è segno di sfortuna. Nel Maine,
negli Stati Uniti d'America, si credeva poi che se questo
bocciolo fosse rivolto verso l'osservatore, gli avrebbe
portato sfortuna per il resto dell'anno.
La fama di questo fiore nasce dal mito che l’accompagna che
ha ispirato letterati, pittori musicisti, Nel 1914, Sigmund
Freud pubblica uno saggio sul narcisismo intitolato
Introduzione al narcisismo.
Esistono varie “versioni” del mito di Narciso, la più nota è
quella narrata da Ovidio nelle Metamorfosi. Narciso frutto
dell'amore tra una ninfa e il dio fluviale Cefiso. È un
bambino bellissimo, il cui destino però, profetizzato alla
madre dall'indovino Tiresia, sarà quello di morire non
appena guarderà se stesso. Narciso cresce e la sua bellezza
non fa che aumentare, come del resto la sua vanità e un
incondizionato amore di sé che lo porta a rifiutare i
sentimenti di chiunque si innamori di lui.
Di lui si innamora anche Eco, una ninfa dei boschi
condannata da Era a restare muta a causa della sua
precedente parlantina. Eco era colpevole, secondo Era, del
fatto di distrarla con le sue eccessive chiacchiere mentre
il marito Zeus si intratteneva con le sue amanti. La
condanna così a restare muta e ad avere la facoltà di
ripetere soltanto le ultime parole ascoltate da qualcun
altro.
Eco incontra Narciso mentre questi era a caccia di cervi nel
bosco. Se ne innamora all'istante e lo abbraccia. Narciso
alla vista di questa ninfa che si offriva a lui fuggi
inorridito tanto che la povera Eco avvilita e vergognandosi,
scappò via dolente. Si nascose nel folto del bosco e
cominciò a vivere in solitudine con un solo pensiero nella
mente: la sua passione per Narciso e questo pensiero era
ogni giorno sempre più struggente che si dimenticò anche di
vivere e il suo corpo deperì rapidamente fino a scomparire e
a lasciare di lei solo la voce. Narciso fuggì fino a
raggiungere uno specchio d'acqua. Si sedette sulla sponda e
nel gesto di raccogliere l'acqua tra le mani per berla e
lavare il viso, vide per la prima volta nella sua vita la
sua immagine riflessa, si innamorò perdutamente del bel
ragazzo che stava fissando, senza rendersi conto che fosse
lui stesso e cerca di baciarlo, ma non vi riesce. Rimase a
lungo Narciso presso la fonte cercando di afferrare quel
riflesso senza accorgersi che i giorni scorrevano
inesorabili, dimenticandosi di mangiare e di bere sostenuto
solo dal pensiero che quel malefico sortilegio che faceva si
che quell'immagine gli sfuggisse, sparisse per sempre. Alla
fine Narciso si lasciò morire struggendosi inutilmente; si
compiva così la profezia di Tiresia. Quando le Naiadi e le
Driadi vollero prendere il suo corpo per collocarlo sul rogo
funebre, trovarono al suo posto un fiore cui fu dato il suo
nome.
Si narra che Narciso, quando attraversò lo Stige, il fiume
dei morti, per entrare nell'Oltretomba, si affacciò sulle
acque limacciose del fiume, sperando di poter ammirare
ancora una volta il suo riflesso.
La versione di Partenio. che precede quella di Ovidio di
almeno cinquant'anni, ha un inizio simile, ma prosegue con
Narciso che aveva molti innamorati e che lui costantemente
respingeva fino a farli desistere. Solo un giovane ragazzo,
Aminia, non si dava per vinto, tanto che Narciso gli donò
una spada perché si uccidesse. Aminia, obbedendo al volere
di Narciso, si trafisse l'addome davanti alla sua casa,
avendo prima invocato gli dei per ottenere una giusta
vendetta.
La vendetta si compì quando Narciso, contemplando in una
fonte la sua bellezza, restò incantato dalla sua immagine
riflessa, innamorandosi perdutamente di se stesso. Preso
dalla disperazione e sopraffatto dal pentimento, Narciso
prese la spada che aveva donato ad Aminia e si uccise
trafiggendosi il petto. Dalla terra sulla quale fu versato
il suo sangue, si dice che spuntò per la prima volta
l'omonimo fiore.
Un’altra versione tramanda che Narciso, quando scaccia Eco,
fugge verso uno specchio d'acqua e a quel punto si realizza
l'antica profezia: Narciso ha visto se stesso e
nell'impossibilità di realizzare l'estremo desiderio d'amore
verso di sè, si trafigge con una spada e muore. Là dove
cadde il suo sangue nacque un fiore, che da allora porterà
il suo nome.
C’è anche una versione del finale nella quale Narciso, non
essendo affatto addolorato per la triste fine di Eco, che
affranta dal dolore per causa sua, si
rinchiuse in una caverna e della ninfa rimasero solo le ossa
e la voce, continuò la sua vita, allora gli dei intervennero
dei per punire tanta ingratitudine. Così una mattina, per
vedersi meglio, riflesso di un fiume, si sporse di più
finché perse l'equilibrio cadendo nelle acque, che
si rinchiusero per sempre sopra di lui. Il suo corpo fu
trasformato in un fiore di colore giallo dall'intenso
profumo, che prese il nome di Narciso.
Dal mito greco ci giunge quindi la simbologia che lega il
narciso alla bellezza e, soprattutto, all'amore di sé.
L'amore che non permette di guardare all'esterno, che non
lascia sentimenti per gli altri e che, nell'idea di
conoscere, nutrire e ammirare solo il proprio io, è
destinato a morire. Da qui il termine, appunto, di
"narcisista". Narciso rappresenta dunque colui che sa amare
solo se stesso tenendo al di fuori il resto del mondo,
incapace di vedere e di aprirsi all'altro.
I narcisisti possiedono, dunque, un'idea molto alta di sé:
si sentono perfetti e amano cibarsi di fantasie di fama,
successo, denaro, riconoscimenti. Con estrema presunzione
sentono di essere esperti in tutto e di saper fare bene
tutto.
torna su
L'oleandro,
per il fatto che le sue foglie sono disposte a gruppi di
tre, simboleggiava nell'antichità l'armonia
dell'universo. Più tardi però è diventato simbolo
funerario, forse perchè si scoprì che era una pianta
velenosa.
Sia i popoli orientali che quelli
europei hanno sempre considerato l’olivo un simbolo della pace.
Nella storia, il codice
babilonese regolava il commercio dell’olio di oliva e
per secoli a tale attività veniva attribuita
straordinaria importanza. Gli Egizi lo consideravano un
dono degli dei, gli Ebrei lo adoperavano per "ungere" il
loro Re, Fenici e Greci costruivano apposite navi per il
trasporto delle grandi anfore-contenitore. Pare che in
Italia la cultura dell’olivo sia stata introdotta dai
Greci. I Romani si specializzarono nell’immagazzinamento
e distribuzione dell’olio.
I greci antichi
consideravano l’olivo una pianta sacra e la usavano per
fare delle corone con cui cingevano gli atleti vincitori
delle olimpiadi. A quel tempo la pianta non era ancora
l’olivo coltivato ma il suo progenitore selvatico
l’oleastro.
Secondo il mito Per
decisione di Zeus, il possesso della città di Atene e
della regione dell’Attica, verrà aggiudicato al Dio che
fornirà il dono più utile. Poseidone fa sbucare dalla
foresta un meraviglioso cavallo, mentre Atena fa nascere
dalle viscere della terra un nuovo albero: l’olivo. Zeus
giudica vincitrice la dea, sostenendo che il cavallo è
per la guerra mentre l’olivo è per la pace, da quel
momento divenne sacra alla Vergine Atena e di
conseguenza divenne anche simbolo di castità.
Per i Romani era simbolo insigne per uomini illustri.
Per gli Ebrei l'olivo era simbolo della giustizia e
della sapienza.
Nella religione cristiana la pianta d'olivo ricopre
molte simbologie. Nella Bibbia si racconta che calmatosi
il diluvio universale, una colomba portò a Noè un
ramoscello d'olivo per annunciargli che la terra ed il
cielo si erano riconciliati. Da quel momento l’olivo
assunse un duplice significato: diventò il simbolo della
rigenerazione, perché, dopo la distruzione operata dal
diluvio, la terra tornava a fiorire; diventò anche
simbolo di pace perché attestava la fine del castigo e
la riconciliazione di Dio con gli uomini. Ambedue i
simboli sono celebrati nella festa cristiana delle Palme
dove l’olivo sta a rappresentare il Cristo stesso che,
attraverso il suo sacrificio, diventa strumento di
riconciliazione e di pace per tutta l’umanità. In questa
ottica l’olivo diventa una pianta sacra e sacro è anche
l’olio
che viene dal suo frutto, le olive. Infatti
l'olio d'oliva è il Crisma, usato nelle liturgie
cristiane dal Battesimo all'Estrema Unzione, dalla
Cresima alla Consacrazione dei nuovi sacerdoti. La
simbologia dell'olivo si ritrova anche nei Santi
Vangeli: Gesù fu ricevuto calorosamente dalla folla che
agitava foglie di palma e ramoscelli d'olivo; nell'Orto
degli Ulivi egli trascorse le ultime ore prima della
Passione.
Si dice olivo o ulivo?
Consultando l’Accademia della Crusca si
scopre che a livello letterario vengono
indicate indifferentemente la versione con
la o e quella con la u con leggera
prevalenza della o. A livello botanico o
agricolo compare solo la versione olivo e
oliva (rispettando la forma latina della
pianta al femminile) d’altronde parliamo
della pianta
Olea europea che appartiene alla
famiglia delle Oleaceae il cui nome deriva
dal latino olīvum.
Resta sicuramente la
scrittura Ulivo per indicare il
raggruppamento politico che appoggiò il
Governo Prodi e Uliveto contraddistingue una
marca di acque minerali. |
Un ramo di quercia
(simbolo di forza) ed un ramo di olivo (pace) compaiono
intrecciati nel simbolo della Repubblica Italiana
torna su
L'origano
è considerata una pianta che dà conforto, sollievo e
salute. Nello stemma
della facoltà di medicina di Parigi sono raffigurate tre
cicogne che tengono in bocca un ramoscello di origano
perchè un'antica leggenda narra che quando
questo uccello soffriva di stomaco per aver mangiato
cibi nocivi, si curava con l'origano.
Nell'antichità le donne lo coltivavano non solo come
spezia ma anche quando avevano patito una delusione
amorosa per alleviare il dolore; così come si credeva
che se una pianta di origano coltivata sul davanzale si
seccava, voleva dire che ci sarebbero state delle
delusioni d'amore.
L’ortica
ha un significato positivo e propiziatorio in quanto
considerata una pianta solare.
Il
papavero
è stato considerato il simbolo della pigrizia, oblio, di
sonno dei sensi e del cuore, della misantropia e della
mollezza di carattere. Il dio Morfeo veniva
rappresentato con un fascio di papaveri fra le braccia.
E' associato al simbolo del potere "gli alti papaveri
della politica"; si narra che Tarquinio il superbo, uno
dei re di Roma, per far vedere al figlio il metodo
migliore per impossessarsi della città di Gabi fece
buttare giù con un bastone i papaveri più alti del suo
giardino che significava che si dovevano prima
distruggere le più alte cariche, le persone più
importanti ed autorevoli.
Come tutte le conifere il
pino essendo sempreverde simboleggia
l’immortalità. Gli aghi di questa pianta, essendo a
coppie, rappresentano la fertilità e la felicità
coniugale. Ci racconta il poeta Virgilio che erano di
legno di pino le fiaccole per le nozze.
Nelle leggende greche, oltre ad avere il significato di
eternità, appare come albero sacrificale, l’albero del
supplizio iniziatico.
Anche in oriente il pino simboleggia l'immortalità. Per
questo motivo in Giappone si usa il legno di pino per
costruire templi e strumenti legati alle celebrazioni
religiose. Anche in Giappone, come nella Roma antica, il
pino è presente nei riti nuziali: era usanza fino a
pochi anni fa che gli sposi bevessero del tè davanti ad
un alberello di pino, simbolo dell'amore eterno, come
sempreverdi sono i suoi aghi. In Cina il pino fa parte
dell'insieme dei simboli che ricordano la longevità.
Il
prezzemolo
fin dall'antichità era la spezia più usata in cucina e
veniva utilizzata praticamente ovunque, da qui il
significato di essere invadenti.
Le
primule
rappresentano
la prima giovinezza
perchè è il primo fiore che sboccia alla
fine dell'inverno e rappresenta anche un augurio di
buona fortuna dato il fatto che annuncia la
bella stagione.
torna su
La
quercia è da sempre accreditata come il re degli
alberi, con rilevante valenza simbolica e religiosa,
essendo quasi universalmente considerata simbolo di
durata nel tempo, di vita lunga, prosperità, dignità,
maestosità, e soprattutto forza.
Nell'antica Grecia era consacrata a Zeus, il padre degli
dei, e secondo alcune leggende un ramo di quercia
piantato vicino ad una fonte dell'Arcadia serviva ad
evitare i periodi di siccità.
Gli antichi romani la consideravano sacra, inserendola
in un elenco di piante "che recano buoni auspici". Come
i greci anche i romani consideravano la quercia, così
come la vite, sacra a Giove, facendola assurgere simbolo
di virtù, forza, coraggio, dignità e perseveranza.
I Celti non celebravano alcun sacrificio se non nelle
vicinanze di una quercia. Queste ed altre tradizioni
spiegano i sentimenti di stupore e ammirazione che ancor
oggi si provano allorché ci si imbatte in questo
maestoso albero.
Un ramo di quercia
(simbolo di forza) ed un ramo di ulivo (pace) compaiono
intrecciati nel simbolo della Repubblica Italiana
Sin dai tempi più antichi
La
rosa
è stata considerata la "regina
dei fiori", diventando simbolo di eleganza, di bellezza
e di fragilità. É da sempre il fiore più cantato dai
poeti e nominato sia dagli antichi scrittori che dai
libri sacri delle varie religioni.
Nel mondo egiziano le rose erano fiori sacri alla
divinità Iside, poiché rappresentavano l’amore
puro del tutto liberato dall’aspetto carnale; ma è nel
mondo greco-romano che il culto della rosa ha trovato
maggiore sviluppo.
Gli antichi greci la consideravano il fiore di Venere,
della quale cingevano le statue con fiori di mirto e di
rosa. L'isola di Rodi prende il nome da questo fiore ed
era chiamata "l'isola delle rose". Innumerevoli sono le
leggende greche nelle quali è coinvolto questo fiore.
Ghirlande di rose cingevano coloro che partecipavano ai
banchetti in onore di Dionisio il dio del vino, proprio
perché si credeva che tale fiore era in grado di tenere
lontano gli effetti negativi – come ad esempio il mal di
testa – che un abuso di questa bevanda poteva provocare
e si riteneva che aiutasse le persone ubriache a non
rivelare i segreti che sotto l’influsso della ebbrezza
avrebbero potuto esternare. Fu molto probabilmente anche
per questo motivo, che la rosa è poi diventata simbolo
della riservatezza, una rosa era infatti appesa o
raffigurata, nelle sale di consiglio per indicare
riserbo e discrezione. Per questo motivo papa Adriano VI
fece scolpire sui confessionali una rosa a cinque
petali, simbolo del sacro vincolo della segretezza che
ogni sacerdote deve mantenere nei riguardi dei penitenti
che si rivolgono a lui nella confessione, e la locuzione
latina “sub rosa” aveva appunto il significato di
una cosa rivelata in assoluta segretezza e confidenza.
Nell'antica Roma, testimoniate fin dal I secolo d.C.,
prima dell’avvento del Cristianesimo, tra il mese
di Maggio e quello di Luglio, si tenevano delle
festività denominate Rosalie, e la
Pentecoste. La Pasqua e la Pentecoste presero in un
certo senso il posto di queste ricorrenze pagane, così
come avvenne anche per il Natale, per la cui
celebrazione si scelse il 25 Dicembre, giorno nel quale
si celebrava la festività del Sole Invitto.
In occasione della festa di Pentecoste, era costume far
piovere sui fedeli, durante la celebrazione della Santa
Messa, petali di rose, per ricordare che il manifestarsi
dello Spirito Santo sugli apostoli avvenne attraverso la
discesa di lingue di fuoco, simili appunto a petali di
rose.
Agli albori del cristianesimo la rosa era coltivata
perché le sue spine ricordavano la passione di Cristo,
ma pian piano questo fiore è andato sempre più
associandosi al culto della Madonna, il cui cuore è
raffigurato trafitto da spine di rosa. Inoltre la
rosa bianca è sinonimo d’innocenza, di castità e di
purezza e, per traslato, è uno dei modi in cui si
rappresenta la Vergine Maria, Al contrario, la
rosa rossa è il simbolo della carità che, se spinta fino
ai limiti estremi, può anche portare al martirio. Non a
caso, infatti, una leggenda d’ispirazione cristiana
vuole che il suo colore rosso sia stato generato dal
sangue di Cristo sulla Croce.
Come nel mondo cattolico la rosa simboleggia il sangue
di Cristo,
così in quello islamico rappresenta il sangue di
Maometto.
Nella Rosa di
Baghdad il primo cerchio rappresenta la
Legge, il secondo il Cammino, il terzo la Conoscenza e
tutti e tre i cerchi insieme raffigurano la Verità ed il
nome di Allah. Anche in questo caso vi sono
molte analogie simboliche tra le due religioni
monoteiste.
Ci sono caratteristiche positive, e
altre negative. Tra le caratteristiche
positive ricordiamo la maggiore
produttività e la maggiore resistenza
alle malattie e alle aggressioni dei
parassiti. Queste sono caratteristiche
generiche, non presenti tutte
contemporaneamente. - See more at:
http://www.coltivarelorto.it/ART/0022art0003.html#sthash.bsUZxHdE.dpuf
Ci sono caratteristiche positive, e
altre negative. Tra le caratteristiche
positive ricordiamo la maggiore
produttività e la maggiore resistenza
alle malattie e alle aggressioni dei
parassiti. Queste sono caratteristiche
generiche, non presenti tutte
contemporaneamente. - See more at:
http://www.coltivarelorto.it/ART/0022art0003.html#sthash.bsUZxHdE.dpuf
Santa Rosalia, nata probabilmente a
Palermo verso gli inizi del XII secolo, e
morta nei pressi della città nel 1160, fu di
nobile origine, di lei si hanno pochissime
notizie di carattere storico. Dopo un
periodo vissuto nella corte siciliana,
scelse la vita eremitica ritirandosi in una
grotta nei pressi di Palermo.
Tra il 1624 e il 1625, in occasione del
ritrovamento dei resti della Santa presso la
spelonca dove aveva trascorso gran parte
della sua esistenza, cessò l’epidemia di
peste che stava colpendo la città siciliana.
Per questo motivo è patrona di Palermo e
della Sicilia. Il suo culto è diffuso anche
in altre nazioni europee, tra cui la Spagna. |
Oggi si attribuiscono diversi significati alla rosa a
seconda del colore che assume il fiore:
rosa
arancio = fascino; rosa bianca = amore puro e
spirituale; rosa rossa = amore
passionale; rosa color corallo = desiderio; rosa
di Natale = pace, tranquillità;
rosa gialla = un giallo
molto acceso sarà simbolo di gelosia, giallo contornato
di rosso vorrà comunicare amore tenero ed esterno,
mentre un giallo pallido starà a comunicare incertezza
in amore;
rosa muschiata
= bellezza capricciosa, rosa centifoglia= ambasciata
d'amore; rosa rosa = amicizia, affetto; rosa color rosa
scuro = gratitudine; rosa color rosa pallido = gioia;
rosa color pesca = amore segreto; rosa rossa= passione
d'amore.
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I rami di
rosmarino
erano impiegati nell'antichità nei riti propiziatori ed
in quelli funebri (quasi come l'incenso nei giorni
attuali), per le caratteristiche che le venivano
attribuite di allontanare gli spiriti malvagi.
Per gli antichi egizi rappresentava l'immortalità
tanto è vero che se ne metteva una manciata in mano al
defunto per facilitarne il viaggio nell'oltretomba.
Contrariamente a quello che si trova nella rete, Secondo
Ovidio, poeta romano autore delle Metamorfosi, la
prima pianta di incenso e non di rosmarino prese
origine
per volontà di Apollo dal
corpo della principessa persiana Leucothoe, sedotta dal
dio e sepolta viva dal padre per punire la sua
perdita di verginità.
Nell'antica Grecia era consacrato ad Ares, il dio della
guerra: rami di rosmarino venivano posti tra le braccia
dei defunti come simbolo di immortalità dell'anima.
Una leggenda di origini cristiane spiega l’origine del
colore azzurro dei fiori: un arbusto di rosmarino che
aveva sempre avuto i fiori bianchi, offrì riparo alla
Vergine Maria durante la fuga in Egitto, nascondendo lei
e Gesù nel groviglio dei suoi rami. Una volta passato il
pericolo, Maria appese alla pianta il proprio manto,
facendo divenire azzurri i fiori bianchi.
Nel Medioevo il rosmarino veniva usato per scacciare
spiriti maligni e streghe durante i riti esoterici, e
per molto tempo è stato utilizzato come amuleto per
schermarsi dalle forze maligne e dalle malattie.
Il suo profumo,
molto persistente, era equiparato al ricordo, alla
costanza, alla devozione, alla memoria; veniva perciò
usato nei filtri d’amore per incantare il cuore ed
attirare i ricordi amorosi.
Nell’Amleto di Shakespeare il rosmarino simboleggia la
memoria; è anche un simbolo di buon auspicio infatti in
Inghilterra si credeva che portare all'occhiello del
rosmarino favorisse qualunque impresa.
Le origini della
salvia
risalgono alle zone del Mediterraneo e dell’Asia Minore.
Ai fiori della salvia viene attribuito il significato di
salvezza, ispirato evidentemente dalle sue innumerevoli
proprietà medicinali e terapeutiche, note già dagli
antichi i quali la ritenevano in grado di curare ogni
problema di salute, anche il più grave. Da qui il nome,
originato dal termine latino salvus, che significa sano.
Per i Greci e i Romani la salvia
era ritenuta sacra,
governata da Giove che le attribuì capacità purificanti
per il fegato e rigeneranti per il sangue. Per questo
nell’antichità era simbolo di
vita, se ne servivano per curare i morsi dei
serpenti e per rinforzare il corpo e la memoria
Nel Medioevo si riteneva avesse poteri magici come
quello di dare all'uomo la
longevità. Le foglie di
salvia, elaborate secondo un preciso rituale, venivano
utilizzate per difendersi dagli incubi notturni.
Il
tiglio
nasce dalla disperazione di una madre nell’antica
Grecia. La ninfa Filira, figlia di Oceano, s’innamorò
perdutamente del dio Crono. I due vennero sorpresi
insieme a letto dalla moglie di Crono, Rea, che fece
balzare dal letto e fuggire via Crono sotto le mentite
spoglie di uno stallone al galoppo. L’amplesso lasciò in
dono a Filira un figlio che lei aspettò con trepidazione
come consacrazione di quell’unione. Quando il piccolo
venne alla luce, ella quasi impazzì perchè il neonato
era un centauro, ovvero una creatura per metà cavallo e
per metà umano, che divenne poi il famoso Chirone,
insegnante di Achille. Per la vergogna la ninfa chiese
al padre di essere trasformata in un albero, il tiglio.
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Il
timo
da sempre rappresenta la diligenza, l'operosità, l'amore
duraturo. Questo è legato al fatto che il timo è
strettamente legato alla api, dalle quali è
ricercatissimo, come già descritto dal poeta latino
Virgilio nell'Eneide.
Per gli antichi greci il timo era simbolo di vitalità
(da thumos, soffio vitale): essi credevano che la pianta
si fosse originata dalle lacrime di Arianna, emesse a
causa dell'abbandono dell'amato Teseo. Il pianto
'profumato' attrasse però le attenzioni di Dioniso che
la prese subito in sposa.
Il timo era usato nei riti sacrificali per il suo fumo
dalle proprietà ritenute disinfettanti. Le giovani
ragazze ne ponevano un ramoscello sotto al cuscino per
farsi rivelare in sogno l'identità del futuro sposo.
il vero simbolo dell'amore perfetto, quello onesto,
eterno e disinteressato è il
tulipano,
il significato varia a seconda del colore: ROSSO -
dichiarazione d'amore; ROSA – in tutte le diverse
tonalità, esprime amore affettuoso; GIALLO - una volta
rappresentavano l’amore infelice, oggi ha cambiato
significato, dal momento che ricorda il sole: un dono
perfetto per un amore solare, spensierato, e caldo, reso
tale da una persona disinibita e con gioia di vivere.
VIOLETTO: il tulipano della modestia. forse la
dichiarazione di chi non ha la presunzione di promettere
qualcosa di eccessivo? meno incisivo e passionale del
tulipano rosso ma comunque nobile e dolce. Tulipano
screziato: caratterizzato da sfumature di brillanti
colori che rispecchiano la lucentezza degli occhi di chi
riceve questo dono, dolce e aggraziato.
Secondo la più antica leggenda persiana tra tutte quelle
che vedono il tulipano come protagonista, questo nacque
dalle gocce di sangue di un giovane ragazzo suicidatosi
in seguito alla falsa notizia della morte dell’amata.
Anche nella celebre raccolta di fiabe "Le mille e una
notte" il tulipano viene associato all'amore: secondo i
racconti infatti il sultano lasciava cadere un
tulipano rosso ai piedi di una delle
donne dell'harem per indicare loro quale fosse la
prescelta.
Il tulipano è uno dei pochi fiori consigliati anche per
un regalo ad un uomo, grazie ai suoi colori e alla
corolla, entrambi molto decisi, che lo rendono più
adatto ad un pensiero del genere rispetto a molti altri
fiori che, seppur meno romantici, hanno un aspetto più
aggraziato e femminile.
Plinio il vecchio scriveva che il
vischio
era chiamato dai druidi guarisci tutto per le sue
proprietà medicinali a questo si deve il suo significato
che indica obiettivi raggiunti, il superare ogni dolore
e calamità, vittoria. Il vischio ha lo scopo di
assicurare il bel tempo, il raccolto abbondante e la
protezione contro i malefici, per questo si usa
regalarlo ad inizio anno.
La
viola
è stata uno dei fiori più apprezzati da tutti i
popoli e in tutti i tempi, sia per l'aspetto estetico e
per la delicata profumazione.
Gli antichi romani e le popolazioni arabe erano solite
aggiungere alle bevande fiori di viola oppure estratti
della stessa, al fine di rendere più delicata e
gradevole la consumazione.
Molti poeti hanno celebrato e inserito nelle proprie
opere la viola, come uno dei fiori più belli e delicati;
altrettanto ricorrente è la rappresentazione del fiore
in dipinti e decorazioni. Famoso è infine l'utilizzo del
fiore per ottenere profumi ed essenze.
E' da sempre stata considerata come il simbolo del
pudore. Simboleggiava anche la modestia, come suggerisce
l'inclinazione della sua corolla sul davanti.
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Fin
dalla comparsa delle prime civiltà la
vite
ha ricevuto dall’uomo la più grande venerazione, tanto
che le fu dedicato uno specifico protettore divino,
Dionisio per i Greci e Bacco per i Romani. Concepito da
Zeus unitosi segretamente alla mortale Semele,
principessa di Tebe.
La Bibbia stessa testimonia come fu Noè a salvare la
vite ed a impiantarla dopo il diluvio universale.
La sua coltivazione fu importata nella Magna Grecia dai
primi colonizzatori e diffusa in tutta l'Italia
probabilmente ad opera degli Etruschi, come testimoniano
le raffigurazioni di viti nelle loro tombe, mentre
furono poi i Romani a trasferire la coltura della vite a
tutte le popolazioni conquistate e fin dove il clima lo
permetteva.
Era considerata da queste popolazioni simbolo di forza,
di capacità di adattamento e di trasformazione,
rappresentando in seguito pienamente anche lo spirito
del Cristianesimo. In una celebre parabola Gesù stesso
si paragona ad una vite, i cui tralci rappresentano
tutti i suoi discepoli (quindi la Chiesa), che possono
vivere solo attaccati alla pianta e non staccati da
essa.
Il vino è considerato sacro, non solo nella fede
Cristiana (dove rappresenta il sangue di Cristo versato
per la redenzione dell'uomo), ma anche in molte altre
religioni come l'Induismo (considerato sacro da Shiva) e
l'Islam (dove è proibito il suo consumo sulla terra ma
viene concesso nel cielo).
La zucca
per il suo colore giallo simile al sole e alla sua forma
a contenitore (per molto tempo è stata utilizzata come
recipiente) è legata all’acqua ed è diventata
simbolo di fertilità, nascita e
rinnovamento. Da sempre ha stimolato la fantasia
dell’uomo ed è protagonista di molte storie che vanno
dalla mitologia alla favola.
In America centrale è celebre la storia di un uomo
chiamato Iaia, il cui unico figlio morì improvvisamente.
Il padre decise di seppellire il figlio in una grande
zucca, come in una sorta di bara e lo pose ai piedi di
un albero; dopo qualche anno tornò sul posto e, aperta
la zucca, non trovò più i suoi resti ma solo tanta acqua
dove nuotavano pesci d’ogni tipo. Sconvolto da tale
visione ricoprì la zucca e ritornò al villaggio dove la
notizia, passando da l’uno all’altro, arrivò alle
orecchie di quattro uomini che decisero di rubarla,
pensando che dentro vi fosse nascosto un tesoro.
Sorpresi da Iaia medesimo, si spaventarono e nella fuga
fecero cadere la zucca che si spaccò in tanti pezzi. La
leggenda narra che da essa uscirono torrenti d’acqua che
inondarono copiosamente la terra, formando gli oceani e
i mari.
La zucca è protagonista anche nel diluvio universale
nella versione Indocinese: solo un fratello e una
sorella si salvarono dal diluvio, rinchiudendosi in una
zucca. Dai due nacque la nuova umanità, infatti la donna
partorì una zucca e i suoi semi, sparsi per la pianura e
la montagna, diedero origine alle varie razze umane.
Nei poemi epici Ramayana e Mahbharata della religione
induista è narrata la nascita dei figli di Sagara, re di
Ayodhya: il re aveva due mogli, una partorì un figlio e
l’altra partorì una zucca. Dal cielo una voce ammonì
Sagara a non gettare via la zucca e a porre ogni seme
della zucca in una giara piena di burro: da ognuna di
quelle giare (circa sessantamila) uscì un ragazzo
avverando la profezia che voleva per il re la nascita di
una numerosissima stirpe.
Leonardo Da Vinci scrisse: Il salice, la gazza e i
semi della zucca. Un salice, oppresso dai tralci
delle viti e di altre piante che si aggrappavano ai suoi
rami, tirandoli giù e impedendo loro di potere gioire
della vista del cielo e del sole, cerca una pianta che
cresca senza doversi aggrappare ai suoi rami ma anzi che
li possa sostenere. Decide per la zucca; chiede ad una
gazza di procurargli semi di zucca che poi seminerà ai
suoi piedi (ossia radici). In breve tempo la pianta di
zucca occupa tutti i rami del salice, con le sue grandi
foglie gli toglie la luce e i suoi frutti pesanti
prostrano a terra i lunghi rami del salice; così
invocherà l’aiuto del vento affinché con la sua forza
scuota le zucche e le faccia cadere, ma il salice, ormai
vecchio e appesantito, non riuscirà a contrastare il
vento che, dividerà il tronco del salice in due parti.
Il povero salice così capì che era nato per non provare
mai bene.
Anche Jean de La Fontaine (1621-1695), usa la zucca come
protagonista di uno dei suoi apologhi morali, La
ghianda e la zucca. Un giorno un contadino osservava
un’imponente quercia e una pianta di zucca. “Mi pare -
diceva - che il Signore Iddio abbia commesso un grosso
sbaglio. Il frutto della zucca, così grosso e pesante,
dovrebbe essere della quercia, e la piccola ghianda
sarebbe assai appropriata alla pianta della zucca”. Poi
si sdraiò all’ombra della quercia e continuava le sue
riflessioni sulle cose create. Ad un tratto si staccò
una ghianda dall’albero e andò a battere proprio sul
naso del contadino, il quale si alzò irritato ed
esclamò: “Iddio Creatore non ha sbagliato, non sbaglia
mai. Se fosse caduta una zucca, che cosa sarebbe
accaduto al mio povero naso?”.
Ma la zucca più famosa è quella di Charles
Perrault:
"Va in giardino e portami una zucca." Cenerentola subito
andò a cogliere la più bella che le riuscì di trovare, e
la portò alla comare, senza capire come mai quella zucca
l'avrebbe fatta andare al ballo. La comare la vuotò e
quando non fu rimasta che la sola scorza, la percosse
con la sua bacchetta e la zucca fu subito mutata in una
bella carrozza tutta dorata. |