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Le fragole e i frutti di bosco

Fragola Mirtillo gigante Lampone Rovo comune detto Mora

 

La fragola è una pianta erbacea della famiglia delle rosacee. Non sono ben definite le origini della fragola: alcune fonti considerano la fragola originaria del Cile, ma era presente già sulle tavole dell'antica Roma: questo frutto soleva comparire in coincidenza con le feste in onore di Adone, alla morte del quale, come narra la leggenda, Venere pianse copiose lacrime, che, giunte sulla terra, si trasformarono in piccoli cuori rossi: le profumatissime fragole.

 E' un frutto solare, quando non è coltivato in un ambiente chiuso o concimato con prodotti chimici, è un concentrato di proprietà curative: è diuretico, astringente depurativo e tonico; le foglie e le radici guariscono piaghe e riducono le abrasioni, l'infuso è rinfrescante. Le fragole sono anche ricche di enzimi capaci di attivare il metabolismo dei grassi aiutando il corpo a dimagrire con meno fatica, sono anche ricche di fibre che aumentano il senso di sazietà, regolarizzano l'intestino e fanno assorbire meno grassi e meno zuccheri. Contengono xilitolo, una sostanza dolce che previene la formazione della placca dentale e uccide i germi responsabili dell'alitosi; grazie al loro contenuto di acido folico, sono utili per il mantenimento della memoria.

Le fragole che si mangiano sono in realtà ingrossamenti del ricettacolo e i veri frutti hanno l’aspetto di semini sulla superficie.

La riproduzione avviene in genere per via vegetativa per stoloni.

Fragaria vesca (in latino vesca=molle) è la specie alla quale appartengono le piccole fragole dei boschi, sono in genere più tardive.

Fragaria virginiana da questa specie a frutto grosso originarie del Nord America derivano le numerose varietà di fragole da orto coltivate attualmente, ne esistono tantissime varietà (più di seicento!) la gran parte sono ibridi derivati dagli incroci di specie di fragole americane e europee.

Le varietà di fragole maggiormente coltivate e commercializzate appartengono a due gruppi distinti:

Unifere o non rifiorenti: producono il frutto una sola volta l’anno in primavera.

Bifere o rifiorenti: producono i frutti più volte all’anno da aprile/maggio fino a settembre senza mai interrompere la produzione. Le piante sono produttive e resistenti ad alcune malattie (peronospora e oidio) il spore del frutto è dolce, aromatico e profumato.

Le “mie” fragole.

Ho messo a dimora diverse piantine di fragole comperate in epoche differenti, ho sempre cercato di prendere varietà rifiorenti cioè che producano frutti più volte nella stagione utilizzando gli stoloni per ampliare la “piantagione”. Nella foto una piantina fragola qualità Selva che è la varietà rifiorente più famosa.

Tutti i tentativi non hanno prodotto piante che resistessero più di una stagione. Nella primavera 2021 ho provato ad impiantare delle Quattro Stagioni rifiorenti "Dulcinea". Purtroppo non ho ottenuto buoni risultati perchè il 2021 è stato climaticamente pessimo e probabilmente anche il terreno non era adatto, così ho preparato per un nuovo impianto cambiando la terra. Ho "salvato" 4 piantine Dulcinea e ho acquistato 15 piantine di fragola rifiorente Romina e 15 Annabelle mettendole a dimora in settembre. La fragola rifiorente Romina è una nuova varietà selezionata ad Ancona dall’Università Politecnica delle Marche.  I frutti, di forma conica o biconica a maturazione molto precoce e rifiorente, di sapore molto buono, si distingue per un’elevata percezione del dolce, determinata da un buon contenuto di zuccheri e bassa acidità. Ha un’elevata consistenza e conservabilità, ottime caratteristiche nutrizionali, determinate in particolare dall’elevato contenuto di vitamina C e di folati.

La fragola rifiorente Annabelle è di pezzatura grossa, vigorosa, con una produzione costante da maggio in poi, di forma medio tondeggiante, ha sapore dolce e consistenza fragrante e succosa.

Di fatto le piantine si sono mischiate tra loro e non sono più in grado di distinguerle, inoltre ne ho comperato in sostituzione di quelle che continuano a seccare probabilmente perchè non ho ancora trovato il modo di coltivarle nella maniera corretta; il risultato è che ho frutti comunque piacevoli al palato anche se non ne conosco il nome, che però come numero sono inferiori alle aspettative.

Ho anche delle piantine di fragoline tipo di bosco che però si espandono con gli stoloni che sono molto invasive, ma producono frutti piccoli  sono saporite, noiosissime da raccogliere, ma molto indicate per realizzare il fragolino.

Per dare ordine alla coltivazione, le ho sistemato in una scarpata. 

 

Le fragole necessitano un’esposizione in pieno sole (una fonte sostiene in mezzombra) ed un terreno con un Ph ottimale che può variare da 5,5 a 6,5. Ma riescono a crescere anche in altri tipi di terreno purché vi sia un buon drenaggio.

Nelle diverse fasi vegetative: temperatura minima letale -12°C; per l’attività vegetativa: temperatura critica 6°C, temperatura ottimale 10-13°C la notte; 18-22°C il giorno.

Tutte le operazioni di semina e trapianto sulle fragole vanno eseguite in luna crescente. Togliere i primi fiori alle piantine nuove per dar loro la possibilità di crescere in modo più vigoroso, producendo un apparato radicale più forte. Finché la fragola non è abbastanza forte meglio rimuovere anche gli stoloni che tolgono energia alla pianta, in seguito, per creare nuove piante, lasciarne crescere uno per volta, o assorbiranno ogni nutrimento a discapito delle fragole.

Le varietà stolonifere nei mesi da giugno ad agosto emettono i lunghi getti detti stoloni: basta accostarli al terreno per ottenere la radicazione. Un altro metodo utilizzabile è la divisione dei cespi, e questo è consigliabile specialmente per le fragoline di bosco che non emettono stoloni; l’operazione si può fare in autunno: si scava la piantina dal terreno e si divide il cespo di radici in due, poi si ripiantano le metà  ottenendo così due piante.

 

La carenza di azoto nella pianta di fragola si manifesta con una colorazione particolare e non abituale delle foglie: le foglie più piccole si coloreranno di un giallo accesso, mentre quelle più grandi tenderanno ad una colorazione rosso scuro o arancio. Ad essere colpite per prime saranno le foglie più mature e datate, successivamente verranno attaccate anche quelle più giovani. Alla colorazione anomala si accompagna anche un essiccamento progressivo delle foglie, che dai bordi inizieranno a seccarsi anche al centro.

La carenza di potassio si manifesta con la pianta che crescerà meno, produrrà meno fiori e – nei casi peggiori – le foglie inizieranno a colorarsi di rosso, prima solo in corrispondenza dei bordi, poi anche verso il centro. Qualora non si ponga un rimedio adeguato, la fase successiva della malattia provocherà l’essiccazione delle foglie, che tenderanno ad accartocciarsi e a cadere. In questi casi, la pianta si indebolirà anche alla radice. Il potassio è uno degli elementi più importanti per la crescita e per il pieno sviluppo vegetativo delle piante di fragole. È proprio questo, infatti, l’elemento che determina il colore rosso acceso dei frutti, la loro dolcezza e il sapore zuccherino intenso. Proprio per questa ragione, nel periodo che va dalla fioritura alla piena maturazione è consigliabile aumentare le dosi di potassio, in modo da essere certi che la pianta lo assorba completamente. 

La carenza di ferro rappresenta una problematica per la crescita e per il pieno sviluppo. Generalmente, se non riceve una quantità sufficiente di ferro (chiamata anche clorosi ferrica) tenderà prima ad ingiallirsi, partendo dalle foglie più piccole e recenti, e poi a scolorirsi progressivamente, tendendo al bianco, nei casi più avanzati della malattia. Anche se le nervature resteranno sempre di un color verde vivo.

Le fragole sono molto sensibili alla invasione delle erbe spontanee, la maggior parte delle piante smetterà di produrre frutti dopo 4-6 anni quindi quando i frutti iniziano a scarseggiare o mancano del tutto, sostituire le piante. 

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Il mirtillo  Vaccinium myrtillus (mirtillo nero europeo) nasce spontaneo nei boschi nell’arco Alpino fino ai 2000 m, ma anche in Abruzzo. La specie più coltivata, invece, è il Vaccinium corymbosum (mirtillo gigante americano), appartengono alla famiglia delle Ericacee, ne esistono circa 130 varietà.

A differenza di quelli di bosco, il mirtillo gigante americano può essere posto in posizione soleggiata. E' un arbusto vigoroso, che supera i 2-2,5 m di altezza e prospera per oltre 50 anni; mantiene a lungo la produttività, ha un apparato radicale poco profondo ma molto espanso caratterizzato da corti fittoni principali che la pianta usa per accumulare sostanze di riserva e ancorarsi al suolo e di molte radici secondarie di piccole dimensioni che si estendono prevalentemente in larghezza ma superficiali quindi è sensibile alla siccità, ma è pericoloso il ristagno idrico, l'irrigazione deve raggiungere un’ampia porzione di terreno intorno alla pianta; resiste alle basse temperature, sopporta temperature anche di -15 gradi; è autofecondo quindi la pianta porterà frutti anche coltivando un singolo individuo. Tuttavia una coltivazione di più esemplari assicura una miglior impollinazione e sicuramente una maggior produzione di frutti. Il mirtillo è caducifoglia, ossia perde la chioma durante il periodo di riposo vegetativo.

Il terreno deve essere a reazione acida, valori medi di pH 4,5-5. Terreni con un pH troppo basico o molto calcarei possono portare a sintomi di clorosi ferrica cioè un anomalo ingiallimento fogliare generalmente provocato da una carenza di ferro presente nel terreno, o dalla difficoltà della pianta ad assimilarlo, per risolvere questo problema bisogna evitare concimazioni letamiche e bisogna effettuare delle correzioni del terreno, per abbassare il pH (acidificare il terreno) si possono utilizzare i fondi di caffè e i liquidi naturali aggiungendo 1 cucchiaio di aceto ogni litro d’acqua oppure il succo di mezzo limone o di arancia, o pomodoro, anche irrigazione con acqua piovana aiuta. I prodotti acidificanti chimici sono a base di zolfo e il solfato di alluminio.  Ha bisogno di una buona disponibilità di sostanza organica. Può essere utile mischiare al terreno segatura, anzichè letame.

Il mirtillo ha generalmente un apparato radicale superficiale, per cui non è in grado di andare in profondità per assorbire l’acqua, quindi il terreno non deve risultare secco per lunghi periodi. Ha un elevato bisogno idrico nelle fasi vegetative e della maturazione dei frutti, non sempre le precipitazioni naturali sono sufficienti ad assicurare il giusto volume d’acqua, quindi bisogna integrare con l'irrigazione; si può ricorrere ad una pacciamatura vegetale con aghi di pino (aumentando anche l’acidità del substrato) o materiale simile.

Il mirtillo americano è molto adattabile, l’esposizione solare migliore è generalmente la mezz’ombra (quindi circa 4-5 ore di luce solare diretta e il resto in ombra),non necessita di sostegni e può essere lasciato crescere liberamente date le sue non eccessive dimensioni in altezza e soprattutto grazie alla robustezza delle sue ramificazioni.
La potatura si può effettuare da quando perde le foglie fino alla ripresa vegetativa, deve essere leggera perchè la produzione avviene sui rami vecchi per cui serve solo togliere i rami secchi, danneggiati, troppo esili o mal disposti. Deve mirare a favorire la penetrazione della luce solare all'interno della pianta per ottenere la maturazione dei frutti.
 Gli altri interventi di potatura prevedono dei tagli di ritorno sul resto delle ramificazioni cercando di contenere l’espansione della chioma prediligendo lo sviluppo delle ramificazioni principali e per equilibrare il carico produttivo. Può essere utile qualche taglio di "speronatura" per favorire la formazione di una chioma vigorosa. Si devono eliminare i rami laterali che crescono troppo bassi, sotto i 25cm da terra. Sono da evitare potature drastiche perchè inutili e dannose per la pianta.
 Nelle zone montuose, meglio non scegliere varietà precoci perchè le gelate tardive potrebbero danneggiare le gemme e quindi la fruttificazione. Le varietà tardive sono più produttive e i frutti hanno caratteristiche qualitative pregevoli.

Si possono effettuare 3 concimazioni all’anno, la prima, molto importante, va effettuata alla ripresa vegetativa (fine inverno quando le temperature medie tendono a risalire) a base di azoto (N) indispensabile per la crescita, per la fotosintesi e nella composizione degli ormoni che regolano l’accrescimento e fosforo (P) che favorisce lo sviluppo dell’apparato radicale, rende la pianta più resistente alle malattie, migliora qualità e conservabilità dei frutti, la seconda durante l’allegagione (passaggio da fiori a frutti) con concimi ad alto titolo di Potassio (K), è importante per la maturazione delle bacche, migliora la qualità dei semi e dei frutti e basso di Azoto (N), oltre a microelementi, e la terza dopo la fruttificazione con concimi ad alto titolo azotato (N) perché il mirtillo americano concentra gran parte dello sviluppo dopo la fruttificazione, quindi durante il periodo estivo.

Meglio non utilizzare lo stallatico perchè ha un rilascio troppo rapido, meglio la cornunghia o un altro concime biologico, ma sempre a lento rilascio. Altro concime che potrebbe essere usato è lo stallatico pellettato, ma in minima quantità.

Si può ricorrere alla pacciamatura con segatura e/o, meglio, aghi di pino.

I “mie” mirtilli

La mia storia coi mirtilli è molto travagliata, ho provato più volte a metterli, variando anche fornitori e tipo di pianta, cercando di creare un angolo col terreno acido per favorirne la crescita, ma con risultati scadenti: mai avuti frutti e piante in forte sofferenza. Ho parlato con un vivaista e in seguito, con un produttore, mi hanno consigliato di toglierli dalla terra e metterli in vaso perchè il mirtillo ha bisogno di un terreno acido per cui è in un vaso di adeguate dimensioni è più facile mantenere l'acidità del terreno, sfruttando la prerogativa che seccano molto lentamente, ho provveduto a spostarli nei vasi anche se apparivano quasi completamente morti. Il risultato sembrava soddisfacente, ma i vasi si sono riempiti di larve di maggiolino e le piante hanno patito notevolmente, per cui nel settembre 2023, ho rimesse in piena terra le piante superstite. Questo l'elenco dei mirtilli preceduti dalla sigla che ho utilizzato per individuarli:

M1 Nella primavera 2018 ho messo due piantine di mirtilli gigante (Vaccinium corymbosum) comprate alla COOP  della Losiflores: una non ha passato l'inverno 2020/21 l'altra sì, ma non cresce;

M2 nell'autunno 2018 ho comperato ad una manifestazione fieristica a Ovada due giganti Blueberry tardivo e uno medio precoce LifeFruit, è sopravissuto solo il medio precoce;

Nel 2021 ho comperato dal vivaio Veimaro di Cossato-Biella due piante Sweetheart e Elliott:

M3 il mirtillo americano Elliott è seccato, l'ho sostituito, sempre del vivaio Veimaro con un Brigitta Blue comperato e messo a dimora nel 2024, presenta un’ottima vigoria, portamento eretto, molto ramificato, con foglie ovali verde scuro brillante, che diventano rosso brillante, arancione, giallo e viola in autunno. Fiorisce in primavera inoltrata, con piccoli mazzetti di fiori campanulati, di colore bianco, che sbocciano all’ascella delle foglie, seguiti da grappoli di frutti di grandi dimensioni tondeggianti, a maturazione medio tardiva in Giugno – Luglio; produttività elevata. In primavera si può concimare con concimi organici. Per rinnovare la pianta, vanno eliminati i rami danneggiati o troppo vecchi;

M4 il mirtillo americano rifiorente Sweetheart, di recente introduzione nel mercato, presenta caratteristiche uniche, la pianta infatti è rifiorente, il primo raccolto dovrebbe avvenire verso la fine di Maggio/inizio Giugno, mentre il secondo, più modesto, nel mese di settembre. Le bacche sono di pezzatura medio-grande, vengono prodotte in grande abbondanza sulla pianta adulta, ed hanno un sapore molto dolce e succoso;

M5 Nella primavera del 2021 ho acquistato una pianta di gigante americano tardivo da Dessino sementi di Carcare della ditta Floralinq di tre anni;

M6 il 5/6/2022 in una manifestazione fieristica a Ovada da Gregorio Vivai di Trinità ho acquistato il mirtillo siberiano (Lonicera Kamtschatica)  originario della penisola di Kamchatka Krai, nell'estremo oriente siberiano non ha molto a che fare con i veri mirtilli, e viene chiamata così in Italia per via dei suoi piccoli frutti allungati, blu scuro che hanno un gusto delicato che ha note di mirtillo e kiwi, c'è chi dice anche un retrogusto di lampone.

M7 Nel 2020 ho messo a dimora una pianta "ignota" già formata acquistata dal vivaio Pastorino di Albisola Superiore. Nel 2023 sembra seccata.

M8 il 27/1072022 ho comperato, per solo 5,00€, dal Vivaio di Portanuova un mirtillo americano AF13. Già nel 2023 ha cominciato a fruttificare, m poi è seccata repentinamente.

I mirtilli non sono oggetti ad attacchi di parassiti e funghi, raggiungono la maturazione quando le bacche passano dal rosso al blu, la maturazione è completa quando la zona prossima al peduncolo è ben colorata e la bacca si stacca facilmente, la maturazione è a scalare e dura a lungo, producono mediamente 1,5-2,5 Kg di mirtilli per pianta.

Dopo la raccolta i mirtilli possono essere conservati a basse temperature (circa 2-3 gradi) per qualche settimana. In alternativa è possibile conservare i frutti in congelatore dopo averli racchiusi in sacchetti di plastica.

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Lampone e rovo appartengono allo steso genere, quindi sono simili in molti aspetti.

 

Lampone (Rubus idaeus) è un arbusto molto rustico e vigoroso; appartenente alla famiglia delle rosacee è originaria dell’Europa. Gli steli leggermente spinosi si chiamano canne. I fiori riuniti in pannocchie terminali sono verdastri e autofertili. Le piante sopportano bene i freddi invernali e le elevate temperature estive, ma temono la siccità.

I lunghi rami durante il periodo di fruttificazione si appesantiranno, per evitare danni e migliorare anche il raccolto sarà quindi necessario allestire una rete di fili per sostenerli quindi il sistema di allevamento più utilizzato è la controspalliera con 2 fili di ferro, posti l’uno a 100 cm, l’altro a 160 cm dal suolo ancorati a robusti pali, distanziati di 5-6 m su cui “legare” i rami.

Le cultivar si suddividono in: unifere, che fruttificano una volta all’anno (giugno - luglio) sui tralci dell’anno precedente (Glen Lyon, Tulameen) e rifiorenti in grado di fruttificare, oltre che sui tralci di un anno come le unifere, anche a fine estate sui polloni dell’anno (Heritage, Himbo Top, Sugana).

La potatura per le varietà unifere prevede la rimozione dei tralci che hanno prodotto frutti perchè seccano e l’eliminazione dei polloni deboli e dei rami improduttivi. Nel contempo vanno eliminate anche parti secche, danneggiate o colpite da malattie. I tagli vanno fatti a fine inverno e a inizio della primavera, per evitare che i rami trattati subiscano i danni del freddo e del gelo. Conviene pacciamare con materiale organico per impedire gli accumuli di umidità, gli attacchi del gelo e delle erbe infestanti.  

Necessita di Modeste le irrigazioni poiché, la pioggia normalmente apporta la quantità di acqua necessaria alla pianta, solo in prossimità della raccolta o in casi d’importante siccità, è opportuno intervenire. Mai irrigare a pioggia poiché l’acqua sui frutti favorisce la formazione di marciumi (Botrytis cinerea, muffa grigia).

A livello di concimazione la più indicata è quella organica con l'aggiunta di azoto nelle fase i di crescita e necessita anche di potassio e fosforo.

Poche le malattie e i parassiti che possono attaccare la pianta: oltre alla muffa grigia raramente la ruggine, mentre tra i parassiti oltre alla Sesia può creare danno anche l’Antonomo che è un piccolo insetto coriaceo nero, con testa minuta e addome molto pronunciato che rosicchia la base dei peduncoli floreali causando il disseccamento dei fiori.

 

I “mie” lamponi

Nel 2018 ho messo due piantine di lampone rifiorente  Una è sopravissuta rigogliosa e ne ha generato una vicino. Non sono particolarmente soddisfatto perchè non sono molto saporiti, probabilmente il clima non è idoneo a questo tipo d coltivazione o il tipo di irrigazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il lampone che si coglie non è il vero frutto del lampone, bensì l’insieme dei piccoli frutti (drupe) che, aggregati fra loro, costituiscono quello che consideriamo il frutto: quest’insieme di drupe si chiama mora; è  ricco di principi attivi tra cui fragarina, tannini, flavonoidi, antociani, la pectina, sali minerali,(magnesio, potassio, sodio, fosforo e calcio), vitamina C e K, quest’ultima molto importante anche per l’irrobustimento dell’apparato scheletrico e la coagulazione del sangue, e vitamina del gruppo B e acidi organici complessi tra cui l’acido folico, la vitamina B9, sostanza che non viene prodotta dal nostro organismo, ma si assimila solo attraverso il cibo, ed è importantissima nelle donne in stato di gravidanza. Queste sostanze, lavorando in perfetta sinergia, donano al lampone proprietà eccellenti. è ritenuto uno dei migliori rimedi naturali per curare le problematiche legate al ciclo mestruale. In particolare, il lampone svolge un’azione riequilibrante sulla produzione di ormoni femminili. I lamponi contengono acido ossalico se ne sconsiglia l’uso in chi soffre di gotta e patologie a livello renale. Per il suo contenuto di fruttosio, il lampone può essere consumato, senza eccedere, anche da soggetti diabetici.

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Il rovo comune

 (Rubus fruticosus) è una pianta arbustiva caducifoglie della famiglia delle Rosacee originaria dell'Eurasia è comune in Europa e in Asia, introdotta anche in Nord America; in Italia è pianta comune nei boschi umidi, al margine delle foreste, nelle radure e nelle siepi; predilige suoli ricchi di nutrienti, debolmente acidi. I suoi frutti sono chiamati comunemente more.

È un arbusto spinoso che può raggiungere i 2–3 m di altezza, ma può esserlo altrettanto o anche di più in larghezza, a causa dei nuovi lunghissimi getti che annualmente si sviluppano dalle radici.

I fiori sono ermafroditi, biancastri o rosati, riuniti in infiorescenze. La fioritura avviene nel mese di giugno da cui le api ricavano un particolare miele. I frutti sono composti da tante piccole drupe, di colore rosso nelle prime fasi di crescita, nero a maturazione.

Le more sono ricche di vitamina C e vitamina A, sono ricche di acidi grassi Omega 3 (acido alfa-linolenico) e Omega 6 (acido linoleico), e il loro consumo da un piccolo aiuto per la riduzione del colesterolo, sono frutti ricchi di antiossidanti che contrastano i radicali liberi, svolgono una azione protettiva nei confronti dell’apparato circolatorio.

In erboristeria vengono utilizzate comunemente perchè possiede diverse proprietà terapeutiche e curative: le foglie hanno proprietà astringenti e antidiarroiche, le radici espettoranti, mentre i germogli sono depurativi, tonici, diuretici e ottimo rimedio per le emorroidi ed anche i frutti fanno bene poichè sono diuretici, lassativi e vitaminici.

Da queste specie derivano le varietà coltivate, di provenienza americana alcune con tralci spinescenti ed altre prive di spine: Rubus procumbens, R. hispidus, R. trivialis, R. laciniatus e R. ulmifolius.

Si adattano bene al clima, non richiedono particolari attenzioni: alla ripresa vegetativa una concimazione con stallatico e cenere.

Necessitano di un sostegno a spalliera di fili di ferro perchè tendono ad espandersi abbondantemente e interventi di potatura per per togliere i tralci che hanno prodotto, togliendoli dalla base (sono marroni), lasciare 3, 4 rami nuovi (sono rossi) che partono dalle radici e saranno produttivi l'anno seguente, per ogni pianta, togliere i laterali sotto gli 80 cm gli altri accorciarli alla quarta, quinta gemma. Legare i centrali orizzontalmente e ben distanziati accorciarli a 1,5 mt. gli interventi di potatura vanno eseguiti dopo la raccolta e nel periodo di riposo vegetativo, in pratica da settembre a febbraio, evitando però i mesi più freddi. Bisogna cimare per contenerne lo sviluppo.

Le more gradiscono la pacciamatura, che ripara il terreno dal vento e lo tiene umido. Essendo frutti di bosco si tratta di piante abituate a ricevere una copertura di foglie sul terreno a loro adiacente.

Irrigazione. Per fruttificare al meglio il rovo ha bisogno di non disidratarsi, per questo nei periodi caldi e siccitosi è necessario intervenire bagnando con una buona irrigazione. La pianta del rovo sopporta comunque bene la siccità, anche se la mancanza di acqua va a discapito della produzione di frutti, irrigare è utile soprattutto ad avere un raccolto soddisfacente.

 

Le “mie” more.

Nel 2018 ho messo due piantine di more precoci senza spine una è sopravissuta e si è sviluppata rigogliosa e sono riuscito a farla riprodurre utilizzando la tecnica della talea di ceppaia. Ho utilizzato per spalliera una rete di nylon a maglie larghissime, ma no ha retto l'espandersi della pianta, quindi l'ho sostituita con dei sottili fili metallici. Si adattata bene al clima e si espande continuamente quindi necessita di potature autunnali per togliere i tralci che hanno prodotto e effettuare gli altri interventi necessari.

ho avuto parecchi problemi, ne ho messa una nel 2023, ma è subito seccata, poi ho avuto problemi di malattie varie e ho pensato che fossero anche dovute all'irrigazione saltuaria, così nel 2024 ho montato l'irrigazione a goccia e ne ho comperato un'altra, perchè ho difficoltà a farle riprodurre con le talee. I risultati sembrano soddisfacenti ora voglio provare a riprodurle interrando i getti nuovi, visto che i rovi selvatici che mi circondano, usano questa tecnica per diffondersi in modo molto invasivo.  

Allo stato selvatico il rovo è una pianta molto comune nel nostro Paese. Le specie più presenti sono la Rubus ulmifolius e Rubus fruticosus. quando invadono i terreni creano grossi problemi. Il rovo infatti, ha una grandissima capacità di moltiplicarsi. La riproduzione naturale avviene sia con l’aspersione dei semi contenuti nelle more, che per via vegetativa. La pianta è in grado di emettere di continuo nuovi polloni radicali. Inoltre, quando i lunghi sarmenti poggiano sul terreno, nascono nuove radici che attecchiscono facilmente, continuando la propagazione.

 

Tecniche di riproduzione delle varietà coltivate.

Il periodo migliore per moltiplicare le piante sono i mesi estivi, basta prendere un getto ancora attaccato alla pianta, torcendolo, senza però separarlo completamente dalla madre e interrarlo a circa 15 cm di profondità. Il getto interrato deve restare attaccato alla pianta e bisogna innaffiato di frequente. A primavera la parte interrata sarà radicata e si potrà separare, con il trapianto si ottiene una nuova pianta.

In alternativa alla propaggine si può moltiplicare il rovo anche per talea. Basta prendere getti giovani lunghi circa 35/40 cm, tagliarli e metterli in vaso. Anche in questo caso per far radicare il tralcio nella terra serve innaffiare, le piante saranno pronte da trapiantare la primavera successiva. Per ora i risulatati che ho orttenurto sono stati scadenti

Un trucco per tagliare i rovi con il decespugliatore è quello di lavorare il folto cespuglio in senso verticale e non in orizzontale come facciamo solitamente con l’erba. L’asta del decespugliatore dovrebbe lavorare dall’alto verso il basso, cercando di abbassare progressivamente il cespuglio, fino ad arrivare a filo del terreno.

L’apparato radicale dei rovi, per quanto sia esteso, è abbastanza superficiale. Lavorando il terreno e tirando via le radici, progressivamente andremo a indebolire il roveto. Tra l’altro, i rovi di more appena nati sono molto teneri e si possono tirare via facilmente, insieme alla parte sotterranea. In pratica, quando ricrescono, bisogna estirparli, non tagliarli.

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Come scritto, Lampone e rovo appartengono allo steso genere, quindi sono simili anche nel tipo di malattie: si consumano chilometri di filo per decespugliatore per cercare di limitare i rovi, pensavo che metterli nell’orto producessero more senza dover intervenire se non per una regolare potatura invece ho scoperto che esiste una malattia la Antracnosi del lampone e del rovo che può essere causata da vari funghi, tra cui l’Elsinoe veneta: i sintomi della malattia appaiono come piccole macchie viola sulle canne, man mano che le macchie si ingrandiscono, diventano di forma ovale, con centri marrone chiaro infossati e margini violacei scuri. E’ indicato trattare le piante con zolfo quando le piante stanno interrompendo la dormienza; dopo che le gemme fogliari si sono aperte, ma prima che le foglie siano completamente espanse perché può causare danni alle foglie; in seguito si possono fare trattamenti funghicidi ogni 14 giorni.

 

 

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