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 VITE (pergolato o spalliera) (Vitis vinifera) famiglia Vitaceae. Pianta tipicamente eliofila: la radiazione solare è in grado di determinare il grado zuccherino o l'epoca di maturazione dell'uva, mentre la temperatura influenza tutte le fasi fenologiche della pianta.

Le prime testimonianze della pratica della viticoltura giungono dalla Genesi (cap.9) quando Noè, discendente di Adamo ed Eva da solo 10 generazioni, finito il diluvio universale, attraccò a terra, piantò la vite e si ubriacò del suo inebriante vino.

Si racconta sempre nella Bibbia che Satana si presentò a Noè offrendogli il suo aiuto. Noè acconsentì e il diavolo prese un agnello, lo sgozzò e bagnò col sangue la zolla dissodata, quindi disse: “Ciò significa che chi berrà vino con moderazione sarà mite come un agnello”. Poi l’infernale aiutante uccise un leone e ne versò il sangue su un'altra zolla, aggiungendo: "Questo per dimostrare che chi berrà un po' più del necessario si sentirà forte come il re della foresta". Infine ammazzò un maiale, irrorò una terza zolla e concluse: "Chi ne berrà smodatamente, si rotolerà nel brago come un porco".

 Secondo diverse fonti la Vitis vitifera, la specie di vite con cui si fa la maggior parte del vino moderno, si sia sviluppata nella regione transcaucasica che oggi corrisponde all'Armenia e alla Georgia.

I reperti archeologici fanno risalire i primi esperimenti produzione di uva e di produzione di vino nel periodo neolitico (8000 a.C.): in Turchia e Giordania sono stati rinvenuti enormi depositi di vinaccioli che suggeriscono che le uve venissero spremute. Probabilmente, al tempo, il vino si faceva da uve selvatiche.

Le scritture sumeriche risalenti alla prima metà del III millennio a.C. testimoniano che la vite veniva già allora coltivata per produrre vino.

Alcuni geroglifici egiziani risalenti al 2500 a.C. descrivono vari tipi di lavorazione dell’uva: nell'antico Egitto la pratica della vinificazione era talmente consolidata che nel corredo funebre del re Tutankamon (1339 a.C.) erano incluse delle anfore contenenti vino su cui si riportata la zona di provenienza, l'annata e il produttore; qualcuna di esse conteneva del vino invecchiato da parecchi anni. Dall'Egitto la pratica della produzione e della lavorazione di uva si diffuse presso gli Ebrei, gli Arabi e i Greci: questi ultimi addirittura dedicarono al vino una divinità, Dionisio, il Dio della convivialità.

La produzione e lavorazione di uva iniziò dalla Sicilia il suo viaggio verso l' Europa, diffondendosi prima presso i Sabini e poi presso gli Etruschi, i quali furono abili coltivatori e vinificatori ed allargarono la coltivazione dell'uva dalla Campania sino alla pianura Padana. Le prime testimonianze nell'Italia del Nord risalgono al X secolo a.C. (in Emilia). I Greci chiamavano l’Italia Enotria, terra del vino.

Presso gli antichi Romani la lavorazione dell’uva in vino assunse notevole importanza al punto da inserire Bacco nel novero degli Dei e da farsi promotori della diffusione della viticoltura in tutte le province dell'impero.

La nascita del Cristianesimo e il conseguente declino dell'Impero Romano, segnò l'inizio di un periodo buio per l’uva e per il vino, accusato quest’ultimo di portare ebbrezza e piacere effimero; a ciò si aggiunse la diffusione dell'Islamismo nel Mediterraneo, tra l'800 e il 1400 d.C., con la messa al bando della viticoltura in tutti i territori occupati. Per contro furono proprio i monaci di quel periodo, assieme alle comunità ebraiche, a continuare, quasi in maniera clandestina, la viticoltura e la pratica della lavorazione dell’uva per produrre i vini da usare nei riti religiosi. Bisognerà attendere il Rinascimento per ritrovare una letteratura che restituisca al vino il suo ruolo di protagonista della cultura occidentale e che torni a decantarne le qualità.

Gli ultimi secoli sono stati testimoni di uno sviluppo straordinario delle tecniche vitivinicole. Nella zona dello Champagne un monaco benedettino, Dom Perignon, era famoso per il suo perfezionismo quasi maniacale e per il suo straordinario vino. Il suo obiettivo era quello di ottenere un vino perfettamente fermo, ma i suoi sforzi erano frustrati da un clima e da un terreno che facevano inesorabilmente rifermentare il vino nelle bottiglie rendendolo spumeggiante.            torna su

La vite si pianta in autunno con il punto di innesto sopra il livello del terreno, ma rincalzando il piede rialzando terra leggera fino alla parte superiore del punto di innesto, in modo da preservarlo dalle gelate.

Una volta che la pianta è a dimora, occorre darle una forma e in questo contesto diventa importantissima la potatura. Le viti producono gemme vegetative sui rami e fusti verticali, e gemme da frutto sui rami orizzontali. In una giovane vigna risulta importante favorire un giusto equilibrio tra il fusto principale e le ramificazioni laterali, dal 4°anno inizia la potatura di produzione.

La vite è una liana e una pianta acrotona, che predilige cioè il germogliamento delle gemme distali (cioè più lontane rispetto all’inserzione del tralcio sul tronco) rispetto a quelle prossimali. Senza la potatura, quindi, la vegetazione si allontana rapidamente dalla base del tronco, l'intervento di potatura assicurerà ai grappoli una maggiore esposizione ed una migliore aerazione.

La forma di allevamento della vite più conosciuta e praticata in Europa è il Guyot (singolo o doppio). La vite produce prevalentemente sui tralci dell’anno che si sviluppano dalle gemme formatisi sul legno dell’anno precedente; ma produce anche sui succhioni, originatisi sul legno di più di due anni e sulle femminelle sorte da gemme che si sviluppano nello stesso anno della loro formazione inserite sui tralci dell’anno. La potatura prevede l’eliminazione dei tralci che hanno prodotto e la loro sostituzione con due tralci di un anno originatisi alla sommità del ceppo che, dopo un’eventuale cimatura, si legano sui supporti orizzontali; si eliminano gli altri tralci e si lascia qualche sperone di 1-2 gemme alla base dei 2 tralci.

RIASSUMENDO IL METODO GUYOT

La vite genera i grappoli sui rami dell'anno. Si tagliano tutti i tralci vecchi meno quello più vigoroso che viene accorciato lasciando 8 - 9 gemme che produrranno nell'anno (per vinificare si  potano a 3 o 5 gemme). Lasciare anche uno sperone con una, due gemme per l'anno successivo.

Nel caso di allevamenti a pergola o a cordone invece, si tende a mantenere più a lungo gli stessi rami da frutto, che verranno rinnovati nel corso di alcuni anni, e quindi il secondo anno verranno soltanto accorciati. Si mantengono anche in questi casi degli speroni, che vengono potati a circa 3-5 gemme, in modo che ogni anno risulti possibile sostituire il tralcio a frutto dell’anno precedente con uno nuovo e più vigoroso

RIASSUMENDO IL METODO A PERGOLA

Si lasciano tre rami a frutto accorciati a 8 - 9 gemme che produrranno nell'anno, e 1 o 2 tralci di riserva, tagliati corti.

Dal momento che il fusto si allunga un pochino ogni anno, è necessario ogni tanto effettuare i così detti tagli di ritorno, cioè tagli di legno vecchio. Dal fusto della pianta nascono ogni anno, da un particolare tipo di gemme dette latenti, alcuni tralci che di solito sono improduttivi dato ché il fusto è costituito da legno più vecchio di un anno. Questi tralci, detti polloni, normalmente vengono eliminati nelle operazioni primaverili della potatura verde. Quando si decide che sia il momento di effettuare un taglio di ritorno, si lascia uno o più polloni fra quelli nati dal fusto, oltre il punto di innesto. Al momento della successiva potatura questi polloni potranno essere utilizzati per rinnovare uno sperone in un punto più basso, e l’anno successivo si taglierà tutta la parte di pianta al di sopra dello sperone. E’ bene che questi tagli di ritorno non siano maggiori di 10-15 cm, ovvero non asportino troppo legno. torna su

La potatura della vite

La potatura a secco, si può agire nel periodo compreso dalla caduta delle foglie alla ripresa vegetativa. Se effettuasse subito dopo la vendemmia si ridurrebbe dell'accumulo delle sostanze di riserva e si ritarderebbe il germogliamento.

L’intervallo temporale dipende dalla localizzazione geografica e dal tipo di vitigno, ma di solito è compreso tra gli inizi di dicembre e i primi giorni di marzo. Potare la vite in epoca tardiva, quindi poco prima dell’apertura delle gemme, ritarda il germogliamento e dunque protegge la nuova vegetazione.

La potatura verde si effettua durante la stagione vegetativa. Ci sono molti interventi indispensabili.

L’intervento di spollonatura si esegue rimuovendo i germogli (polloni) che all’inizio della stagione vegetativa si formano lungo il ceppo da gemme latenti, possono essere eliminati quando avranno raggiunto una lunghezza di 10-15 cm. Sarà possibile farlo a mano, con facilità, senza usare le forbici.

Con la scacchiatura vengono eliminati i germogli in sovrannumero sui capi a frutto o sugli speroni. Questi germogli possono nascere da gemme poste sul legno vecchio, oppure da quelle lasciate con la potatura invernale, dalle quali si hanno due germogli per nodo. si elimina il germoglio sterile, oppure quello più piccolo e male inserito, mantenendo un solo germoglio per nodo.

La cimatura si pratica eliminando manualmente o meccanicamente la porzione terminale dell’apice vegetativo del germoglio. Si esegue tra fine giugno e inizio luglio, dopo l’allegagione dei grappoli ossia il passaggio da fiore a frutto. Si devono lasciare, in ogni caso, almeno 8-10 foglie al di sopra dell’ultimo grappolo del tralcio.

La sfogliatura è un’altra operazione di potatura verde della vite. Si esegue rimuovendo foglie e femminelle al livello dei grappoli, in modo tale da diminuire la densità della chioma vicino la fascia produttiva. Il grappolo risulta più arieggiato e corre meno rischi di malattie crittogamiche. Si esegue tra il periodo dell’allegagione e quello dell’invaiatura ovvero quando i grappoli cambiano colore. Non bisogna esagerare in questa operazione, per evitare di esporre troppo il grappolo ai raggi diretti del sole, una buona idea è togliere solo le foglie al di sotto del grappolo, così da ombreggiarlo con le foglie superiori.

Ultima operazione di potatura estiva è quella del diradamento dei grappoli. Non è sempre necessaria e si esegue solo qualora ci sia un eccesso di produzione, i grappoli da asportare sono, di solito, quelli troppo vicini all’apice, oppure in ritardo di maturazione. si effettua a ridosso della fase dell’invaiatura. Eseguito in maniera precoce può essere controproducente.

Nella coltura della vite è di fondamentale importanza la concimazione organica periodica. Utile sarebbe quella basata su concimi azotati, potassici e fosfatici.

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 Le viti che ho utilizzato per fare il pergolato sono anche principali uve da tavola:

Italia: ottenuto dal prof. Pirovano nel 1911 incrociando Bicane e Moscato d'Amburgo è tra i principali vitigni da tavola a livello mondiale. In Francia è chiamato Ideal, si raccoglie a inizio settembre. [Piantate 2 il 20/12/2014, sensibile all'oidio].

La Regina Bianca : Si tratta di una uva da tavola, che veniva già coltivata dai popoli antichi: secondo diversi studiosi, una delle prime zone geografiche interessate dalla coltivazione potrebbe essere stata proprio la Siria e, in virtù dei floridi commerci dei Fenici, la sua diffusione coprì l’intera area mediterranea. Con l’avvento degli antichi Romani, si estese all’intero continente europeo.

All’interno della penisola italiana, l’Uva Regina è estremamente diffusa anche con il nome di Reina, Pergolona, Regina di Firenze, Inzolia Imperiale e tanti altri ancora, è arrivata Oltralpe, con la denominazione di Dattier de Beyrouth, mentre in Grecia si può trovare come Rasaki e in Romania come Aleppo, senza dimenticare l’Oceania, in cui viene chiamata Waltam Cross.

l’uva Regina bianca viene allevata seconda la tecnica del tendone oppure a pergola, con la potatura sempre mantenuta lunga. Si tratta di una specie che presenta un elevato grado di produttività, con dei grappoli dalla forma cilindrica dalle elevate dimensioni, con un peso leggero, dal momento che non va oltre i 400 grammi.

L'uva regina bianca si caratterizza per la buccia di medio spessore, resistente e pruinosa, di un colore giallo dorato, la polpa carnosa o croccante, dolce con sapore semplice. I vinaccioli sono 2 e grossi (un pò fastidiosi al palato); l’epoca di maturazione avviene, nella prima settimana del mese di settembre. [l'ho piantata nel 2012], robustissima].

Moscato d’Amburgo: originario dell'Inghilterra dove è chiamato "Black of Alessandria", dove era coltivato in serra, molto buona come sapore ma con caratteristiche commerciali (conservabilità, trasposto) non pienamente soddisfacenti; acino medio-grande, lievemente ellissoidale, con buccia molto pruinosa piuttosto sottile ma resistente, dal colore nero violaceo intenso; polpa abbastanza molle, dolce, succosa dal gradevole sapore moscato, si raccoglie nel mese di settembre [l'ho trovata già piantata].

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel maggio 2021 ho messo anche una pianta di uva fragola. Probabilmente è la vite più comune tra quelle ornamentali, dal sapore inconfondibile, dovrebbe anche essere quella che è meno sensibile agli attacchi dei parassiti.

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Piogge eccessive durante l'estate o l'autunno che la lasciano bagnata a lungo, favorisce muffe e malattie varie con conseguenze dannose. E importante prevenire, perchè una volta che i grappoli sono infestati, non è possibile "curarli"

MALATTIE

La malattia più diffusa e più grave che colpisce la vite è la Peronospera, che è causata da un fungo microscopico che colpisce le foglie, i germogli e i grappoli. Originario dell'America e importato accidentalmente in Francia intorno al 1878, si è poi diffuso in tutta Europa. Gli effetti degli attacchi sono facilmente riconoscibili: inizialmente si manifestano con la formazione di macchie circolari che possono essere osservate sulla parte superiore della foglia se si pone in controluce. successivamente, ma nelle parte inferiore della foglia e se il tempo decorre umido, si può osservare la fuoriuscita di una muffa bianca. Tra l’infezione e la fuoriuscita della muffa bianca passano alcuni giorni, In questo periodo bisogna necessariamente intervenire con un trattamento chimico bisogna usare un prodotto a base di Rame; la poltiglia bordolese è il più tradizionale e antico rimedio alla peronospora della vite. Alta umidità e temperatura hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo della malattia. [Immagini,per fortuna, non mie]

Altra "iattura" per la vite è l'Oidio conosciuto come "mal bianco" [in inglese powdery mildew] causato da funghi della famiglia Erysiphaceae una volta chiamata oidium; la conseguenza è la formazione di un feltro biancastro sulla superficie degli organi della pianta colpita. L'unico trattamento efficace è quello preventivo con lo zolfo, si fa soprattutto nei periodi caldo umidi dal mese di maggio ad inizio di agosto. Tra le piante più sensibili all'oidio ci sono le rose quindi osservarle bene, perchè come compare su di loro, bisogna effettuare una massiccia profilassi preventiva. comunque converrebbe irrorare ogni 15 giorni con macerato di equiseto (avercelo!) da quando spuntano le prime foglie. 

IL VINO

I PRINCIPALI COMPONENTI DELL’UVA SONO:

SEMI 1.5 ÷ 6.0 %

RASPI   2.5 ÷ 7.0%

BUCCE   6.0 ÷ 16.0 %

MOSTO   78.0 ÷ 85.0 %

Nel vino sono presenti centinaia di composti diversi (attualmente sono note non meno di 600 sostanze) ed è interessante notare che le proprietà organolettiche non sono influenzate soltanto dai suoi componenti maggiori, cioè acqua e alcol etilico, ma anche dai componenti minori e persino da quelli presenti in tracce e ultratracce. Per esempio, è sufficiente una concentrazione di poche decine di ng/l di 2,4,6-tricloroanisolo per impartire al vino il classico, sgradevole gusto di tappo

La sostanza di gran lunga più abbondante nel vino è l'acqua (88% in  volume) inoltre si può e si deve trovare, a seguito della naturale fermentazione: alcool etilico, glucosio, acido tartarico, acido malico, acido citrico, glicerina,  acidi gallici – tannini, acido lattico, sino ad arrivare all’acido acetico (poco si spera!) poi pigmenti, tocoferoli, catechine, antiossidanti, come il trans-resveratrolo, e ancora l’anidride carbonica del perlage (le bollicine).

Alcol etilico o etanolo è la sostanza a maggior concentrazione dopo l’acqua, oltre al sapore dolce, è responsabile della morbidezza del vino. È inoltre importantissima la sua capacità di solubilizzare tutti i composti importanti ai fini della costituzione del bouquet, che non sarebbero solubili in un mezzo esclusivamente acquoso. Infine è decisivo dal punto di vista della genuinità, in quanto è possibile riconoscere l’addizione di zucchero non proveniente dall'uva per aumentare il grado alcolico in base alla misura di parametri analitici sull’alcol, si forma dalla fermentazione del glucosio presente nel mosto.

Il vino contiene altri alcoli che possono influenzarne la qualità, in senso positivo o negativo. Tra quelli apprezzabili vi è la glicerina o glicerolo, prodotta come l’etanolo nella fermentazione alcolica; un altro alcol, questa volta meno desiderabile, è l’alcol metilico o metanolo (CH3OH). Pur essendo tossico, il suo contenuto nel vino non costituisce rischio, a meno di quantità aumentate fraudolentemente.

La chimica "non naturale" sul vino può incidere in maniera sostanziale, già in botte, con la selezione del lievito che opera la fermentazione, tutto questo è lecito, ma sarebbe interessante poter leggere in etichetta cosa c’è dentro ad una bottiglia di vino, basta pensare che in Unione Europea è l’unico prodotto alimentare che non ha in etichetta il suo contenuto.

 La qualità migliore nei vini prodotti da viti di 40-50 anni rispetto a piante di 7-8 anni, soprattutto in vitigni a bacca rossa.

Il vino è "prodotto in purezza" quando è realizzato a partire da uve appartenenti ad un’unica tipologia di vitigno; si contrappone a “uvaggio”, che indica quando vengono utilizzati differenti uve per dar vita ad un vino.

Secondo il Reg 822/2001/CE diretto a regolamentare produzione e commercio del vino, si definisce vino “...il prodotto ottenuto esclusivamente dalla fermentazione totale o parziale degli zuccheri contenuti nelle uve fresche pigiate o non, o di mosti di uve, che si trasformano in alcole attraverso la cosiddetta fermentazione alcolica...”

 Dopo la pigiatura il processo fermentativo si avvia in modo piuttosto tumultuoso e procede molto velocemente: la quantità di zuccheri presenti nel mosto è molto alta e i lieviti sono estremamente attivi. l lieviti sono i fautori della fermentazione alcolica, sono microrganismi presenti in grande quantità sulle bucce degli acini. I lieviti (o fermenti) maggiormente rappresentati nel mosto, appartengono al genere Saccharomyces, come quelli che si utilizzano nella panificazione. Dalla formula chimica si deduce che da glucosio o fruttosio si ottengono, per via fermentativa, alcol etilico e anidride carbonica.

 C6H12O6 (glucosio) ——> 2C2H5OH (alcol etilico) + 2CO2 (anidride carbonica)

 In pratica i lieviti si nutrono di zuccheri ed espellono come rifiuti, l'anidride carbonica e l'alcol etilico. una caratteristica fondamentale della fermentazione è che non richiede ossigeno parallelamente all'alcol etilico la fermentazione produce anidride carbonica, la quale è presente nel vino sia sotto forma di bollicine gassose, sia come acido carbonico in soluzione.

I gradi alcolici:

un vino ad 12 gradi contiene 12 cc di etanolo per ogni 100 cc. (100 ml vino 330 ml birra 40 ml superalcolico) il peso specifico dell‘etanolo è 0.79 Un bicchiere di vino (12°, 200 ml) contiene circa 168 kca.

I tannini sono delle sostanze chimiche, appartenenti alla famiglia dei polifenoli, contenute nella buccia e nei vinaccioli (i semi) di un chicco d'uva, chiamato acino. Sono contenuti anche nel raspo, ovvero il rametto che tiene i grappoli attaccati ai vari rami della vite, e nel legno in generale, ma soprattutto nei semi, quindi e meglio non schiacciare troppo i grappoli per evitare che il vino diventi troppo "tannico", l'ideale sarebbe che i tannini coinvolti al momento della pigiatura siano solo quelli delle bucce, che sono più delicati. In un secondo momento potrebbero intervenire anche i tannini presenti nel legno, se decidesse di far invecchiare il vino in una botte o barrique. La loro funzione è quella di conservare il vino e influire sul suo colore insieme agli antonciani, che sono altre sostanze chimiche presenti nella buccia del chicco d'uva. Nello specifico offrono protezione nei confronti delle ossidazioni, stabilizzano il colore, eliminano i composti solforati, hanno effetti sulla vitalità e sullo sviluppo dei batteri, hanno anche  una funzione conservante, per cui un vino rosso con molti tannini ha migliori possibilità migliorare invecchiando. I tannini hanno interessanti proprietà cardioprotettive e aumentano il “colesterolo buono”.

Una loro funzione molto importante a livello gustativo, è quella di dare il senso di "astringenza", ovvero quel senso di secchezza in bocca che ogni tanto si prova bevendo un vino, infatti i tannini agiscono con le proteine presenti nella saliva. La saliva è ricca di mucoproteine, che sono proteine molto grosse che hanno la caratteristica di far scivolare gli oggetti gli uni rispetto agli altri. Il cibo ne viene bagnato per facilitare il suo scorrimento nell’esofago. I tannini posti in bocca con il vino legano le mucoproteine e le tolgono dalla bocca, che si asciuga e le mucose scorrono meno tra loro, asciugando così la bocca e dando, appunto, il senso di astringenza. Non è assolutamente un difetto, ma una caratteristica per vini che si accompagnano bene a cibi succosi o liquidi, come una zuppa o un piatto molto sugoso, in quanto vanno a bilanciare l'azione di questi piatti.

Alla vinificazione segue la svinatura, cioè la separazione del mosto dalle vinacce. Questo link porta all'elenco dei vitigni e dei vini che se ne ricava. http://spazioinwind.libero.it/fisarvenezia/_private/vitigni1.htm

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