tltolo

Principali macroelementi: per le piante sono: azoto, fosforo e potassio, poi: zolfo, calcio e magnesio

Le piante sono l'alimento base della catena alimentare, costituiscono un'enorme riserva di energia prontamente disponibile per tutti gli erbivori e gli insetti fitofagi, che però, nonostante il potenziale distruttivo, non riescono, in natura, a estirpare le piante perchè hanno strategie difensive vitali per la loro sopravvivenza.

Per saperne di più sulla classificazione delle piante che si basa su alcune caratteristiche qui descritte.

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Le foglie e la fotosintesi

Significato dei termini indicanti le parti delle piante

Bulbi e altri organi sotterranei di riserva

Fiori e semi

Alberi Il legno Le piante ornamentali, da appartamento, succulente

Virus e batteri

Avversità piante: Antracnosi, Monila

Funghi parassiti

Terreno

Un pò fisica e di chimica (sostanze utili alle piante)

pH

 

Trovata online, spero non sia coperta da copyright.

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Le foglie

Le foglie sono la "centrale energetica" di una pianta, sono l'organo specializzato per la fotosintesi, anche se avviene in ogni tessuto verde. La fillotassi è lo studio del posizionamento delle foglie sui rami.

In un volumetto simpaticissimo: “Piccolo manuale illustrato per cercare foglie” edito da Il Saggiatore viene ben sintetizzata l’importanza delle foglie:

Le foglie sono la sede della tecnologia più evoluta del pianeta Terra, di certo la più utile: la fotosintesi clorofilliana. Dentro la foglia, le piante catturano l’anidride carbonica e, con l’energia chimica del sole, la trasformano in carboidrati, liberando ossigeno in abbondanza per tutti. Quando finalmente cadono a terra, le foglie finiscono col decomporsi, regalando, ancora una volta, al ciclo della vita le sostanze organiche che hanno saputo sintetizzare.

Con questo procedimento le piante hanno dato vita all’atmosfera terrestre e hanno creato e continuano a creare l’aria che respiriamo e il nutrimento per tutti gli esseri viventi.

Il verde delle foglie dipende dalla presenza della clorofilla, il pigmento in cui avviene la trasformazione della luce della nostra stella in energia utilizzabile dalle piante e, per loro tramite, da tutti gli esseri viventi. E’ la clorofilla ad assorbire la luce e, poiché assorbe in prevalenza le altre frequenze di luce, ci restituisce quelle di colore verde. In autunno la clorofilla decade naturalmente, lasciando il palco ad altri pigmenti: i carotenoidi, responsabili del giallo e dell’arancione e gli antociani che regalano le tonalità rosse e violacee.

 

 

 

La fotosintesi é il meccanismo che permette alle piante di sintetizzare le sostanze necessarie alla loro vita, ma serve energia e utilizzano quella fornita dai raggi del sole.

6CO2 + 6H2O = C6H12O6 + 6O2

Sei molecole di anidride carbonica presenti nell'aria, più sei di acqua si trasformano grazie all'energia che, in natura, viene fornita dal sole, in una molecola di glucosio, che serve per il nutrimento e sei di ossigeno che è un prodotto di scarto molto apprezzato dagli appartenenti al regno animale perchè è indispensabile per la loro sopravvivenza, infatti la respirazione avviene secondo la seguente formula:

C6H12O6 + 6O2 = 6CO2 + 6H2O

però gli animali non usano l'energia del sole, ma quella derivante dagli alimenti. In pratica è la reazione opposta e quindi piante ed animali sono unite in un ciclo infinito.

Le piante, oltre ad assorbire i nutrienti attraverso le radici, sono in grado anche di farlo anche per via fogliare. Alcuni fertilizzanti sintetici vengono spruzzati sulle foglie per farglieli assorbire più rapidamente soprattutto per aumentare la produzione.

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Termini indicanti le parti che compongono le piante

Rizosfera, la parte del suolo che circonda le radici.

Le radici si possono suddividere in:

Radici a fittone: costituite da una radice diritta più importante e radici secondarie laterali ramificate.

Radici fascicolate: costituite da un insieme di radici suddivise in fasci, che si dirama dal colletto.

Radici avventizie: non entrano nel terreno, ma si sviluppano nella parte aerea della pianta, quindi la pianta si arrampica.

Il rizoma (da rizo-, radice, con il suffisso -oma, rigonfiamento) è una modificazione del fusto si presenta allungato e ramificato oppure breve e cilindrico, decorrente sotto la superficie del terreno con decorso generalmente orizzontale. Alcuni rizomi sono commestibili e sono consumati come verdure o spezie, ad esempio lo zenzero, usato diffusamente in tutto il mondo.

Drupa è un frutto carnoso con esocarpo (buccia) sottile e membranoso, mesocarpo (polpa) carnoso, succoso, ed endocarpo legnoso (nocciolo), contenente un solo seme osseo. Si tratta di frutti commestibili per gli animali, i quali se ne nutrono, senza poterne digerire l'endocarpo, che viene disperso, assieme al suo seme, dall'animale stesso, defecando ed è il sistema migliore per diffondere le specie.

Sono drupe i frutti delle specie del genere Prunus, tra cui la pesca, l'albicocca, la ciliegia e la prugna, nonché l'oliva, il pistacchio, il mango, il frutto della pianta del caffè, la noce di cocco, il frutto di alcune varietà di palma.

Marzie: una porzione di ramo provvista di una o più gemme, da innestare sul portainnesto.

 Lo stolone è un ramo laterale che spunta da una gemma ascellare vicino alla base (colletto) della pianta e che si allunga scorrendo sul suolo (fragole), o appena sotto il terreno, emettendo radici e foglie dai nodi da cui si generano nuove piantine diventando degli efficienti organi di moltiplicazione vegetativa. La pianta madre può produrre stoloni in più direzioni, cosa che permette una sua rapida diffusione e può colonizzare, molto velocemente, territori aperti formando una copertura così fitta che spesso non consente l'attecchimento di altre specie. Numerose piante possono formare rami che crescono prossimi al terreno, ma non per questo sono stolonifere. Per essere stolonifera una pianta deve generare rami che, non solo strisciano sul terreno, ma devono anche radicare ai nodi e produrre nuovi germogli.

Polloni e succhioni originano da una gemma latente, ovvero da una gemma rimasta in dormienza per un numero indefinito di stagioni, emergono dal fusto o da rami legnosi di più anni di età, generalmente alla loro base. vedi potatura

Le piante monoiche presentano fiori maschili e femminili separati ma sulla stessa pianta, la fecondazione richiede quindi impollinatori esterni come api o vespe. Questo implica un frequente incrocio di varietà.

Le piante allogame presentano l’unione di gameti, maschile e femminile, provenienti dallo stesso individuo ermafrodito (detta anche autofecondazione). Si trova, per esempio, in certi vermi e nelle piante Fanerogame cleistogame. I risultati sono piante meno vigorose e con scarsa fertilità e il fenomeno è facilmente compensibile: l'autogamia porta verso una maggiore consanguineità.

Cleistogama è una forma di riproduzione per autoimpollinazione che si verifica senza che avvenga l'apertura dei fiori. La cleistogamia può essere facoltativa o obbligata. Nel primo caso, la medesima specie può presentare sia fiori cleistogami che fiori casmogami, cioè che presentano l'usuale meccanismo di impollinazione incrociata dopo la fioritura.

 

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Bulbi e altri organi sotterranei di riserva.

Alcune piante perenni producono organi per l'immagazzinamento di nutrienti in modo da garantirne una vita molto lunga. Durante il periodo di dormienza tutte le parti aeree muoiono permettendo alla pianta di sopravvivere nonostante situazioni ambientali avverse, possono anche servire per riprodursi e propagarsi.

Bulbi: è un fusto molto corto da cui parte un germoglio, racchiuso tra spesse foglie carnose, (gigli) o più sottili (narcisi) dette squame, nelle quali si immagazzinano le sostanze nutritive per la fase di dormienza e la successiva rinascita, dalla parte opposta crescono le radici .

Cormi: simili ai bulbi, non sono formati da squame, ma da una struttura unica (gladioli).

Tuberi: sono organi gonfi che derivano dalla trasformazione di un fusto sotterraneo. Possiedono "occhi" cioè cellule ausiliarie, come i fusti (patate).

Rizomi: sono il fusto principale della pianta che cresce orizzontalmente nel terreno, ha nodi dai quali possono crescere foglie, geti, radici (gramigna).

Stoloni: simili ai rizomi, ma non sono il fusto, ma dai nodi si generano le piante (fragola).

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PIANTE COI FIORI, quelle senza fiori che si dividono in briofite (26.000 specie) che non sono vascolate, simili alle alghe(12.500 specie), cioè i muschi e pteridofite comunemente chiamate felci (12.000 specie) che sono vascolate.

Spore e semi sono uno dei mezzi che usano le piante per riprodursi e propagarsi. La differenza sostanziale è che la spora è molto più piccola di un seme e per germinare non h bisogno di fecondazione. Il seme quindi nasce dall'incontro tra le cellule riproduttive femminili, che si trovano all'interno dell'ovulo, con le cellule permatiche maschili che si trovano all'interno del polline.

Le Spermatofite sono piante che producono semi e non semplicemente spore; sono composte da solo due gruppi Le Gimnosperme e le Angiosperme.

Le gimnosperme (800 specie) sono un gruppo di piante vascolari che producono semi non protetti da un ovario, in pratica hanno i semi, ma non i frutti. Sono tutte piante legnose, comuni, ad esempio pini e altre conifere.

Le angiosperme (280.000 specie) sono una divisione del regno vegetale comprendente la maggior parte delle piante viventi. Ne fanno parte gli arbusti e gli alberi più comuni (a eccezione dei pini e delle altre conifere), moltissime specie erbacee e organismi vegetali altamente specializzati come le piante grasse. Rappresentano lo stadio più elevato dell’evoluzione delle piante, si dividono in dicotiledoni e monocotiledoni o Liliopsida (che è il termine utilizzato nelle classificazioni più recenti) a seconda se dal seme si forma un embrione fornito di due o uno cotiledone.

I cotiledoni sono foglie embrionali carnose, con struttura semplificata con funzione di nutrimento dell'embrione dall'inizio della germinazione al momento in cui si sviluppano la radice e le prime foglie e quando l'individuo sia in grado di compiere la fotosintesi, e quindi di nutrirsi autonomamente (nelle Gimnosperme i cotiledoni sono numerosi).

Tra le famiglie più conosciute della classe dei dicotiledoni ci sono le Betulacee (betulla e ontano), le Fagacee (quercia, faggio, castagno), le Crocifere (cavolo, senape, colza), le Rosacee (rosa, melo, pero, pesco), le Leguminose (fagiolo, pisello, fava, lenticchia), le Solanacee (patata, pomodoro, peperone, melanzana).

La più grande famiglia di monocotiledoni è quella delle Orchidaceae (orchidee), dotate di fiori molto complessi, per favorire l’impollinazione da parte di insetti specifici. la seconda famiglia per numero di specie, ma probabilmente la più notevole, è quella delle Poaceae (o Gramineae). Le piante che la compongono si sono evolute specializzandosi per un'impollinazione mediata dal vento; producono piccoli fiori, di solito riuniti in spighe (infiorescenze) ben visibili.                                                           torna su

Le piante superiori hanno una riproduzione sessuata

Il fiore delle angiosperme

Le varie parti del fiore sono:

  1. Calice, formato da foglioline verdi dette sepali. È una parte fiorale sterile.

  2. Corolla, formata da petali spesso colorati e con funzione di attrarre gli animali impollinatori. Anche questa parte del fiore è sterile.

  3. Gineceo, è la parte femminile del fiore, fertile. Si definisce anche pistillo ed è composto da una parte basale slargata detta ovario, che si continua in alto nello stilo e superiormente nello stigma. L'impollinazione nelle angiosperme è sempre stigmatica.

  4. Androceo, è la parte maschile del fiore, fertile. Ha stami formati da filamento e antere; ogni antera ha due teche polliniche, ogni teca pollinica ha due sacche polliniche dove sono contenute cellule madri delle microspore che daranno origine al polline.

il pistillo è l'organo riproduttivo femminile, lo stame (i "filamenti" che circondano il pistillo) quello maschile. Il pistillo è centrale, la parte allargata, che si trova verso il basso, è l'ovario che contiene gli ovuli. Una volta fecondato l'ovulo si trasforma in seme e l'ovario si gonfia e diventa il frutto.

La maggior parte dei fiori hanno organi funzionali sia maschili che femminili, negli altri casi i giardinieri tendono a coltivare le piante femminili perchè presentano sia i fiori che i frutti. Esempio di una pianta che ha la distinzione tra maschile e femminile è l'alloro.

Il fiore delle gimnosperme

Sono costituiti da un asse centrale dal quale si dipartono delle squame, nel fiore femminile ognuna porta l'ovulo, che non è protetto, in quello maschile il polline. Non si forma alcun frutto perchè manca l'ovario, in alcuni casi i fiori femminili si trasformano in pigna.

 

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Gli alberi

Per il giardiniere, l'albero ha un solo tronco, l'arbusto può averne più di uno. Le piante rampicanti hanno un fusto troppo debole per sostenersi da solo.

Le piante arboree della famiglia delle Rosaceae si dividono in 2 sottofamiglie:

drupacea indica una pianta con il nocciolo drupe”, cioè con frutti carnosi costituiti da un esocarpo esterno sottile (o buccia) sottile e membranoso, da un mesocarpo intermedio carnoso e succoso (polpa) e da un endocarpo interno e duro (nocciolo) che racchiude il seme. Il frutto, giunto a maturità, non si apre per lasciare uscire il proprio contenuto (indeiscente).  Esempi di drupacea sono l’albicocco, il ciliegio, il pesco, prugno e il mandorlo.

pomacea (alberi con il seme) si riferisce a una pianta con pomi altrimenti detti  falsi frutti. Per definizione il "pomo" (ad esempio la parte commestibile di una mela) è il risultato dell’accrescimento di una parte del fiore, ma solo la porzione interna, fecondata, del torsolo è considerata frutto, che avvolge i semi. Fanno parte di questo gruppo il melo, il pero e le nespole.

Le drupacee, in particolare il pesco,hanno bisogno di una concimazione azotata.

Le pomacee, soprattutto melo e pero, manifestano una minore necessità di azoto, ma a differenza delle drupacee hanno un intervallo prolungato tra fioritura e maturazione durante il quale si verifica spesso una grossa carenza di nutrienti. L’unico periodo in cui anche le pomacee hanno davvero bisogno di azoto è quello successivo alla raccolta, tra la fine dell’estate e l’autunno, per aiutare le piante a sviluppare le radici a seguito della potatura verde (o potatura estiva).

All’interno delle drupacee esiste una sostanziale differenza: ciliegio e mandorlo non vanno mai potati, se non per sfoltire la chioma nel periodo estivo, mentre su albicocco, susino e pesco vanno potati i rami più vecchi, dato che le nuove gemme risultano più produttive.

Completamente opposta è la produzione delle pomacee, che diventano fruttifere sui rami più vecchi. La potatura riguarda quindi i rami generati da gemme giovani, tutelando i rami più vecchi.

[per saperne di più sulla classificazione degli esseri viventi]

NOMENCLATURA ALBERI                                                                                           torna su

Branche

Organi assili lignificati di 2 anni o più anni. Vengono distinte in :

primarie o principali, inserite direttamente sul fusto

secondarie, inserite lateralmente sulle branche primarie

terziarie inserite lateralmente sulle branche secondarie.

in base alla posizione relativa si distinguono:

di primo ordine, sono le prime a partire dal basso

di secondo ordine ecc. seguono le precedenti ecc.

 Rami

Elementi assili tra 1 e 2 anni di età, derivanti dai germogli completamente lignificati.

Ø  Rami a legno:provvisti di sole gemme vegetative

·         Succhioni: provengono da gemme latenti o avventizie delle branche e del tronco

·         Polloni: provengono dalle radici o dalla ceppaia

Ø  Rami a frutto:in prevalenza provvisti di gemme a fiore o miste

Ø  Rami misti: sono presenti in simile percentuale gemme a legno e a fiore

Nelle Pomacee

Lamburda ramo di due anni, circa 2 cm di lunghezza. Gemma mista terminale e rosetta di circa 8-12 foglie. Formazione tipica su cui fruttificano i meli.

Borsa deriva dall’ingrossamento della lamburda dopo aver fruttificato.

Zampa di gallo(di pollo) –insieme di nuovi dardi e brindilli formatisi su una borsa.

Brindillo  ramo sottile, 10-30 cm o più. Gemma mista all’apice e gemme a legno lungo l’asse.

Ramo misto ramo lungo simile al brindillo, da cui si differenzia per la gemma apicale a legno e gemme lungo l’asse miste e a legno.

Nelle Drupacee

Dardo fiorifero spesso riuniti in formazioni dette mazzetti di maggio (ciliegio). Lungo 1-2 cm e spesso, porta all’apice una gemma a legno circondata da gemme a fiore.

Brindello sottile e più lungo di quello delle pomacee. Gemma a legno all’apice, gemme a fiore in prevalenza lungo l’asse.

Ramo misto formazione di un anno, più lunga rispetto alle pomacee. Gemma a legno all’apice e lungo l’asse, in corrispondenza di ogni nodo, gruppi di 3 gemme, quella centrale piccola a legno e quelle laterali a fiore

 Gemme in base alla loro funzione

a legno o vegetative: contengono i primordi del germoglio che evolveranno in rami

a frutto o fertili: contengono i primordi di: un fiore o di una infiorescenza (gemmeafiore) o sia di un fiore o di una infiorescenza e di un germoglio (gemmemiste)

Le gemme a legno sono più piccole e meno globose delle gemme a frutto

dormienti o normali o ibernanti: si sviluppano nella primavera successiva all’anno della loro formazione

pronte: si sviluppano nell’anno della loro formazione e originano i rami anticipati 

Nella vite sono esclusivamente gemme miste

Il fabbisogno in freddo è un aspetto fondamentale per gli alberi da frutto.

La gemma è un organo vitale fondamentale per le piante. È situata all’ascella delle foglie, tra il picciolo fogliare e l’asse del germoglio, in corrispondenza del nodo. Regola la crescita, la forma, la fioritura e la fruttificazione delle piante. Dopo il riposo vegetativo dalle gemme riparte il ciclo stagionale dell’albero. La gemma è racchiusa e protetta da apposite foglioline modificate, dette perule.

La formazione dei nuovi assi si deve al meristema, una struttura microscopica, contenuta all’interno della gemma. Il meristema è formato da piccole cellule, che si moltiplicano a gran velocità, originando così i nuovi tessuti vitali della pianta. Il funzionamento delle gemme è regolato da un meccanismo fisiologico denominato dormienza. Questo meccanismo difende la gemma dal freddo invernale e sincronizza il ciclo di crescita.

Le gemme si formano nel periodo estivo e subito dopo vi s’instaura la dormienza, che ne impedisce l’allungamento. La gemma, per risvegliarsi e riacquistare la capacità di germogliare, ha bisogno di un determinato periodo di freddo che è diverso per ogni specie o varietà di albero di frutto. Il germogliamento avviene solo se è stato accumulato un certo numero di ore di freddo (appunto, il fabbisogno), a cui fa seguito un aumento delle temperature che sia sufficiente a consentire la divisione cellulare e la levata (arrivo della primavera).

Nelle regioni che vanno incontro a inverni molto miti bisogna stare attenti a scegliere varietà di alberi da frutto che non abbiano un elevato fabbisogno di temperature rigide.

Se la pianta non ha vissuto un periodo abbastanza freddo non riesce più a percepire l’arrivo della primavera, entra in uno stato di confusione, nelle gemme questo si traduce in un anomalo prolungamento della fase di dormienza, le cui conseguenze determinano un peggioramento della produzione dei frutti dell’anno, sia dal punto di vista quantitativo, che qualitativo.

Le specie originarie di ambienti caldi e umidi, acclimatate a stagioni miti non hanno bisogno di inverni freddi. Sono i frutti esotici come avocado, papaya, banana, mango ecc. e gli agrumi, come limone, chinotto, arance, questi alberi, quindi, vanno difesi dal gelo prolungato, poiché per loro è dannoso.

Il totale di ore di freddo per ogni albero da frutto si esprime in maniera semplice in unità di freddo, corrispondenti ad un’ora a 7 °C.

Ecco le indicazioni per gli alberi da frutto più diffusi in Italia:

Albicocco, 400-500 ore totali di freddo

Susino, 600-800

Pesco, 600-800

Vite, 200

Melo, 600-1200

Pero, 800-1000

Mirtillo, 1000

Ciliegio, 700-800

Castagno, 400-600

Fico, meno di 100

Kaki, meno di 100

Mandorlo, 250-500

Melograno, meno di 100

Olivo, 100-250

1000 ore corrispondono ad una quarantina di giorni mai sopra i 7 °C.

Le piante più antiche arrivate fino a noi sono le magnoliidae.

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Il legno migliore è quello ricavato da alberi abbattuti in inverno, nei mesi da ottobre a febbraio, quando le attività vitali delle piante sono naturalmente rallentate. In inverno la porosità del legno è ridotta e i tronchi sono più poveri di linfa.

Dopo l’operazione di taglio, è importante che il legno venga dilavato dalla linfa residua ed essiccato per essere privato delle sostanze proteiche e reso inappetibile dai parassiti.

Gli alberi dai quali si ricava legname da costruzione e da uso falegnameria (fabbricazione di mobili) - usi per i quali sarebbe necessario che il legno in opera non “lavorasse” troppo - dovrebbero, di massima, essere tagliati nella seconda settimana di luna calante.

Una buona soluzione sarebbe di abbattere gli alberi in particolari giorni dell’autunno e dell’inverno e terminare il lavoro di scortecciamento (manuale o a macchina) in primavera. I tronchi così scortecciati dovrebbero riposare in estate per altri due mesi prima di essere portati in segheria; con questa tecnica si riduce il pericolo di attacchi fungini, o d’insetti e diminuisce la formazione di crepe.

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LE PIANTE ORNAMENTALI si dividono in:

Arbusti sono quelle piante legnose, di piccolo e medio sviluppo, ramificate dalla base, che possono raggiungere l’altezza di m 1-4 circa. Sono ritenuti arbusti anche quelle piante che a causa delle potature o che per natura formano un cespo e, più propriamente, dovrebbero chiamarsi cespugli: come le Deutzie, le Spiree, le Ortensie, ecc. Gli arbusti possono essere sempreverdi a foglia caduca o a foglia persistente.

Potatura degli arbusti a foglie persistente (Azalee, Rododendri, Camelie, ecc.). In linea di massima gli arbusti sempreverdi non sono sottoposti ad una vera e propria potatura, ma solamente a pochi tagli occorrenti per mantenere la vegetazione equilibrata. Eccezione fatta per quelli a vegetazione troppo vigorosa che si potano per evitare che abbiano a spogliarsi alla base, nonché per quelle piante alle quali si voglia dare una determinata forma.

La potatura degli arbusti a foglia caduca (Forsythia suspensa). Tutti gli arbusti a foglia caduca coltivati per la bellezza del loro fogliame e per la rigogliosa vegetazione, traggono vantaggio da una razionale potatura invernale coltivati per la fioritura, non è operazione che possa farsi alla leggera, come molti credono e praticano. Essa infatti è strettamente collegata all’epoca della fioritura e al modo e luogo della emissione dei fiori sui rametti.

Tutti gli arbusti a fioritura primaverile, fatte poche eccezioni, si potano quando la loro fioritura è ultimata. Si sopprimono tutti i rami che hanno fiorito lasciando solamente alcune gemme ai rametti meglio situati

La rosa è un arbusto a foglia caduca. Le rose sono allevate a cespuglio basse, ad alberello, o sarmentose (molli e rampicanti)

Ibride rifiorenti: potatura corta, a quattro, sei gemme, in inverno; d’estate sopprimere i rami sfioriti.

Ibridi di Thea: sono più rustiche delle Thea; di buona vegetazione a fioritura continua ed abbondante. Potatura piuttosto corta, in base al vigore delle piante.

 Piante erbacee. Tutte quelle piante la cui consistenza non è legnosa e si dividono in: annuali, biennali, perenni, bulbose, tuberose e rizomatose. Sono piante perenni (Giacinti, Tulipani, Gladioli, Narcisi, Anemoni, ecc.) che spesso, per esigenze colturali, o per la poca resistenza ai geli, vengono periodicamente estirpate e ripiantate, ma durante l’inverno se sono piantati a dimora non soffrono il gelo.

 Piante da stufa per la decorazione estiva dei giardini. Sono utilizzate nella decorazione estiva delle aiuole e dei tappeti erbosi, devono essere ritirate d’inverno, nel locale ad esse più confacente: stanzone, tepidario, stufa temperata o stufa calda. Sono di facile coltura e moltiplicazione e anche di facile conservazione.

 Piante da appartamento. Le piante che maggiormente resistono nei locali di abitazione ove l’aria è solitamente impura e la luce è offuscata. Per mantenere in buone condizioni queste piante non si debbono collocare accanto ai radiatori del calorifero, alle stufe e neanche esporle alle correnti d’aria fredda. Si procuri che abbiano sufficiente luce diretta, e si evitino sempre i forti sbalzi di temperatura.

Le piante acidofile hanno bisogno di terreni molto acidi. Le più comuni sono ortensie, camelia, azalee, rododendri. Una soluzione per favorirle consiste nell'aggiungere ad ogni secchio d'acqua un bicchierino piccolo di aceto.

Che differenza c'e' tra pianta a radice nuda e con zolla?

Quelle a radice nuda costano di meno e vanno piantate da ottobre a marzo, hanno una riuscita di attecchimento ottimale e a differenza di quelle con la zolla formano l'apparato radicale proprio nel terreno in cui le pianti. Inoltre dato che si piantano nel periodo di riposo vegetativo non necessitano di particolari cure e innaffiature perchè il terreno dovrebbe essere già abbastanza umido.

PIANTE DA APPARTAMENTO

Il genere Kalanchoe appartiene alla famiglia delle Crassulaceae e comprende piante succulente originarie dell'Arabia Saudita, dello Yemen, dell'America tropicale, dell'Africa centro-meridionale, dell'Australia, dell'Asia ma per lo più del Madagascar. Possono essere annuali, perenni, rampicanti o arbustive.

Il genere Kalanchoe comprende 125 specie tra le quali la Kalanchoe blossfeldiana che è una pianta perenne originaria del Madagascar, portata in Italia dal tedesco Blossfeld agli inizi del 1922 che le ha dato il nome. Raggiunge i 30 cm di altezza con foglie succulente, lucide e con i margini dentati e portate da lunghi piccioli.

I fiori sono portati da lunghi steli riuniti a corimbo o a pannocchia; sono tubolari e possono essere di vario colore a seconda degli ibridi: gialli, giallo-arancio, albicocca, rossi, bianchi e con le varie tonalità intermedie.

http://www.elicriso.it/it/come_coltivare/kalanchoe/

Sono piante che hanno necessità di molta luce anche sole diretta. Sotto i 10°C la pianta inizia a dare segni di sofferenza.

In autunno ed in inverno si bagna il terreno solo quando è ben asciutto e tanto più basse sono le temperature, tanto meno si deve dare acqua. Sotto i 10°C le piante vanno tenute completamente asciutte.

Una volta sfiorita gli steli fiorali vanno tagliati sopra il primo paio di foglie e poi rinvasata. Di solito non si pota. Vanno semplicemente eliminate le foglie che via via disseccano per evitare che diventino veicolo di malattie parassitarie.

Una pratica invece normale è la cimatura degli apici vegetativi che consentono alla pianta di rimanere compatta e cespugliosa favorendo inoltre lo sviluppo delle infiorescenze

Se la pianta presenta un aspetto malandato e le foglie appaiono molli, è il classico sintomo di un eccesso d'acqua. far asciugare il terreno e le radici. Vari funghi possono colpire la pianta e si manifestano danneggiando le foglie.

Pinte succulente conosciute come piante grasse.

Con il termine piante grasse si indicano delle specie vegetali in grado di immagazzinare grandi quantità di acqua e di utilizzarle in periodi di grande siccità. Queste piante, in realtà, scientificamente, non si chiamano grasse, ma col termine botanico di succulente. Le piante succulente vengono comunemente definite “grasse”, perché a causa del livello di acqua accumulato presentano componenti vegetativi ( fusto, foglie, radici) piuttosto gonfi e carnosi.

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Virus e batteri

I virus vengono considerati "entità biologiche" perchè non si comportano come esseri viventi: non crescono, non respirano non hanno cellule, solo acido nucleico contenuto in una capsula proteica. Per riprodursi devono "infettare" una cellula sostituendosi al suo DNA per istruire la struttura cellulare a riprodurre un nuovo virus.

I batteri sono organismi monocellulari che si riproducono per scissione binaria ovvero ogni cellula si divide in due nuove cellule e il "fenomeno" può prodursi anche ogni 20 minuti, si possono anche postare usando i flagelli, filamenti finissimi, ma non hanno la "forza" di penetrare il tessuto vegetale, si introducono attraverso ferite o aperture naturali.

A differenza dei virus che vivono nelle cellule, i batteri crescono negli spazi intercellulari, ma producono tossine, proteine o enzimi che possono danneggiare o uccidere le cellule circostanti.

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Ci sono caratteristiche positive, e altre negative. Tra le caratteristiche positive ricordiamo la maggiore produttività e la maggiore resistenza alle malattie e alle aggressioni dei parassiti. Queste sono caratteristiche generiche, non presenti tutte contemporaneamente. - See more at: http://www.coltivarelorto.it/ART/0022art0003.html#sthash.bsUZxHdE.dpuf

Ci sono caratteristiche positive, e altre negative. Tra le caratteristiche positive ricordiamo la maggiore produttività e la maggiore resistenza alle malattie e alle aggressioni dei parassiti. Queste sono caratteristiche generiche, non presenti tutte contemporaneamente. - See more at: http://www.coltivarelorto.it/ART/0022art0003.html#sthash.bsUZxHdE.dpuf

Avversità piante

Antracnosi Nome di alcune malattie delle piante, causate da funghi tutti capaci di generare aree dal marrone al nero, differenti per forma, localizzazione e grandezza a seconda dell’ospite. Il fenomeno può inoltre manifestarsi su tutte le porzioni epigee delle piante, palesandosi però in modo vistoso soprattutto sulle foglie, sebbene possano essere colpiti anche fusticini e rametti.  Particolarmente sensibili sono i frutti in fase di maturazione. Su stoloni, piccioli e peduncoli compaiono lesioni scure e incavate, di forma ellittica. Se persistono condizioni ambientali favorevoli, le macchie tendono progressivamente ad allungarsi e ad avvolgere a manicotto l'organo colpito, provocando una caratteristica strozzatura che causa arresto di sviluppo e avvizzimento della parte apicale. I sintomi sui frutti consistono in macchie brune rotondeggianti, depresse, di consistenza secca che possono espandersi, conferendo al frutto, nel caso non intervengano microrganismi secondari, un aspetto mummificato.

Colletotrichum acutatumè il fungo che la causa nella fragola.

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Monilia è il termine per indicare una fitopatologia causata da un genere di funghi chiamato Monilinia, che comprende diverse specie parassite di piante arboree da frutto. Le specie più importanti sono Monilinia laxa e Monilinia fructigena, entrambe le possono attaccare sia le pomacee (melo, pero) che le drupacee (pesco susino e albicocco), la differenza sta negli organi della pianta che vengono colpiti, in quanto la Monilinia fructigena colpisce prevalentemente i frutti, mentre la Monilina laxa gli organi della pianta fuori terra (organi epigei) cioè foglie, rami fiori e frutti.

Altre specie di Monilinia sono Monilinia fructicola che attacca le drupacee, Monilinia mespili che attacca il nespolo comune e Monilinia linhartiana che attacca il cotogno

I fiori vengono infettati soprattutto quando a primavera ci sono periodi umidi e piovosi. Le spore penetrano nel fiore e attraverso il pistillo determinano un rapido avvizzimento anche dei rametti sui quali i fiori sono inseriti. I fiori disseccano, rimangono attaccati al ramo e nel caso persistano condizioni di elevata e prolungata umidità. Il fungo sporula e i fiori disseccati si ricoprono di una muffa bianco grigiastra. L’infezione su giovani rametti ne provoca l’avvizzimento, in alcuni casi si osservano tacche necrotiche e fessurazioni longitudinali che mettono a nudo le parti del cilindro legnoso centrale. Le infezioni sui frutti possono manifestarsi a partire dalla caduta petali, durante le fasi di ingrossamento e nei periodi prossimi alla maturazione. Nel caso di infezioni precoci sui frutticini. Questi marciscono e nel caso di infezioni su frutti prossimi alla maturazione o maturi si possono osservare marciumi e in seguito la progressiva perdita d’acqua alla loro mummificazione che li porta ad assumere una consistenza grinzosa, grigiastra e legnosa. Una caratteristica che si può osservare sui frutti è la muffa a circoli, sulla superficie dei frutti in marcescenza appaiono cuscinetti di colore grigiastro nel caso di Monilia laxa, di colore nocciola nel caso di Monilia fructigena. Monilia laxa è una specie che manifesta la sua azione patogena a basse temperature e quindi colpisce ad inizio stagione fiori e giovani germogli. Monilia fructigena aggredisce i frutti manifestando la sua patogenicità con temperature più elevate

Le infezioni di monilia possono manifestarsi ad anni alterni un fattore scatenante e predisponente è dovuto all’umidità ambientale. Le spore sono infatti in grado di germinare e penetrare nei tessuti dell’ospite solo quando si hanno condizioni di protratta bagnatura. Un fattore che predispone i frutti alle infezioni di Monilia è la presenza di ferite sull’epicarpo prodotte dagli insetti, dall’oidio, grandinate o danni meccanici prodotti in fase di raccolta. La malattia si conserva da un anno all’altro nei tessuti infetti necrotici, nei cancri rameali, nei frutti mummificati che restano sui rami e nei frutti caduti a terra. Per ridurre la presenza del fungo nel frutteto è quindi importante effettuare potature di rimonda dei rami secchi, l’asportazione delle “mummie”, la raccolta e la distruzione dei frutti caduti a terra.

Prevenzione Nei mesi invernali, quando le piante sono a riposo vegetativo e prive di foglie è possibile intervenire con prodotti a base di rame accettati per la difesa biologica. L’applicazione dei prodotti rameici non dovrà essere effettuata quando le gemme sono in fase di apertura o su germogli teneri poiché potrebbe causare fitotossicità.

Se la pianta è già stata colpita dalla Monilia è consigliabile un trattamento preventivo in primavera, prima e dopo la fioritura, per proteggere le infiorescenze prima della comparsa del fungo. Dal momento che vietato l’acquisto e l’uso di molti fitofarmaci agli hobbisti senza “patentino fitosanitario” il prodotto vegetale più efficace è l’Estratto di Equiseto, comunque si trovano prodotti a base rameico anche di libera vendita. E’ inutile sperare che l’infezione funginea si risolva da solo già ricorrendo alla chimica più soft possibile, e difficile risolvere il problema.

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Per allontanare le lumache cenere; per allontanare le formiche aceto (bastasse..)

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Parassiti (funghi)

La ticchiolatura, anche conosciuta come macchia nera, è una malattia fungina che colpisce alcune piante ornamentali e da frutto, in particolare la rosa, il biancospino, la piracanta (pianta spinosa per siepi), il pioppo, il salice, il melo, il pero, il nespolo.

Si sviluppa soprattutto in presenza di un clima particolarmente umido e con scarso ricircolo d’aria, ad una temperatura di 24-25°C.

Gli attacchi di ticchiolatura avvengono in prevalenza in primavera e in autunno, ma possono succedere anche in estati particolarmente piovose e afose.

La malattia colpisce soprattutto le foglie, che si ricoprono, in maniera graduale, di macchie scure, che all’inizio sono piccole ed isolate, ma che diventano in breve tempo sempre più fitte, fino a macchiare completamente la foglia.

Attorno alle macchie, nere o porpora scuro, la foglia si ingiallisce fino a seccare. Dalla pagina superiore della foglia, la malattia fungina si propaga velocemente anche alla pagina inferiore per poi attaccare i rami più esili, e poco dopo quelli portanti fino a contaminare l'eventuale frutto, che si deforma e marcisce.

Se l’attacco è in fase avanzata si può arrivare alla completa defogliazione della pianta e al suo indebolimento, fino alla riduzione dello sviluppo vegetativo e della fioritura. Questo fungo si propaga rapidamente da una pianta all'altra, è quindi bene intervenire rapidamente non appena si notano i sintomi, per preservare le piante ancora sane. Sopravvive all'inverno, come spora, nelle foglie che cadono in terra. Per questo motivo, la miglior cura contro la ticchiolatura è la prevenzione, che si effettua prima di tutto con una adeguata potatura delle piante soggette a questo tipo di problemi, per far circolare meglio l'aria tra i rami. Inoltre è opportuna la rimozione delle foglie e dei frutti infetti caduti sul terreno, avendo cura di distruggere tutto il materiale raccolto.

Aiuta la prevenzione di tutte le malattie fungine in generale, anche un'adeguata irrigazione in modo che la pianta abbia un buon drenaggio, al fine di evitare pericolosi ristagni. Se si ha la cautela di irrigare il giardino nelle prime ore della mattina, (che sarà più agevole con un impianto di irrigazione automatico) anziché la sera, le foglie non rimarranno bagnate a lungo, scongiurando anche in questo modo l'insorgere del problema. Ovviamente è bene evitare di bagnare direttamente le foglie durante l'irrigazione manuale, ma direzione il getto sulle radici.

La soluzione più usata sono i trattamenti con poltiglia bordolese o altri prodotti a base rameica, da effettuarsi in fase di riposo vegetativo, che danno ottimi risultati anche in caso di sintomi già presenti.

L'oidio è una patologia funginea che si manifesta sulle foglie delle piante colpite con una efflorescenza biancastra, di aspetto polverulento. Successivamente le macchie biancastre necrotizzano a partire dalla parte centrale con accartocciamento della nervatura principale e morte di estese porzioni fogliare, con conseguente deperimento generale delle piante. Trattamenti fatti in maniera preventiva, o curativa, con prodotti a base di zolfo evitano l'insorgere di questa malattia.

Lo Zolfo costituisce senza dubbio il prodotto "principe" nella difesa antioidica. La sua azione si differenzia dai comuni anticrittogamici "sistemici" in quanto non penetra nel tessuto e nella linfa delle piante e quindi non causa tossicità e resistenza.

I prodotti di difesa non dovrebbero mai essere nebulizzati sui fiori aperti perché potrebbero causare delle ustioni (i petali e gli organi fiorali normalmente sono molto più delicati delle foglie), è sempre consigliabile somministrare i concimi nelle ore più fresche della giornata e mai nelle ore più calde.

Peronospora                                                                                 

La malattia rientra nella categoria delle malattie trofiche in quanto causata da organismi parassiti che sottraggono risorse trofiche alla pianta ospite per mezzo di rapporti anatomici e fisiologici abbastanza stretti.

La malattia è causata da un fungo della famiglia delle Peronosporaceae: colpisce in prevalenza la vite e alcune piante orticole, si può trovare anche sulle rose e su molte piante ornamentali. Col termine di peronospora si indica genericamente una malattia delle piante causata anche ad altri generi, sia della famiglia Peronosporacee che della famiglia Piziacee.

 Colpisce le foglie e si manifesta con delle macchie traslucide, che sembrano di olio, sulla pagina superiore, che spesso vengono seguite, in corrispondenza sulla pagina inferiore, da macchie di muffa giallastra, soprattutto se l'umidità è elevata.

Con il procedere del tempo la malattia si diffonde ai boccioli dei fiori e ai germogli, i tessuti colpiti da peronospora disseccano e cadono.

Prima della caduta sulle foglie il fungo rilascia delle oospore, che rimangono sulle foglie cadute, dove passano l'inverno, e infettano le piante l'anno successivo.

Difficilmente si può arrivare alla morte dell'intera pianta, però ovviamente si ha un forte deperimento della vegetazione, accompagnato da scarsa produzione di fiori e di frutti.

Questa malattia è favorita dall'elevata umidità e dalle temperature primaverili, si procede a trattamenti preventivi, irrorando le colture con prodotti specifici contro la peronospora come la poltiglia bordolese, o prodotti a base di rame. Questi prodotti sono utili anche per contenere l'infezione già in atto. Ho notato che, una bella irrorazione con la poltiglia bordolese all’inizio dell’inverno, prima della fioritura e subito dopo è molto utile per sconfiggere questo fungo, contrariamente a quanto consigliato da più parti, visto che le spore passano tranquillamente l’inverno.

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Il terreno

Un'intera area della scienza studia il terreno la pedologia. Il terreno non è semplice terra, ma un complesso ecosistema, brullica di vita dagli organismi miccroscopici agli insetti più grandi, fornisce acqua e una grande quantità di sostanze minerali e materia organica necessarie alla vita.

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Un pò di fisica e chimica

Noi vediamo le piante verdi perchè le lunghezze d'onda del verde sono le uniche che gli organi delle piante non assorbono, sono in grado di percepire anche le lunghezze d'onda che noi non vediamo: da una parte dello spettro l'infrarosso 750-1.000 n.m. e dall'altra l'ultravioletto 300-400 n.m.

Gli impollinatori rispondono in modo diverso alle varie lunghezze d'onda dei colori: gli insetti, le api in particolare, sono attratte dalla lunghezza d'onda del blu, violetto e ultravioletto, gli uccelli dal rosso e dal giallo, le farfalle dal giallo, l'arancio, il rosa e i rossi. Le strisce o linee colorate hanno lo scopo di "guidare" gli impollinatori e non sempre sono nello spettro visibile da noi umani.

le piante producono anche onde sonore a livello più basso o ultrasuoni rispetto allo spettro udibile dall'uomo e le piante vicine cominciano anche loro ad emetterle in risposta o in assonanza, non lo sappiamo ancora.

Le piante per crescere e produrre hanno bisogno di molte sostanze che si trovano comunemente in natura, ma può essere necessario integrarle utilizzando sostanze naturali ricche di elementi utili.

Nella cenere di origine vegetale gli elementi maggiormente presenti sono calcio (25-40%) che contribuisce alla formazione dello “scheletro” della pianta;, potassio (5-30%) ruolo attivo nella sintesi delle proteine vegetali, fortifica la pianta; fosforo (1,3-30%): è la sostanza che contribuisce alla funzione clorofillianae; magnesio (1,3-16%) e molti altri microelementi quali boro, rame, zinco, manganese, fluoro, iodio e bromo in quantità ancora minori. Non sono presenti invece l'azoto, lo zolfo e la materia organica che si dissolvono con la combustione.

La cenere è un ottimo complemento nei cumuli da compostaggio dove i componenti principali sono appunto l'azoto che è assente nella cenere, il ferro e altri microelementi. Attenzione: va usata solo la cenere proveniente da legname da ardere, evitando quella prodotta dalla combustione di legni verniciati o trattati con altri elementi chimici come il flatting. Si può usare la cenere di carbonella, ma non quella proveniente da carbon fossile perché contiene quantità elevate di metalli.

I gusci delle uova sono prevalentemente composti di carbonato di calcio che è utile contro marciume apicale pomodori, si sbriciolano e si aggiungono direttamente al terreno o al compost, ma si decompongono e quindi rilasciano il carbonato di calcio in tempi lunghissimi.

Scorze di agrumi e bucce di banana apportano potassio. Le bucce di banana sminuzzate o fatte seccare oppure macerare per 2 settimane si possono usate diluite anche a spruzzo.

I fondi caffè contengono fosforo, magnesio, potassio e rame e sono utili per acidificare il terreno

Le alghe sono ricche di elementi nutritivi, potassio, vitamine ed enzimi che favoriscono la crescita delle piante, si raccolgono sulla spiaggia e si sciacquano e fanno macerare per due mesi. Diluire 1 a 3 parti d'acqua.

Le piante hanno bisogno di una elevata quantità di nutrienti che prendono prevalentemente dal terreno. Si dividono in macronutrienti e micronutrienti. I macronutrienti primari sono azoto (N), fosforo (P), potassio (K);i macronutrienti secondari sono calcio (Ca), magnesio (Mg) e zolfo (S). I micronutrienti sono quei nutrienti di cui le piante hanno bisogno quindi in quantità minori (boro, manganese, rame, zinco, molibdeno, ferro).

 AZOTO (Simbolo N) È la sostanza che serve per l’accrescimento delle piante però in quantità eccessive aumenta la crescita delle foglie a discapito dei frutti; quindi è indicato nella coltivazione degli ortaggi da foglia, come insalata, spinaci, bieta e simili. Negli ortaggi da frutto (pomodori, melanzane, peperoni) è utile nelle prime fasi di crescita ma poi dall’inizio della fioritura si devono preferire concimazioni più ricche di Fosforo e Potassio. Inoltre una quantità troppo elevata di azoto può stimolare eccessivamente la crescita e lo sviluppo di una pianta rendendola meno resistente alle malattie.

L’azoto è presente in grandissime quantità disciolto nell’aria (80%), negli escrementi degli animali (lo stallatico più pratico è in forma di pellet). Le radici delle leguminose (soia, pisello, fagiolo, fava, erba medica, trifogli, ecc.) hanno la capaciti di fissare in terra l’azoto presente nell’aria, quindi sono molto utili come componenti del compost.

 FOSFORO (Simbolo P) È un elemento basilare per le piante, è la sostanza che contribuisce alla funzione clorofilliana che agevola la lignificazione dei nuovi rami, la fioritura e relativa maturazione dei frutti oltre che un miglior sviluppo dell’apparato radicale. ottimo concime a base di fosforo è la farina di ossa, ma anche la cenere di legna contiene fosforo.

POTASSIO (Simbolo K) È la sostanza che svolge un ruolo attivo nella sintesi delle proteine vegetali e aiuta a regolare il flusso di acqua attraverso la pianta, favorisce e migliora il sapore, il colore e la consistenza dei frutti; incide sulla produzione di zuccheri. La carenza di questo elemento può provocare clorosi ed ingiallimenti lungo i margini delle foglie, che presentano anche caratteristici arricciamenti ed accartocciamenti. I fusti delle piante affette da carenza di potassio hanno un minor grado di lignificazione, aiuta le piante a resistere al freddo, alla siccità e all’attacco dei parassiti. Le piante presentano una minor produzione dei fiori, che hanno anche colori meno brillanti.

Nel compost l’apporto di potassio è garantito dalle bucce di banana, le scorze d'arancia, di limone, le bietole, gli spinaci ed i pomodori, ma l’aspetto negativo è che i suoi elementi sono solubili in acqua, questo aspetto rende il nutriente disponibile per le piante, ma significa anche che è più probabile che venga lavato via dal cumulo durante i periodi di forti piogge.

Un sistema per aggirare il problema è sotterrare direttamente nel terreno alla base delle piante le bucce di banana, le scorze di limone e arancio. Anche la farina di alghe è ricca di potassio facilmente assorbibile.

CALCIO (Simbolo Ca) svolge una importante funzione nutritiva contribuendo alla formazione cellulare dei tessuti vegetali e alla robustezza del fusto, delle radici, dello stelo e della altre parti della pianta: contribuisce alla formazione dello “scheletro” della pianta e senza questa sostanza, le specie vegetali non riuscirebbero a mantenere un portamento dritto e robusto. È un fertilizzante fondamentale per molte piante ma non per tutte; viene somministrato quindi solo ai terreni che ne difettano o per coltivazioni di piante con specifiche esigenze. È più facile arricchire di calcio un terreno povero che eliminarlo da un terreno che lo contiene e su cui si intende coltivare piante che non lo desiderano. Le piante che non amano il calcio, quando lo trovano sul terreno, si ammalano di un disturbo chiamato clorosi, per cui le foglie ingialliscono e la pianta soffre. È presente nei gusci delle uova, quindi quando si mettono piante che richiedono apporto di calcio conviene aggiungerli, opportunamente sbriciolati, nello scavo. Le piante che lo gradiscono sono i pomodori, specialmente le varietà soggette al marciume apicale (San Marzano, Cuore do bue ecc.), le leguminose, mentre le specie acidofile (come azalee, rododendri, camelie ed ericacee) non crescono bene o non crescono affatto in terreni ricchi di questo elemento (terreni calcarei)

FERRO (Simbolo Fe) È la sostanza che insieme al magnesio rappresenta un componente principale della molecola della clorofilla. Quindi il ferro è un minerale fondamentale per lo sviluppo delle piante e, se non riescono a trovarlo o ad assorbirlo dal terreno, cominciano a non riuscire a produrre altra clorofilla, assumendo un caratteristico colore sempre più chiaro, fino ad avere delle foglie quasi gialle; tale problema viene chiamato clorosi. Il ferro è in genere sempre presente nel terreno, considerando anche il fatto che alle piante ne necessita una quantità abbastanza modesta. In genere si può irrorare il terreno con del concime a base di ferro in forma liquida, in primavera, ovvero quando le piante sono in pieno rigoglio vegetativo, e sicuramente la loro richiesta di ferro è maggiore.

MAGNESIO (Simbolo Mg) È la sostanza che insieme al ferro rappresenta un elemento essenziale della molecola della clorofilla.

RAME (Simbolo Cu) partecipa alla produzione della clorofilla oltre che essere un costituente di molti enzimi necessari alla regolazione dei processi vitali della pianta.

MANGANESE (Simbolo Mn) entra nella formazione della molecola della clorofilla.

ZOLFO (Simbolo S) È uno dei componenti degli aminoacidi e delle proteine; è la sostanza che concorre al sapore di molti ortaggi e frutti.

BORO (Simbolo B) È una sostanza che partecipa, insieme con altri elementi, alla formazione di fiori, frutti e radici.

ZINCO (Simbolo Zn) È una sostanza che serve per la formazione e lo sviluppo dei semi.

MOLIBDENO (Simbolo Mo) È una sostanza che serve allo sviluppo e alla crescita delle piante; rispetto alle sostanze precedenti è quella che nel terreno e nelle piante è contenuta in minore quantità; solo le leguminose utilizzano una quantità relativamente elevata di molibdeno.

 

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Il pH

In genere le piante prediligono un pH (concentrazione di ioni H+) tendente al neutro, cioè compreso tra i valori di 6 – 7,5; i terreni che possiedono un pH acido ovvero tra 5,4 e 5,9 sono generalmente poco fertili, queste particolari condizioni inibiscono anche l’attività batterica e fungina, organismi essenziali per la decomposizioni delle sostanze organiche, però alcune crescono meglio con valori di pH inferiori 6 (piante acidofile) altre con valori di pH superiori al 7 (piante basolife).

le piante acidofile più comuni sono: i mirtilli, le ortensie, le camelie, i rododendri, le azalee, le magnolie, eriche, gardenie, mimose, gigli, felci, abeti, aceri, sequoie, faggi, castagni e mimose.

il primo segno evidente della sofferenza per le piante acidofile è l’ingiallimento delle foglie (clorosi ferrica). Ciò è dovuto allo scarso nutrimento che la pianta riesce a ricavare dal terreno attraverso le radici e al basso assorbimento di ferro che limita la produzione di clorofilla.

Per abbassare il pH (acidificare il terreno): possibile utilizzare i fondi di caffè e i liquidi naturali aggiungendo 1 cucchiaio di aceto ogni litro d’acqua oppure il succo di mezzo limone o di arancia, o pomodoro, anche irrigazione con acqua piovana aiuta.

I prodotti acidificanti chimici sono a base di zolfo, anche il solfato di alluminio è un additivo molto usato nella coltivazione delle ortensie, tale sostanza è aggiunta al terreno in fase di fioritura, per acidificare il terreno e ottenere fiori di un azzurro più vivo.

È possibile aumentare il pH utilizzando della cenere, ottenuta con la bruciatura dei residui delle coltivazioni (rami, paglie, foglie, ecc.), in questo modo gradualmente otteniamo l’azione alcalinizzante ma anche quella altrettanto importante dell’apporto di sali minerali (soprattutto potassio) senza l’ausilio di concimi chimici, si può anche incorporare nel terreno della calce

Per effettuare l’analisi del pH del terreno sarà necessario prelevare nella parte centrale a circa 20 centimetri circa il campione di terra che verrà ripulito da pietre, parti grossolane, radici e quant’altro, per questa operazione è possibile aiutarsi anche con un piccolo setaccio a maglie medie. Ora che il campione è pronto andrà unito a due parti di acqua distillata e mescolato all’interno dei contenitori di vetro. La terra verrà poi lasciata sedimentare e quando si sarà depositata sul fondo potremmo effettuare la misurazione con la cartina tornasole seguendo le istruzioni contenute sulla confezione e verificando il grado di pH attraverso la colorazione assunta dalla carta. E’ possibile per avere un risultato più accurato effettuare più prelievi e più misurazioni.

Il Ph è il logaritmo decimale negativo della concentrazione di ioni di idrogeno H+ di una soluzione acquosa: è una scala che ne misura l'acidità o la basicità.

 

Suolo 4.5-5.5

Suolo 5.5-6.5

Suolo 6.5-7.5

Azalea

Carota

Spinacio

Mirtillo

Crisantemo

Cipolla

Camelia

Grano

Lattuga

Finocchio

Cetriolo

Barbabietola

Gardenia

Pisello

Asparago

Patata

Fragola

Cavolo

Rododendro

Pomodoro

Soia

More Zucche Rose
  Peperoncini Aglio

 

Bulbose Ribes

pH 0 acido cloridrico; 1-2 succhi gastrici; 5 caffè; 7 acqua distillata; 8,31 bicarbonato di sodio; 11,5 ammoniaca; 12,5 varechina; 13,5 lisciva; 14 idrossido di sodio

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